Ciao,
Il 24/02/24 20:39, Giacomo Tesio ha scritto:
> Ciao Agnese,
>
> Il 24 Febbraio 2024 10:44:52 CET, Agnese <agnese@???> ha scritto:
>>
>> Anche a me questo parallelo con le sostanze che danno dipendenza disturba perché
>> non credo che stiamo parlando proprio della stessa cosa
>
> potresti condividere le differenze che hai osservato finora?
>
> Io finora ho notato queste differenze
> - le dipendenze "digitali" non producono (ancora?) lo stigma sociale delle tossicodipendenze
> - quando i danni individuali diventano visibili vengono spesso ricondotti ad altre cause
> - i danni collettivi sono tabù
> - il numero di spacciatori è nettamente inferiore e non si nascondono
> - la catena di distribuzione è cortissima: dal produttore al consumatore in un click (km0)
Molto interessanti queste differenze che hai osservato, io non ci avevo
ragionato molto e comunque solo in termini di effetti psicofisici e non
in termini di contesto e filiera.
Come la metti tu ricorda un po' la questione del tabacco se pensi
all'evoluzione delle sigarette sul mercato (spacciatori di numero
inferiore e che non si nascondono, assenza dello stigma sociale, danno
collettivo come tabù).
Questo mi fa pensare che il problema non sia legato al tipo di
dipendenza o alla sostanza spacciata quanto alle questioni di potere ed
egemonia che stanno sotto alla sua produzione/circolazione/assunzione.
Per tornare al tabacco, era pianta nota, fumata e sacra ben prima che
diventasse business. E visto che era utilizzata in modo circoscritto e
rituale non costituiva un problema e non per una questione di scala ma
proprio per un differente approccio, rituale piuttosto che di consumo.
Son cose che penso adesso così mentre scrivo eh, quindi potrei anche
dire baggianate non essendo esperta di storia del tabacco però mi pare
che ci sia qualcosa su cui riflettere.
Quello che avevo in mente quando dicevo che il parallelo tra social
media e sostanze che danno dipendenza un po' mi disturba è che non è che
siamo tutti ludopatici.
Avere la scimmia compulsiva che ci fa controllare il social media
preferito in modo continuo non è esattamente come essere una persona
ludopatica che si trova con la vita distrutta (soldi, affetti) ciò non
toglie che le cose sembrano andare sempre peggio.
>
> Tutto questo rende queste dipendenze difficili da dibattere pubblicamente e da affrontare
> individualmente.
Sì vero, interessante.
>
> Se la distribuzione dei danni è diversa, l'entità complessiva di questi danni è paragonabile.
>
>
>> Sono d'accordo a ragionare di tecnologie appropriate, secondo me quello di cui parli
>> tu sono i social network, che prima che digitali sono relazionali e fisici, e dove la tecnologia
>> si intereseca per mantenerli vivi e magari farli crescere.
>
> Questa promessa è però anche il cavallo di Troia con cui i sistemi più tossici (facebook,
> whatsapp, tiktok etc...) si diffondono.
sìsì vero, il claim di Facebook è quello di "aiutarti a rimanere in
contatto con le persone della tua vita" però già quello di TikTok è
"Scopri e guarda milioni di video brevi personalizzati." Secondo me
questo solco tra social network e social media diventerà sempre più
visibile.
>
> Dunque non possiamo usarla come discriminante analitico o anche solo narrativo.
>
>> Sono d'accordissimo con te che bisogna partire dalle persone e dalle loro relazioni
>> e costruire social network appropriati :D Per fortuna ci sono tante cose che vanno
>> in questa direzione: il fediverso per dirne una.
>
> Un'idea interessante cui sono stato recentemente esposto è quella del permacomputing
> https://permacomputing.net/Principles/
Interessante, mi pare che molti principi siano già pratica comune di
tante di noi qui.
>
> Manca (forse) di una attitudine a "combattere"/"reagire" che temo essere
> necessaria in questa epoca: non basta creare alternative, bisogna anche trovare modi
> di contrastare gli agenti cibernetici più pericolosi e potenti della storia umana.
>
> Ai principi del permacomputing si ispira ad esempio l'autore di Seppo
> https://seppo.social/en/about/
Dovrei provarlo perché non ho capito bene: tramite una rete di server
che mettono spazi web a disposizione puoi pubblicare dei testi che poi
entrano a far parte di una specie di webring ma basato su activity pub?
A me invece ha divertito molto
https://minus.social di Ben Grosser che
magari è più una provocazione artistica però è interessante,
praticamente è un social network digitale dove puoi fare solo 100 post e
quando li consumi tutti muori :D
è interessante perché ti da un senso di finitezza e visto che ne hai
solo 100 ci pensi bene prima di postare. Oppure sei un nichilista e te
li spari tutti prestissimo! Insomma è aderente alla condizione
esistenziale umana.
Poi c'è anche qualcuno qui che ha pensato di riprendere in mano una
tecnologia abbandonata dopo l'avvento di activity pub e fare un po' di
retrofuturismo mettendo insieme l'idea di televisione dove tutti si
condivideva un'esperienza nello stesso momento con i feed aggregator e
nasce il progetto
https://blob.news/.
>
>
>> Abbiamo così tante possibilità che il limite è la nostra stessa immaginazione, quindi
>> perché schiacciarla sul modello dei social media commerciali?
>
> Beh, ci si concentra sui social media commerciali perché sono progettati per
> causare dipendenza, manipolare opinioni e comportamenti etc...
secondo me anche perché l'ingombrante presenza di un certo modello di
presunta comunicazione ci fa un po' perdere la capacità di immaginare a
partire dalle cose che ci piace fare nelle nostre reti sociali.
>
> E i sistemi che potremmo realizzare noi, difficilmente diventeranno mai tanto problematici.
siamo già abbastanza problematici noi :D
>
>
> Giacomo
Ciao!
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