Re: [Hackmeeting] alibi, giustificazioni e assoluzioni

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著者: Cristiano Longo
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To: hackmeeting
題目: Re: [Hackmeeting] alibi, giustificazioni e assoluzioni
Come al solito le nostre energie vengono dirottate verso la direzione
indicata dai padroni, mentre nel frattempo le leggi e le tecnologie
sulla sorveglianza aumentano.

Per cui, l'unica risposta corretta a queste domande a mio parere
dovrebbe essere "Me ne frego!" (cit.)

On 27/07/24 14:31, karlessi wrote:
> ciao
>
> ho la sensazione che alibi, giustificazioni e assoluzioni siano i
> motivi per cui vengo interpellato a proposito di "tecnologie" e di
> "usi giusti", "usi sbagliati". Con la marea montante dell'idiozia IA
> la cosa ha assunto proporzioni grottesche.
>
> chiedo il vostro parere, visto che non ho idee chiare in merito. ecco
> qualche esempio, di persone molto diverse in contesti molto diversi
> (personali, lavorativi, ecc)
>
> - l'attivista tal dei tali chiede: trovo estremamente funzionale
> ricorrere a Canva AI [non sapevo esistesse...], i volantini che faccio
> sono migliori. Non è questo un buon uso dell'IA? Che ne dici?
>
> - il professore tal dei tali chiede: trovo molto comodo chiedere a X
> (un qualsiasi sistema di identificazione di plagio, ce ne sono sempre
> di più in giro) di riconoscere se i compiti degli studenti sono
> plagiati. Non è questo un buon uso dell'IA? Che ne dici?
>
> - il conoscente tal dei tali chiede: per buttar giù idee su copy (o
> anche: abbozzare due righe di python, ottenere rapidamente enne
> proposte di sketch da realizzare in una rappresentazione/formazione,
> ecc ecc) ChatGPT mi funziona benissimo (o qualsiasi altro LLM a
> disposizione, a scelta). Non è questo un buon uso dell'IA? Che ne dici?
>
> potrei continuare a lungo. troppo a lungo perché siano dei casi, mi
> sembrano situazioni con somiglianze di famiglia, le
> Familienähnlichkeit di Wittgenstein...
>
> la cosa mi inquieta, e non so dire esattamente perché. ci penso da un
> po'. mi sono confrontato con altre persone con cui collaboro ecc, di
> seguito vi sintetizzo le riflessioni che ne sono uscite.
>
> innanzitutto queste persone pongono domande a me come "esperto" (non
> lo sono, tanto meno nello specifico dell'IA, ma dal momento che nel
> mondo dei ciechi l'orbo è re, non volendo esser re che poi finisce
> decapitato, purtroppo non abbastanza di frequente, mi ritrovo a far
> l'esperto...). sono loro a collocarmi in quella condizione, a cui io
> mi presto (probabilmente per abitudine, ma anche perché gratifica il
> mio narcisismo, ecc.). mi rimane però un senso di fastidio che
> rapidamente evolve in irritazione incazzatura ecc.
>
> poi, non si tratta di vere domande: nel senso che quando cerco di
> replicare, hanno già un discorso pronto, e in ogni caso una linea di
> difesa della loro condotta, che va dal "così fan tutti" al "tanto cosa
> cambia, se io mi astengo? la mia sottrazione singola è irrilevante" al
> "fare i duri e puri non paga", fino a "hai un atteggiamento
> ideologico", "vuoi sempre avere ragione", "non tieni in considerazione
> che non tutte le persone hanno le tue capacità, usiamo le cose che
> abbiamo a disposizione, che alternative ci date voi tecnici???" (pure
> questa... ma vaff...), ecc.
>
> se replico: guarda, fai come ti pare, non vorrei mai porre un veto
> proibizionista, ma considera che l'impatto energetico (e quindi
> ecologico ecc.) di 'sta roba è devastante,
>
> mi sento rispondere: sì ma io ne faccio un uso modesto! E poi, dovrei
> sentirmi in colpa per qualcosa che non ho creato io? è solo uno
> strumento, dopotutto.
>
> fin qui siamo agli alibi e giustificazioni. C'è poi la ricerca di
> assoluzione, cioè una persistente richiesta di derubricare certi usi
> da "scorretti, quindi sbagliati, ergo da evitare" a "tutto sommato
> accettabili" fino a "meno peggio di altri" o perfino "risolutivi,
> risparmiatempo, migliorativi" con l'attenuante generica del "cmq uso
> questa cosa per scopi nobili". Quindi, dismetto i panni dell'esperto e
> devo passare al sacerdozio, perché mi viene richiesto di formulare al
> limite delle penitenze (usalo meno, non esagerare, moderazione che poi
> diventi cieco, ecc.; oppure: prova questa o quella IA che hanno
> dichiarato "etica", ecc.); e infine di assolvere e mandare in pace.
>
> questa sensazione dipende dalla mia inevitabile (cultura italiana...)
> tendenza all'interpretazione cattolica, oppure risuona anche al di là
> delle mie idiosincrasie? non è una domanda retorica.
>
> tutto ciò mi fa pensare che questa idiozia pericolosa e nociva dell'IA
> debba il suo successo a un profondo radicamento nelle più inconfessate
> e inconfessabili fantasie di dominio delle persone. Una persona appena
> capace di far due ragionamenti non capziosi penso concorderebbe che,
> con catastrofi ecologiche in atto, devastazioni su scala massiva senza
> precedenti ecc. investire quantità favolose di energie e denari,
> sfruttando risorse e persone in una concentrazione straordinaria di
> potere per mettere in piedi una faccenda gigantesca che non si sa bene
> come funziona (ma funziona senz'altro in maniera probabilistica,
> tradotto: accazzo)... e che dovrebbe sistemare le cose (la fame nel
> mondo, il riscaldamento globale, la carenza di personale medico per
> diagnosi rapide, ecc ecc), è SUICIDA. con rispetto per il suicidio
> come scelta di sottrazione, s'intende un suicidio lento e sofferto,
> non rapido e indolore.
>
> Allora come mai queste persone, stereotipate negli esempi sopra, ma
> senz'altro non stupide, non si rassegnano e vogliono a tutti i costi
> giustificare degli usi ingiustificabili? Da dove viene questa
> caparbietà, che si manifesta sempre nel ribattere: "sì ma... se
> investissimo meglio, se l'IA (che non esiste, d'accordo, ma
> chiamiamola così per capirci - [ma perché non possiamo cambiare nome
> allora???]) fosse nelle mani giuste, se correggessimo i dati, se
> sistemassimo gli errori, se pagassimo bene chi annota, se le persone
> fossero più consapevoli, se limitassimo la grandezza, se costruissimo
> sistemi non biased (!!! NON SI PUO'!!!), se migliorassimo gli
> algoritmi, se i modelli di fondazione fossero aperti, se il pubblico
> limitasse lo strapotere dei miliardari bianchi padroni sociopatici che
> hanno in mano 'sta roba, se la distribuissimo alle minoranze oppresse,
> se se se..., non sarebbe una fantastica occasione???"
>
> Non mi spiego questa ostinazione se non ipotizzando che c'è del
> pensiero magico in tutto ciò. Non di quello emancipatorio e
> liberatorio, non di magia gentile e meravigliosa, ma di magia nera,
> perversa e reazionaria.
>
> Anche qui, non so se è dovuto alle lenti della mia cultura e
> formazione (illuminismo, enciclopedismo, ecc.), ma percepisco un
> irrazionalismo tenace, una volontà di non guardare le cose per quello
> che sono, un rifiuto del reale a favore di una fiction condivisa dai
> più, per mascherare le cose brutte con dei desiderata fittizi,
> consolatori. Una sorta di "rifugio in un mondo senza cuore" (cf.
> Christopher Lasch), anzi: un prompt che dà accesso a una dimensione
> fantastica.
>
> Pur da relativista convinto, al là dei differenti punti di vista,
> continuo a pensare che una bomba rimane una bomba. Nulla potrà farla
> diventare una zappa, a meno che non ci raccontiamo la favoletta che
> delle bombe sganciate con precisione chirurgica (da un'IA sviluppata
> per il bene comune, s'intende!) possono creare dei solchi rettificati
> pronti per la semina, con un costo e una fatica assai inferiore
> rispetto ad altri metodi... Alibi, giustificazioni e assoluzioni.
>
> Ipotizzo che ci sia dietro la figura dell'apprendista stregone. La
> fantasia di qualcuno che fatica al posto tuo. La fantasticheria
> dell'automazione automatica, della parola che si fa operazione,
> attività, creazione. La perversione della divinità onnipotente,
> onnisciente. Il sogno morboso di poterla dominare, asservire per i
> propri (giusti, ci mancherebbe!) scopi e necessità.
>
> Se le cose stanno così, ragionare, spiegare, distinguere, criticare
> sono azioni magari adeguate per confortarsi, per non farsi travolgere
> dal delirio generalizzato di discorsi insensati, ma difficilmente
> possono aiutare a cambiare direzione.
>
> Mi sento sempre più usato da queste persone che mi chiedono alibi,
> giustificazioni e assoluzioni. Siccome alla fine mi ritrovo esausto e
> insoddisfatto, cerco di elaborare delle tattiche di diserzione.
> Ipotesi attuali: Non voglio dibattere. Non voglio replicare. Non
> voglio impegnarmi in finti dialoghi che sono in effetti monologhi di
> persone che hanno già deciso che è tutto OK, bisogna solo non
> esagerare, fare attenzione, ma cmq siamo i buoni, non siamo i cattivi,
> mica ammazziamo, mica deprediamo, mica facciamo del male, suvvia!
>
> Senza mezzi termini, temo che questo atteggiamento di finta richiesta
> sia un'estensione dei piccoli Eichmann a cui accennava Lewis Mumford:
>
> "In every country there are now countless Eichmanns in administrative
> offices, in business corporations, in universities, in laboratories,
> in the armed forces: orderly obedient people, ready to carry out any
> officially sanctioned fantasy, how­ ever dehumanized and debased."
>
> Mumford, Lewis (1970). The Pentagon of Power: The Myth of the Machine,
> Vol. II. New York City: Harcourt Brace Jovanovich. p. 279
>
> https://archive.org/details/pentagonofpower00mumf/page/278/mode/2up
>
> Eichmann non è abbastanza però, perché nella stereotipia della
> banalità del male (cf. Hannah Arendt) è un uomo qualunque e basta, che
> per far avanzare la sua carriera fa cose orrende, ma senza odio e
> senza senso di colpa; cioè non è un sociopatico né uno squilibrato né
> uno psicopatico. qui invece parliamo di persone che sono convinte di
> far cose buone: un peggioramento notevole a livello psichico, un
> evidente aumento di alienazione tecnica (non capiscono o non vogliono
> capire le implicazioni di quel sistema tecnico) che conduce a un
> aumento di alienazione psichica (faccio una cosa pensando che sia OK,
> ti chiedo insistentemente perché non vuoi dirmi che è OK...) e ad un
> aumento di alienazione sociale (IA è OK, chi dice il contrario ha un
> atteggiamento ideologico).
>
> le obbedienti persone ordinarie a cui si riferisce Mumford in questi
> casi non obbediscono solo a una moda esteriore, a una pressione
> socio-psicologica esterna, ma anche e soprattutto a motivazioni
> interiori: obbediscono a una brama di controllo sulla materia, sul
> mondo esterno, svincolata dalla conoscenza delle specificità locali,
> dalla familiarità e dalla cura delle situazioni concrete; obbediscono
> a un desiderio apparentemente disincarnato di creazione ex nihilo, del
> tutto falso vista la quantità di materia ed energia e sistemi
> complicati che funzionano necessari a rendere operativo il prompt, ma
> convincente a livello di fiction perché veicolata attraverso la
> rassicurante interfaccia del servo meccanico sempre disposizione,
> gentile e premuroso, pronto a scusarsi per le catene di parole
> fattualmente scorrette che metterà insieme; un'evoluzione
> dell'elettrodomestico che aiuta non solo le casalinghe frustrate e
> sfruttate dal sistema patriarcale, ma qualsiasi persona vessata dalla
> società della prestazione, che trova sollievo all'angoscia di non
> essere all'altezza grazie all'aiutante magico.
>
> obbediscono, infine, al godimento dell'autoabuso dopaminergico, di
> buttar dentro la qualsiasi nel prompt e cliccare, e godere della zona
> della macchina, dell'aura della macchina che fa, opera, mentre ce ne
> stiamo lì in panciolle ad aspettare il responso...
>
>
> ok s'è fatto tardi e c'è parecchio da fare, nel mondo reale, tanto per
> divertirsi a passare il tempo che rimane :D
>
> ciao ciao
>
> k.
>