Cari soci
eccovi il contributo alla nostra discussione inviato da Riccardo Brunini,
già Presidente della CdP.
Ivan Gottlieb
In ritardo e me ne scuso, accolgo l’invito a partecipare alla discussione
avviata da Ivan e che ha già visto gli importanti e appassionati contributi
di Doretta e Elena. I due interventi sono molto stimolanti e ci invitano a
una riflessione su temi ardui che impegnano da molto tempo la sinistra, sia
sul piano teorico, che nel privato dove ancora batte un cuore libertario e
di sinistra. Certo e per fortuna non sempre le tesi coincidono, ma spesso
individuano la causa principale di questo forte disagio nel mancato sbocco
politico del movimento di lotte che, negli anni ’60 e ’70, ha visto
protagoniste grandi masse che chiedevano un’uscita a sinistra dalla crisi
economica, sociale e culturale del modello di produzione capitalistico.
Al tempo, l’elaborazione teorica era orientata verso pratiche compatibili
con un comunismo alternativo al cosiddetto socialismo reale sovietico e
cinese. Ma con la caduta del muro di Berlino prima e la globalizzazione
poi, si impose il liberismo. Smantellò l’organizzazione del lavoro in
fabbrica, abbatté il potere operaio, aumentò gli spazi dello sfruttamento e
delle disuguaglianze, aziendalizzò i servizi dello stato come la sanità, la
scuola, l’università, smantellò lo stato sociale. La società vissuta come
una grande azienda la cui filosofia pratica è la competizione e
l’individualismo. La cooperazione e la solidarietà confinate nel mondo del
volontariato, la libertà e l’uguaglianza come diritti declassati a opzioni.
Ecco che allora “la banalità del male” di arendtiana memoria, che Doretta
richiama, ci ha pervaso: la ragione è sopraffatta dall’emotività, dalla
società dei diritti si passa a quella delle opportunità, la semplificazione
che offusca la complessità dell’esistente. Il primato della politica viene
messo in discussione, il conflitto si riduce all’autodifesa, l’antipolitica
domina.
Elena ha ragione, ci invita a riservare particolare attenzione ai giovani.
Potrei sbagliarmi, ma non ricordo un periodo storico così proteso e
interessato all’inclusione delle nuove generazioni. Sarà perché ormai sono
una preziosa minoranza da tutelare, o forse perché come scrive ancora
Elena, “sono le vittime inconsapevoli del naufragio di questa fase
post-ideologica”, ma una cosa è certa, senza di loro non si va da nessuna
parte.
Le vie fin qui indicate sono tutte possibili e lungimiranti, ma per avviare
“pratiche che prefigurino un diverso modo di stare insieme”, per dirla come
Ivan, è necessario dotarci di una cornice identitaria più marcata, ma non
ideologica, che richiami i valori della pace, dell’uguaglianza, di
giustizia sociale, della Costituzione antifascista nata dalla Resistenza.
Quello dell’identità è un problema che ci affligge fin dal 1989 quando la
parola comunista non andò più bene, allora divenne partito democratico di
sinistra, ma “partito” era ancora troppo ideologico e allora si optò perché
fosse solo un movimento e fu tolta la parola partito, ma non andava ancora
bene perché sinistra era troppo caratterizzante e fu quindi solo partito
democratico. Finalmente, recise le radici e, privato di ogni connotato,
giunge fino a oggi avendo perso per strada il 20% della sua forza
elettorale e con un processo in atto di trasformazione sociale e culturale
in senso privatistico, con preoccupanti rigurgiti fascisti. Una strisciante
controcultura di destra che, col tempo, ha fatto breccia nell’immaginario
collettivo egemonizzandolo, mettendo in discussione i valori della nostra
identità sostituendoli con vecchi e nuovi feticci.
La CdP non è né può essere confusa con un’associazione dopolavorista, né
per un’agenzia che gestisce degli spazi per il tempo libero. Non vorrei
essere frainteso, la nostra CdP *produce* cultura, aggregazione e
intrattenimento mai fine a sé stesso. E’ per rafforzare quella vocazione che
suggerirei come anche il più sprovveduto e occasionale dei frequentatori
possa subito percepire dove si trova, magari perché accolto da uno
striscione, che campeggiando nell’ingresso della Casa de Popolo, reciti *PRIMA
LE PERSONE.*
Riccardo Brunini
N.B. Dimenticavo di raccomandare qualche assemblea in più per approfondire
i temi emersi e per rinsaldare il rapporto tra i soci e il Consiglio.
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