Re: [Hackmeeting] report assemblea

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Author: pinke
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To: hackmeeting
Subject: Re: [Hackmeeting] report assemblea
saro' lunga. perdonatemi. ma non c'ero all'assemblea a napoli.
e invece ci tenevo molto a dire la mia.

a volte si vede molto bene la pagliuzza del potere esercitato dagli
altri e non ci si accorge della trave di potere che esercitiamo noi
stessi.
mi tocca pure fare citazioni bibliche, pensate come sto messa.

vi racconto un esempio.
qualche anno fa a firenze, all'emerson, abbiamo imbastito una lotta per
ottenere un giardino autogestito nel nostro quartiere. un quartiere
assediato dal cemento e dalla speculazione edilizia, dove mancano spazi
collettivi. un quartiere che peraltro inizialmente aveva risposto con
molto entusiasmo e aveva partecipato alla lotta con noi. piano piano,
per varie ragioni complesse, questa lotta si e' affievolita, e' scemata,
ha perso di importanza. quel giardino non l'abbiamo mai conquistato.
ecco, per me questo e' stato e rimane un nodo in gola, un qualcosa di
irrisolto e frustrante.
ho insistito tanto con la mia assemblea, ho puntato i piedi fin quasi al
limite del forzare. fin quasi. perche' poi fortunatamente mi sono
accorta di cosa stavo facendo: stavo cercando di imporre al resto del
collettivo una mia visione strategica che consideravo necessaria. mi
sono girata e ho visto che dietro non avevo nessuno e allora ho capito
che quel giardino era meno importante del mio collettivo.

ecco. a volte capita. e mi sembra a volte capiti anche qui dentro, ed e'
secondo me una dinamica da analizzare e schivare.

io ho vissuto la questione del "quest'anno ad urupia si / quest'anno ad
urupia no" con disagio. ho sentito piu' volte che si cercava di imporre
un ragionamento teorico senza ascoltare davvero cosa dicevano le persone
con cui si parlava. ho percepito un gran tagliare corto su obiezioni che
io reputavo cruciali e un'insinstenza di cui non capivo l'urgenza. e il
fatto che una cosa risulti urgente per un* e non per l'altr* dovrebbe
far riflettere che forse il discorso non e' condiviso allo stesso modo.
la conseguenza non puo' essere che questa condivisione venga forzata.
mi sono anche stupita del fatto che alcun* consideravano come gia' presa
una decisione sui cui invece erano stati posti molti dubbi che non
avevano trovato risposta nel corso dell'anno.

c'e' un'altra cosa che mi mette molto a disagio, e in cui invece mi sto
imbattendo spesso:
i punti di vista imposti attraverso una didattica verticale.
si considera importante un discorso (di nuovo) e ci si convince che sia
necessario farlo "imparare" anche agli altri e le altre. si usano vari
metodi, i regolamenti burocratici, l'insistenza, la retorica, e la
didattica verticale.

i regolamenti burocratici: se qualcun* ha scritto un decalogo chiaro e
rigido e' evidente che il discorso e' importante e _deve_ trovarci
d'accordo.
l'insistenza: ripetere il mio discorso molte volte insistentemente, e'
come dire che l'altr* non l'ha capito, che non ne ha colto l'importanza.
si mette l'altr* in una posizione di inferiorita', di discente o di
colpevole incomprensione.
la retorica: si usano molte argomentazioni, si inonda di parole l'altr*,
non lo si ascolta mai veramente, perche' il suo ruolo e' ancora una
volta quello passivo di discente.
la didattica verticale: si mette l'altr* nella condizione di sentirsi in
difetto, di dover imparare qualcosa che non sapeva. come se la propria
opinione fosse un "sapere" da impartire e far imparare, e non un
discorso da affrontare e conquistare insieme.

tutto questo genera tensione, mette a disagio, crea frizioni. perche'
anche se e' fatto con le migliori intenzioni del mondo (il discorso che
si considera veramente veramente importante e che tutt* devono capire)
finisce col diventare un esercizio di potere dell'una sull'altra.

ecco, invece secondo me alle cose si dovrebbe arrivare insieme. con i
tempi di tutte e la fatica collettiva che questo comporta. perche'
ognun* di noi ha il suo portato di esperienze, la sua visione del mondo,
le sue sensibilita'.
e quando a quel discorso che si voleva far apprendere didatticamente ci
arriveremo invece insieme sara' in modo bellissimo e duraturo, perche'
lo avremo fatto infilandoci dentro ognun* qualcosa di nostro.

riportando tutto a una dimensione meno astratta:
alla plenaria di genova erano stati esposti molti dubbi sulla proposta
di urupia. che poi erano in parte gli stessi dubbi espressi nell'anno
precedente. in primis si era chiesta una conoscenza reciproca e
reciproca vuol dire reciproca. non vuol dire che c'e' un mediatore o una
mediatrice che vanno in missione esplorativa e lavorano al posto del
resto del collettivo e gli altr* "fanno a fidasse".
questa conoscenza reciproca in quest'anno non c'e' stata, le affinita' e
i legami da stringere tra il mondo dell'autogestione rurale e quello
dell'autogestione acara sono un discorso teorico affascinante, ma
astratto per tutt* quell* che non l'hanno vissuto. proprio perche',
appunto, questa conoscenza reciproca non c'e' stata.
per cui il rischio di sentirsi ed essere percepiti come ospiti a me pare
ancora chiaro e pesante.
e, tanto per essere chiara, lo dico pur conoscendo molto bene mondeggi
(per esempio).

ecco. perche' vorrei che si capisse che la questione importante per me
e' come si fanno le cose e come si cresce insieme, non se fare o meno
l'hackmeeting a urupia (che alla peggio veniva un po' meno bello del
solito e pazienza).

vi abbraccio anch'io
per davvero, perche' ci sono pochi ambiti dove ci si puo' sentire libere
di affrontare insieme le cose con questo livello di complessita'.