----- Original Message -----
From: "Linbo" <aborrone@???>
> PK Io non dico assolutamente che le gabbie debbano restare con le porte
> sprangate ma considero semplicemente che le si debba spalancare sapendo
> ciò che si fa. Se io apro una gabbia lo faccio non perchè mi stanno sul
> culo le gabbie chiuse ma per chi ci è costretto dentro, per (ri)dargli
> la libertà. Penso però che alcune volte questo possa essere anche una
> cosa potenzialmente dannosa se fatta senza considerazione. Ti ripeto che
> pure io vorrei eliminare tutti i reparti psichiatrici (per esempio) ma
> vorrei anche che le persone che ci stanno dentro non pagassero per una
> mia idea. Non è questione di adottare o fare per lui ma dargli la
> possibilità di fare ciò che lui vuole e non trovarsi in un mondo
> sconosciuto, aiutare una persona non vuol dire costringerla a fare ciò
> che io voglio.
>
> Il discorso che fai, dal mio punto di vista, è molto egoista, siccome a
> me va così allora me ne frego di come potranno viversela, sono cazzi
> loro. Mi sembra che sia lo stesso discorso di chi ce li sbatte nelle
> gabbie: siccome a me non va che stiano fuori li sbatto qui dentro e me
> ne frego se potranno fare danni o farsi dei danni.
>
> Non si tratta della porta in se ma delle persone (o degli animali) che
> ci stanno dietro, non cose inanimate.
Allora, la cosa possiamo vedercela sia come metafora, sia come fatto
specifico. Badiamo a non passare troppo da un piano all'altro, però, sennò
si finisce nel casino. Dunque, io non ho mai fatto l'esperienza di aprire
gabbie, o di far scappare gente dal manicomio (Conosco chi l'ha fatto, però,
e so alcuni dei problemi). Sono però evaso dal carcere, con altri, e di
fatto coinvolgendo anche persone che non c'entravano, alcune delle quali non
volevano proprio entrarci. Mi é capitato di organizzare un'evasione di
massa, poi non attuata, in cui avremmo aperto tutte le celle, di chi voleva
e di chi non sapevamo se voleva (per ovvi motivi non potevamo indire un
referendum), e poi ciascuno si arrangiava. Quindi non parlo solo in
astratto, anche se la cosa trascende il caso singolo, e può essere assunto a
criterio generale.
In realtà il nostro contrasto ricade sempre sulla visione generale che io e
te abbiamo della vita, di quella che si fa ora, e di quella che si potrebbe
fare, e si vorrebbe fare. Tu ti poni il problema del bene dell'umanità e a
questo miri, a far sì che tutti stiano meglio, secondo un criterio che
ritieni di avere in forma generale individuato e che identifichi con
l'anarchia. Parli del fatto che le persone dovrebbero cambiare
interiormente, che le cose dovrebbero essere diverse, che é giusto così e
che é sbagliato cosà. Tu ami la libertà perché la reputi la cosa giusta, e
la percepisici insieme a tutta una serie di altre cose. In particolare tieni
molto alla difesa della vita, vedi la questione degli ospedali, etc. La tua
passione é eminentemente umanitaria. per cui credi che sia bene che chi sta
rinchiuso sia libero, purché appunto non finisca sotto a una macchina, o non
si suicidi, o insomma vada a cascare peggio di come sta ora. In certo qual
modo ti poni dal punto di vista di Dio, vorresti il bene di ciascuno, bene
che secondo te corrisponde a criteri obiettivi, meglio vivo che morto,
meglio fuori che dentro, meglio non sfruttato che sfruttato, meglio in
salute che malato, etc.
Il discorso che faccio io percorre un tratto di strada insieme col tuo ma é
diversissimo. Io non pretendo di sapere che cosa sia il bene per gli altri e
dubito che esista un bene oggettivo, cui fare riferimento. Non ho la più
pallida idea se un ricoverato psichiatrico stia meglio dentro o fuori (ne ho
conosciuti degli uni e degli altri, e spesso le stesse persone cambiavano
idea in momenti diversi), e neppure un carcerato o un canarino. Soprattutto,
non mi importa. Io non sono il redentore, non viaggio per il mondo a portare
il bene e la giustizia, ma a correggerlo secondo i miei criteri. Se poi
siano quelli che convengono agli altri, non lo so proprio. Ad alcuni di
certo sì, ad altri probabilmente no.
A me piace la libertà e piacciono le porte aperte. Se uno esce esce, se no
rimane. Alcuni chiuderanno essi stessi la porta (che in carcere é percepito
come la degradazione massima "quello é uno che si chiude il cancello da
solo" indica chi é sbirro di sé stesso, che ha perso dignità e libertà), mi
figuro. Alcuni non si accorgeranno neppure che é aperta. E' la loro vita,
non la mia. Fra le loro libertà esiste quella di non essere liberi. Ma
tutti, che lo vogliano o no, dovranno interrogarsi sulla loro libertà:
questo é quello che, se posso, voglio fare io. Aprire porte, abbattere muri,
gettare ponti, calare funi, alzare scale, scavare gallerie; e lasciarle dopo
che sono passato per chi ne vuole profittare. Come diceva il compagno Caino
"sono forse io il guardiano di mio fratello"? Io no