La verità nello stagno
Non si è ancora del tutto spenta l'eco mediatica suscitata dalla deposizione del dott. Fournier, dirigente di polizia imputato per il massacro della scuola Diaz. Non si è ancora spento, ma appunto, trattandosi di eco mediatica, subito altri rumori sono lanciati per evitare che si propaghi troppo. E' come se parlassimo, quando osserviamo questo fenomeno delle verità scomode sui media, di un sasso lanciato in uno stagno piatto: l'acqua si muove, i cerchi concentrici si allargano e, prima che l'epicentro rimanga uno solo, subito altri sassi affondano, altri cerchi corrono verso gli argini. L'acqua si muove ormai ovunque, ma non si sa più qual è il sasso che ha provocato i cerchi. O se è stato un sasso, oppure il vento, o altro. Fornier ha detto, dopo sei anni, ciò che tutti sappiamo, e abbiamo sempre saputo. Altri diranno, gettando sassi a più non posso, che lo dice per coprire qualcuno. Su tutta la vicenda della Diaz, comunque, aleggia la prescrizione, cosi che nessun poliziotto macellaio, men che meno i capi, verrà mai condannato. Ora, io mi chiedo, che cosa dovremo fare noi, che sappiamo già come è andata a Genova? Stare a questo gioco dei cerchi concentrici che si allargano, che increspano l'acqua per poi depositarsi immobili sul fondo, oppure altro? A Genova c'è un processo che non andrà invece in prescrizione. Hanno studiato le accuse contro 25 manifestanti di modo che le pene siano così pesanti e i reati così gravi, da togliere subito di mezzo questa eventualità. Se uno in divisa tortura un prigioniero a Bolzaneto, è colpevole di "lesioni". Se uno in divisa massacra gente inerme alla Diaz anche. Ma se qualcuno ha tirato un sasso in Via Tolemaide, nel tentativo di resistere agli attacchi dei picchiatori in divisa, allora è colpevole di "devastazione e saccheggio", otto anni pena minima. Ma se fornier ha detto solo un millesimo di ciò che tutti sanno, cioè che in quei giorni a Genova le "regole democratiche", quelle sulla cui supposta base ci processano, sono state sospese, cancellate, annullate, perché i manifestanti, i capri espiatori, devono subire condanne? E qui torniamo al gioco dei sassi e dell'acqua. Lo Stato, attraverso i suoi tribunali, a meno che non si crei qualche cosa che non abbiamo mai visto fin'ora, non accetterà mai di ammetterlo. Per ogni poliziotto sotto processo, dieci manifestanti condannati, come minimo. I cerchi proverranno da tutte le parti. E quindi si dirà che a Genova c'erano poliziotti buoni e cattivi, manifestanti buoni e cattivi. I poliziotti cattivi non saranno condannati. Anzi, più si salirà di grado e più fioccheranno le promozioni "risarcitorie". Il buon nome della polizia sarà intoccabile. I manifestanti cattivi invece saranno condannati, eccome. E se parliamo di Commissione d'inchiesta la musica è la stessa. Sarebbe giusto farla non "sui fatti di Genova", mettendo tutto sullo stesso piano in un macabro gioco di misura delle colpe in cui sappiamo già chi avrà la peggio, ma invece "sul comportamento della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia penitenziaria, dei servizi segreti". Dei corpi dello stato, in una parola. Credete che questo parlamento, questo governo, accetterebbero mai una cosa del genere? Credete che ci sia anche un solo deputato di quelli che era a Genova in grado di battersi per questo? Io no. Per questo non ho firmato l'appello. Perché credo che dobbiamo sottrarci al gioco dei sassi e dei cerchi. E dobbiamo cominciare a lottare per la libertà di quei compagni, anche attraverso un'amnistia se è necessario. La verità, come i sassi, sta sul fondo.
Luca Casarini
Imputato a Genova e Cosenza per i fatti del G8