[Cerchio] Sudan: ancora petrolio, ancora guerra umanitaria

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Author: leonid ilijc brezhnev
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Subject: [Cerchio] Sudan: ancora petrolio, ancora guerra umanitaria
Sudan: ancora petrolio, ancora guerra umanitaria            
di  mazzetta
03 Aug 2004    
Esattamente un anno fa, fonti missionarie dal Sudan riportavano l'inizio 
dell'offensiva governativa in Darfur.L'esercito circondava i villaggi, li 
bombardava con l'aviazione, e compiva una vera e propria pulizia etnica. 
Gli abitanti del Darfur erano puniti per l'appoggio allo SLA-M, L'esercito 
di liberazione della regione. Da allora non ci sono state tregue, ma solo 
notizie sempre peggiori. Il Sudan è il paese più vasto dell'Africa, ma 
frequenta pochissimo le colonne dei nostri giornali, non è facile avere un 
quadro d'insieme.


Il governo sudanese, presieduto da una specie di dittatore talebano che si
chiama al-Bashir, è da anni al centro dell'attenzione delle cancellerie
mondiali, ma è poco interessante per i media. Dopo il bombardamento di una
fabbrica ai tempi di Clinton, e la seguente cacciata di Osama Bin Laden dal
paese, il Sudan è scomparso dai media. Riappare ora, e pochi, nemmeno
giornali informati come il Guardian, paiono possedere le informazioni
minime necessarie.

Il governo sudanese ha pessimi rapporti con le diverse etnie e confessioni
nel paese, lo stile è quello mistico-pauperistico talebano, all'insegna di
un Islam troglodita che ricorda fanatismi comuni anche ad altre religioni:
peggiora le cose la tendenza ad imporre questi stili di vita alle altre
etnie, tendenza che ne ha provocato la ribellione. L'esclusiva alle scuole
craniche non è piaciuta

Il paese è impossibile da controllare militarmente, è grande più di sette
volte la Germania riunificata, con solo trentotto milioni di abitanti Fino
all'anno scorso il maggiore problema del governo sudanese era lo SPLA,
l'esercito dei cristiani del Sud. Per oltre venti anni tra Sud e Nord c'è
stata una guerra che ha provocato milioni di morti, ma quando il Sudan
entrò nel cono d'attenzione americano le sorti della guerra cambiarono. I
sudanesi dovettero rinunciare ad usare l'aviazione, i cristiani si
ritrovarono armati meglio e la situazione si fece presto di stallo. La
strategia euramericana è sicuramente di lungo respiro, l'obiettivo
petrolifero in questo caso è accuratamente dissimulato, sotto una doppia
coltre, ma appare chiaro che la diplomazia internazionale agisce per
mandato della lobby petrolifera.

Decisioni sponsorizzate dalle compagnie e dai loro interessi, sono
direttamente responsabili di un genocidio. Il Darfur non è assurto agli
onori della cronaca perché occorreva discrezione, occorreva nascondere
l'ennesimo comportamento discutibile, l'ennesimo omaggio di vite umane alla
teoria del controllo delle risorse. La politica occidentale in Sudan ha
provocato nell'ultimo anno vittime dieci volte più numerose che in Iraq, e
milioni di profughi. L'Occidente ha sponsorizzato un accordo di pace tra
nord islamico e sud cristiano, dimenticando completamente la sorte delle
altre etnie, semplicemente perché sui loro territori non c'è petrolio.
L'evidenza supera l'omertà del sistema informativo: a gennaio, a Naivasha,
in Kenia, Nord e Sud siglano una pace che precede la spartizione
fifty-fifty dei proventi del petrolio sudanese, giacimenti ed oleodotti
corrono esattamente sul confine ideale tra le due parti.

A patrocinare i colloqui di pace un inedito "quartetto": Usa, Gran
Bretagna, Italia e Norvegia a rappresentare l'industria estrattiva dei
rispettivi paesi. Controllare chi abbia parlato di questo prestigioso
successo della diplomazia italiana è facile, qualche avventuroso notista in
centesima pagina. Il fatto che il Sudan, noto stato-canaglia, fosse
diventato degno di fede non incuriosì nessuno. Il risultato ovvio è stato
che il governo sudanese, di nuovo nel business petrolifero, non più
impegnato dai cristiani, si arma e schiaccia le altre etnie, ora
l'attenzione è sul Darfur, ma il governo colpisce con la stessa durezza
anche i monti Nuba, la regione del Nilo Azzurro e i sudanesi di origine
eritrea. Concluso il business, il Darfur viene all'attenzione e la Gran
Bretagna si dice pronta ad inviare truppe, gli Stati Uniti pure, la Francia
sigilla le frontiere del Chad e tutti parlano dell'ennesimo intervento
umanitario a mano armata.

Un protettorato che lede ancora una volta i confini di uno stato sovrano,
il Sudan è rimasto sovrano neanche cinquant'anni, a mitigare le conseguenze
della guerra per le risorse. Le compagnie guadagnano, i locali muoiono e
gli stati occidentali non sono "costretti" ad intervenire per garantire gli
investimenti, ma lo fanno per i poveri sudanesi. Ancora una volta i
cittadini occidentali pagheranno un esercito per salvare le vittime
provocate da una politica decisa di nascosto dalle opinioni pubbliche,
lontano da valutazioni che non fossero quelle del profitto e del dominio
geopolitico, obbligando, de facto, tutti gli occidentali, anche chi avrebbe
dissentito ferocemente, a confrontarsi con l'ennesima tragedia incombente,
tragedia di sangue, oltre centomila cadaveri costellano gia il deserto.

Immediatamente dopo la sigla della pace, il Sudan è stato segnalato come
paese soggetto a "pericolo di genocidio" da un sito americano che
custodisce la memoria dell'Olocausto. Tra l'inizio della repressione e
l'allarme internazionale passano quattro mesi, da allora altri sette mesi
di massacri, nel mezzo di questi sette mesi arrivano i primi aiuti
internazionali: teli di plastica e basta, i profughi diventano tessere
azzurre sull'assolato deserto sudanese, un anno di silenzio quasi
impenetrabile, inspiegabile in un sistema con milioni di addetti
all'informazione e tecnologie iperboliche.

Nel mezzo centinaia di migliaia di morti, milioni di sfollati in campi
profughi che sono tavole di polvere nel nulla, l'ipocrisia dell'Onu e
dell'informazione internazionale che fingono di credere alla storia dei
terribili predoni, i teorici della "guerre giuste" in fibrillazione che
scaldano i motori, i politici che arruffano posizioni senza senso. La Libia
ha aperto un corridoio umanitario, tremila comodi chilometri di pista
desertica, molto umanitario. Missionari ed Ong avranno un'altra dura prova,
scaldano motori anche i bianchi gipponi. L'Onu ha dato un ultimatum di
trenta giorni per arrestare le violenze, il governo lo rifiuta, ma accetta
di attaccare i terroristi ugandesi, i terribili Olum di Joseph Koni che
dalle basi sudanesi razziano il confine ugandese e promette di sottomettere
i predoni, mentre l'Onu stessa deve intervenire per vietare l'invasione
prima della scadenza del termine dato al regime sudanese.

Solo ora parte il circo: palla la centro.

Regge ancora il secondo livello di copertura, a chi solleva la questione
del petrolio, i guardiani della verità oppongono il fatto che i giacimenti
siano sotto contratto con i cinesi, il che dovrebbe sollevare ogni sospetto
di interessi diretti del "quartetto" e dell'industria estrattiva.
Spiegazione che spinge il Guardian, a dare dei fessi ai governi che hanno
trattato con il Sudan e che ora vorrebbero invaderlo per consegnare il
petrolio ai cinesi.. Affermazione che va completata. Il Sudan non ha
un'industria estrattiva particolarmente sviluppata, il petrolio sudanese è
ancora tutto da sfruttare, i contratti in essere non sono con i cinesi, ma
con Cina, Indonesia ed India, e riguardano l'attuale, esigua, produzione
sudanese.

Il velo cade con le parole di un funzionario Onu alla sigla della pace.
Intervistato dalla BBC dichiarava che per i contratti preesistenti alla
firma della pace sarebbe stata fatta una valutazione, i paesi partner
infatti, non fornivano le necessarie garanzie di trasparenza, addirittura
nessuno di loro aveva ancora firmato al convenzione internazionale contro
la corruzione; il rapporto tra sud e nord sul petrolio doveva essere
trasparente per garantire la pace.. Al suo fianco un rappresentante del
governo sudanese si dichiarava soddisfatto perché finalmente il suo paese
avrebbe avuto accesso alla tecnologia occidentale, che avrebbe migliorato
notevolmente l'industria. Ovviamente questa trascurabile evoluzione del
quadro politico sudanese ha interessato solo le borse, che hanno premiato
le compagnie dei paesi che hanno "aiutato" la pace, giornali e media paiono
avere informazioni confuse, forse perché quelle poche che sono filtrate
andavano raccolte attraverso i mesi, quando i fatti avrebbero meritato
attenzione, e non solo ora che gli effetti di allora si manifestano
nell'ennesimo genocidio.

Vedremo nei prossimi mesi l'esito di questo ennesimo teatrino, un filone di
successo con interpreti ormai rodatissimi ed esperti Difficilmente
americani ed inglesi rovesceranno al-Bashir, ma l'occasione di un muscoloso
intervento umanitario è allettante, probabile che il Darfur si trasformi in
una specie di Kurdistan sudanese, sottratto al controllo di Karthoum,
costretta ad osservare impotente a causa di un'inferiorità manifesta.

mazzetta
redazione@???