On 22/10/2019 08:01, void wrote:
> facebook      -> diaspora
> twitter       -> mastodon
> instagram     -> pixelfed
> youtube          -> peertube
> another_thing -> another_copy
> 
> avete individuato il pattern?
> esistono dei servizi che non piacciono, il meglio che si riesce a fare e'
> crearne delle copie (si con software libero, protocolli aperti, federazione,
> etc), ma che replicano in (quasi) tutto il comportamento, le interfacce UI,
> gli algoritmi (opachi), il linguaggio (memetica/sarcasmo/bullismo) che l'utente e'
> obbligato ad usare per partecipare.
> 
> quello a cui dovremmo tendere non e' creare delle ALTERNATIVE, ma creare delle
> cose NUOVE. per me il problema piu' che lo strumento/piattaforma sono quei
> codici di comunicazione che qualcun altro ha pensato per noi.
> 
> 
Ci ho dovuto pensare un po'. Uno dei fattori che mi sembra sottilmente 
rilevante in tutta questa storia, e che viene spesso perso di vista, è 
l'idea che sia inevitabile utilizzare questi strumenti. Non perché sono 
tutti lì e allora ci devi essere anche te (FOMO), ma proprio perché lo 
strumento è diventato de facto uno standard. Che poi è il motivo per cui 
il pattern di interazione si ripete pressoché uguale tra piattaforma e 
piattaforma, che sia un walled garden privato o una istanza federata in 
qualche universo parallelo del social aperto. Era piuttosto chiaro che 
sarebbe finita in questo modo, considerato ad esempio che il mondo del 
freesoftware è costellato di progetti partiti per circonvenire, emulare, 
bypassare, superare dei software chiusi nati da ditte o gruppi con una 
leadership autoritaria. Il pattern di interazione diventa d'uso comune e 
gli utenti si aspettano che ogni strumento funzioni pressappoco nello 
stesso modo: un po' come cambiare registratore ma sapere che si hanno 
sempre i tasti play/rec e avanti e indietro veloce (i prosumer che sanno 
programmare lo showtime sono una nicchia di mercato).
L'aspetto conseguente della normalizzazione, su un diverso piano, è il 
"disvelamento" del ruolo del social network nella nostra società ormai 
pienamente abituata alla sua esistenza. Persa la patina di credibilità 
come strumento di informazione, sia come mezzo di aggregazione sociale, 
si riscopre per l'ennesima volta che il social è andato a riempire gli 
spazi che i mezzi di comunicazione di massa vanno, lentamente, 
svuotando. Il tipico utilizzo della piattaforma sociale è puramente di 
intrattenimento[*], più o meno interattivo; e io direi finalmente che è 
pure un uso più onesto, quasi consapevole, dello strumento. Il concetto 
di social network è, oggigiorno, pienamente rispondente alla logica 
consumistica; è replicabile, attraente, deresponsabilizzato, usa e getta.
Il discorso su strumenti alternativi o strumenti nuovi mi lascia 
dubbioso. Magari non ne abbiamo bisogno, magari sì. A mio parere quel 
che serve sono strumenti che rispondano a un set di caratteristiche 
molto breve:
* che siano onesti sulla questione dei costi ("è tutto gratis" non 
esiste, che si parli di infrastruttura, di lavoro/uomo, di impatto 
ambientale ecc.)
* che siano facilmente adottabili dagli utenti ma non forzino una 
relazione di dipendenza (ad es. la gamificazione dello strumento)
* di conseguenza, che evitino la deresponsabilizzazione dell'utente 
verso il software, o meglio, che sia chiaro che l'uso comporta si 
trascina una serie di motivazioni e comporta effetti desiderati e non.
Ma prima di pensare a strumenti nuovi, io sarei per ricominciare a 
parlare di standard e protocolli di comunicazione aperti/pubblici. in 
questo senso, se dovessi salvare una sola cosa di mastodon e del 
fediverso sarebbe l'idea di ActivityPub: sicuramente non è un sistema 
perfetto, ma così come è concepito è a tutti gli effetti il pezzo base 
su cui sono state costruite tutte le varie piattaforme alternative che 
spopolano in questo momento storico. ActivityPub nel contesto dei social 
network federati ha assunto il ruolo che avrebbe potuto essere di XMPP 
per quanto riguarda la messaggistica (mi sia concesso il paragone un po' 
forzato) se e solo se le tempistiche fossero state diverse, fosse stato 
adottato come standard di comunicazione per gli smartphone e ci fosse 
stata una rete affidabile di comunicazione.
Dopotutto la rete internet è ancora in piedi grazie a una manciata di 
protocolli pubblici accatastati non meno di 40 anni fa e che ancora 
reggono tutta l'infrastruttura, seppur con delle lievi modifiche il 
sistema è ancora quello. Cercare di costruire un nuovo paradigma di 
comunicazione senza affrontare il problema del protocollo di 
comunicazione è un po' cercare di risolvere un problema senza mettersi 
d'accordo su come farlo. Modellare un protocollo di comunicazione sulla 
base di un bisogno effettivo potrebbe essere un modo per avere a 
disposizione quel mattone di base da cui partire. Se poi si scopre che 
non ve n'è bisogno teniamoci le mail e le mailing list, che sarà pure 
roba da vecchi ma almeno assolvono ancora bene al loro compito.
[*] assumo "intrattenimento" come un concetto molto ampio di perdita di 
tempo fine a sé stessa. Faccio ricadere in questa definizione ad esempio 
il passare le ore a guardare i food blogger su instagram, sputare veleno 
sessista sulle pagine più o meno ufficiali di sessodroga&pastorizia, 
leggere e commentare più o meno con cognizione di causa gli status 
twitter del politico di turno a destra o a sinistra. Ogni minuto passato 
a consumare o produrre contenuto su queste piattaforme spesso e 
volentieri converge infine alla vacuità, pressappoco come guardare 
vecchie puntate del Tenente Colombo su rete4 sul divano di casa.
--Leo