[Hackmeeting] Resistenza alle piattaforme

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Author: CyberAntifa
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To: hackmeeting
Subject: [Hackmeeting] Resistenza alle piattaforme
Con questa mail voglio lanciare una proposta di sviluppo di network
alternativi di "resistenza" alle piattaforme che ci opprimono.

Comincio con una serie di considerazioni che sono un po prolisse e forse
un po noiose ma credo siano necessarie per capire bene le ragioni che
rendono necessari tali sviluppi, se si vuole conservare un po di libertà
in rete.

Il social network è diventato la prigione dell'umanità.
E' uno strumento di controllo globale sempre più pervasivo e intrusivo
della nostra vita e nello stesso tempo è sempre più difficile
rinunciarvi.
Esso è uno strumento molto sofisticato che viene propinato gratis come
una mega-utility gratuita ma le cui dinamiche portano a un verio e
proprio processo di "accumulazione originaria", nel vero senso marxiano
del termine, delle relazioni sociali tra tutti noi.
Il social ha una molteplicità di funzioni tutte tendenzialmete negative
e contro i nostri interessi tra le quali le seguenti:
-impossessamento dei nostri contenuti (foto, filamati, testi, post,
chat...) che al di la dell'utilità immediata di averli sempre a portata
di mano tramite le app sullo smartphone diventa di fatto una attività
estrattiva delle nostre informazioni e dati;
-profilazione avanzatissima e super-selettiva, compiuta grazie a tale
mole di dati immessa spontaneamente da tutti gli utenti, attraverso la
quale i sistemi che governano i social rilevano i nostri gusti sia a
fini di marketing, sia a fini di propaganda;
-controllo completo di tutto ciò che facciamo e persino dei nostri
pensieri e opinioni; questa funzione ha un aspetto preoccupante anche
sotto il profilo direttamente repressivo: infatti una opinione espressa
sul social, che se fosse detta tra un gruppo di amici in un bar sarebbe
considerata una legittima libertà di espressione;
un caso molto emblematico è stata la recente condanna di una compagna
per la sua opinione espressa sul suo diario su FB sul sindaco di
Ventimiglia in merito alla questione dei migranti.

Tutto ciò dimostra che il social che tanto "magnanimamente" ci regalano
in realtà sono una mostruosa piovra che risucchia le nostre vite e ci
penetra sempre di più.
Infatti fino a non molti anni fa (meno di 10) quando gli smartphone
abbastanza potenti con banda larga mobile non erano nelle mani di tutti,
ci collegavamo al social network via web dal pc fisso di casa e il
social non ci stava addosso tutto il giorno.

Adesso, almeno per la maggior parte degli utenti di internet, si
comunica molto più via social che per contatto umano tra persone, qusto
grazie alla tecnologia che ha messo nelle mani di tutti gli smartphone
multimediali sempre online.
Sono evidenti alcuni effetti di come il social influenza e domina il
modo stesso di essere delle persone:
-la creatività è a zero perchè il social decide le modalità di
esprimersi (testi senza poter mettere la maggior parte delle
caratteristiche dell'html, scritte formattate secondo uno schema rigido,
un interfaccia che invita esplicitamente a modi di esprimersi con i
selfies che siano il più sensazionalista o narcisistico possibile, per
attirare l'attenzione);
-lo spessore dei modi di esprimersi nei post e nei commenti si è
livellato verso il più basso possibile anche per motivi pratici: di
fronte a una valanga di commenti qualunquisti, razzisti, aggressivi e
"di stomaco", ha molto più buon gioco la massa che si adegua all'andazzo
generale sparando battute e insulti che via smartphone sono molto più
agevoli rispetto a una riflessione seria per confutare tutto questo
assordante rumore di fondo, fatto di belati e latrati generalizzati
(ammesso e non concesso che ne valga la pena di discutere con un intero
gregge globalizzato di capre qualunquite): sparare battutacce e insulti
via smartphone richede 10 secondi, tempo che chiunque può avere in
qualsiasi momento della giornata, mentre per fare un commento articolato
bisogna possibilmente avere del tempo da dedicare e raggiungere un pc
per non impazzire per ore a scrivere sul touch screen.

I tag, le emoticons, gli "adesivi", le interfacce per postare foto e
"selfies", le formattazioni ammesse del testo inserito (si può usare
solo il carattere di FB su FB, di quella dimensione, di stile neutro,
solo di colore nero, senza quindi poter usare tutto quello che ci offre
l'HTML da 20 anni e passa) sono la vera e propria neolingua orwelliana
digitale con cui si esprimono i millenials sempre con lo smartphone in
mano.
Proprio come nel romanzo 1984 di Orwell tale neolingua è strutturata per
impedire la stessa formulazione di contenuti che esulano dal modo con
cui il social vuole forzarci a esprimerci e comunicare.
A rendere la cosa ancora più beffarda è il fatto che, mentre in 1984 si
descriveva un mondo brutto, tetro ed angosciante che vedeva nel brutto
televisore presente un po ouvunque lo strumento di controllo di massa,
nel mondo attuale dove domina lo smartphone (e da qui a pochi anni
domineranno dispositivi direttamente impiantati nel nostro organismo in
grado di controllare anche biologicamente la nostra esistenza) tali
strumenti, appunto gli smartphone hanno una capacità di controllo molto
più spinta e sofisticata e soprattutto non sono i brutti televisori che
si subiscono volenti o nolenti: basti pensare solo alle code che si
formano per accaparrarsi l'ultimo modello di I-Phone a 800 euro o giù di
lì!
Hanno preso gli stumenti oppressivi e angoscianti dello scenario
orwelliano e che apparivano come tali, li hanno di molto potenziati e li
hanno resi attraenti, cool, troppo fighi, tanto che tutti corrono a
comprarseli.

C'è qualche possibilità di sottrarsi almeno in parte a tutto questo.
Rinchiudersi come degli eremiti fuori dalla rete è del tutto inefficace
per cambiare lo status quo.
Se da un lato non c'è possibilità di vincere contro i padroni del mondo
digitale sempre più reale mettendosi sullo stesso piano allo stesso modo
non batteremo mai l' "industria 4.0", il "capitalismo 4.0" e il "potere
4.0" mai con una sorta di "luddismo 4.0".

La nostra possibilità sta piuttosto nelllo sviluppo di pratiche e di
strumenti per usare la rete secondo i nostri desideri e le nostre
utilità.

Ci sono tuttora vari progetti in piedi di social alternativi, come per
esempio Diaspora* che introduce una novità interessante che è quella di
poter creare dei nodi (pod) autogestiti e permette anche di hostarli
sulla darknet (ce ne sono vari).
Questo progetto si distingue anche per il fatto di offrire anche una app
per Android, cosa che la maggior parte degli sviluppi alternativi non
offre.
Non ha avuto grande seguito, nonostante sia stato lanciato da 6 o 7 anni
probabilmente per un difetto di impostazione di fondo: esso si ripropone
come una alternativa a FB e ne riproduce alcuni dei suoi difetti
maggiori, a partire dal fatto che anche esso gestisce in maniera
centralizzata i profili utente.
E' vero che esso non è un "moloch" che risucchia tutto in un unica
entità sopra di noi come fa FB e gli altri social ed è altresì vero che
si tratta più che di un network di un arcipelago di nodi ogniuno dei
quali sceglie o meno con chi federarsi, ma il concetto è sempre lo
stesso: uno si registra e consegna in qualche modo il proprio essere
digitale ai gestore del nodo scelto.
E' una sorta di arcipelago digitale che concorre contro il pianeta
Facebook con mezzi, contenuti e funzionalità incommensurabilmente più
ridotte.
Diaspora* ha una cosa interessante che FB non ha vale a dire il fatto di
avere un impostazione federale e ha un miliardo di cose in meno che FB
ha: è semplicemente utopistico pensare di vincere la lotta o anche solo
conquistarsi una nicchia significativa agendo sullo stesso piano.

Il nocciolo della questione, se vogliamo pensare a un network
alternativo e concettualmente diverso dai social mainstream totalitari
non sta tanto nel contrapporre un arcipelago di nodi autonomi o
federati, più o meno democratici, da contrapporre al centralismo
totalitario globale dei social, ma piuttosto nel creare un sistema di
intercomunicazione (meglio se distribuito e ancora meglio con i nodi in
darknet) dove le identità degli utenti sono in mano agli utenti stessi.

Nel network che immagino io non ci si registra creando così un identità
che resta in pasto al network, ma l'identità viene creata da noi stessi,
resta in mani nostre, memorizzata nel nostro pc, nel nostro smartphone
(anche se è poco consigliabile) o in un cloud, meglio se in forma
cifrata e possibilmente evitando i servizi mainstream (Google, Microsoft
& Co.).
In questo modo è possibile creare una molteplicità di identità (avatar)
con cui affaciarci in rete.

La prima e la più semplice implementazione di un network con tali
caratteristiche è un sistema di chat dove non si fa login, ma ogniuno
chatta lasciando il messaggio anonimo oppure legando il messaggio alla
propria identità tramite un sistema di firma (cifratura dell'hash del
messaggio con una chiave privata in possesso di chi scrive).
A questo punto chi scrive ha in mano queste opzioni:
-lascia anonimo il messaggio;
-lega il messaggio alla una delle proprie identità tramite un sistema di
firma (cifratura dell'hash del messaggio con una chiave privata in
possesso di chi scrive);
-se vuole cancella il messaggio dalla chat e se vuole lo lascia
memorizzato solo nel proprio dispositivo locale o vice-versa;
-se vuole non lo cancella ma lo slega dalla propria identità rimuovendo
la firma.

Questo è solo una delle applicazioni che possono essere create in questo
modo, possono essere benissimo sviluppati blog o addirittura social veri
e propri (più complicato per le tante funzionalità da implementare):
nulla di innovativo ma con la differenza fondamentale che l'utente tiene
la propria identità, non chi gestisce i servizi.

Un impiego secondo me molto figo di un sistema come questo può essere
quello creare un gruppo il cui tema è quello di informare chi è
collegato sulla presenza di eventi "alternativi", tipo feste spontanee e
autogestite per la città (a volte capitano dove c'è gente militante e
che non è schiava dei locali e della movida commerciali) oppure sulla
presenza di guardie, pattuglie, controllori sui mezzi pubblici, ecc.

Viene naturale controbattere che le chat anche sul telefonino esistono
da anni, ma come già detto sono piattaforme fuori dal nostro controllo
gestite da entità tendenzialmente ostili alle nostre libertà.
Anche Telegram, una piattaforma ritenuta erroneamente più "libera" delle
altre dal momento che anche essa necessita della creazione di un account
personale per chattare e lega tale account al proprio numero di
cellulare, a questo fine non è particolarmente indicata.
L'unica cosa in più che offre in termini di privacy è quella di usare la
cifratura end-to-end, ma non esiste alcuna garanzia che essa non usi
backdoors con cui spiarci.
E' molto più probabile il contrario, come in tutte le cose fatte di
altri che non fanno parte di un qualcosa di condiviso.

Spero di aver messo sul tavolo abbastanza idee per discutere e magari
sviluppare.