Re: [Hackmeeting] Comunicazione alla lista dall'assemblea di…

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Autore: Marco A. Calamari
Data:  
To: HackMeeting
Oggetto: Re: [Hackmeeting] Comunicazione alla lista dall'assemblea di Hackmeeting
On ven, 2024-06-21 at 00:30 +0200, yattaman wrote:
> On Thu, 20 Jun 2024 at 23:38, blicero--- via Hackmeeting <
> hackmeeting@???> wrote:
>
> >
> Il punto secondo me è che per esprimere opinioni sui safe space o su
> > cosa sia importante non serve avvocare o citare grandi nomi o numi
> > tutelari.
>
>
> Su questo sono d’accordo, se avessi immaginato che la discussione sarebbe
> diventata sugli autori invece che su quello che ho scritto dopo non lo
> avrei fatto. A me il libro piace dopo di che sti cazzi, non sono qui a
> vendere il libro di nessuno tantomeno a stabilire chi sia un luminare o
> meno.
> Era semplicemente un modo per dire che il tema non arriva ad hackmeeting
> dalla luna ma ha almeno un decennio di maturazione alle spalle e quindi
> aveva senso allargare lo sguardo a cosa era successo in questi dieci e più
> anni.
>
> Mi pare tra l’altro dalle risposte che ne siamo tutti ben consapevoli,
> forse era meno necessario di quello che mi era sembrato. Quello che però
> non capisco è il quindi. Cioè: “facciamo la moderazione”. “Sì però occhio
> che rischiamo effetti collaterali pesanti che già si sono visti altrove”.
> “Si però così fai il gioco dei fascisti”. “E comunque in California
> succedono cose brutte brutte eh”. Si era parlato di definire delle regole,
> avevo capito che la questione fosse provare a sviluppare qualche proposta.
>
> L’unica cosa emersa finora mi pare è che se uno è più attento al linguaggio
> ed è sensibile a non offendere la sensibilità altrui, nel processo di
> creare un ambiente meno tossico, è accettabile che dia della “persona di
> merda” a chi è meno attento al linguaggio. Anche oggi ho imparato qualcosa.
>
> Detta questa, che proprio non ce l’ho fatta a tenermi, mi taccio. Stavo
> onestamente davvero cercando di contribuire alla discussione ma mi pare di
> non riuscirci, quindi smetto di alimentare il rumore, forse questo
> permetterà al segnale di emergere.


Ricordo perfettamente quale è la mia comfort zone, che è cambiata
 pochissimo negli anni. E ricordo che la cosa più importante che mi
 ha dato essermi iscritto a questa lista è che muoversi al
 di fuori della propria comfort zone, cercando di capire anche quella
 degli altri, era importante ed utile.

Oggi sembra che uniformare il linguaggio come condizione per potersi
 esprimere sia percepito come un fatto positivo; su questo ovviamente
 non posso essere d'accordo.

La mia peculiare comfort zone ad esempio è fatta anche di usi corretti del
congiuntivo
 e dei segni di interpunzione, come forma di apprezzamento e considerazione
 per il valore del  tempo di chi leggerà. La apprezzo, ma non la pretendo.

Mi fanno sentire a mio agio le persone che in una chat, se si accorgono di aver
 scritto male qualcosa, anche dopo un po', correggono quello che hanno
 scritto, cosa che in certe discipline orientali sarebbe (lo dico ancora una
volta)
 perfettamente "naturale".

Apprezzo moltissimo quelle persone, tra cui Pasky, che riescono a varcare 
 gli abissi che ci separano quando si tratta di avere un colloquio o di
manifestare
 un rispetto per chi è  diverso in maniera diversa, ma sostanzialmente corretto
 e rispettoso.

Questo malgrado che certe espressioni mi facciano sentire profondamente
 a disagio. Ma so con chi sto parlando, e lo accetto con la massima
 tranquillità. Va benissimo così.

Queste persone accettano che io non comunichi terminando nomi e pronomi
 con asterischi, ed omogeneamente non usi la schwa o le femminilizzazioni
 di moda di alcuni nomi, ma anzi non provi nessuna remora ad usare
tranquillamente
 il maschile sovraesteso. Sono semplicemente espressioni di un linguaggio
diverso
 ma perfettamente comprensibile.

Le stesse persone si sentono liberissime, se ne hanno voglia, di dirmi che
 ho detto un'idiozia senza darmi dell'idiota, oppure di inserire il mio
 indirizzo nel killfile con un bel CTRL-K, senza nemmeno prendere 
 lontanamente in considerazione l'idea di moderarmi od escludermi.

Per me queste modalità di comunicazione sono una comfort zone estesa
 e molto più inclusiva di quella che vede nell'uso di un pronome una
 "conditio sine qua non" per essere degni di comunicare. e non essere
 esclusi.

Lo so, è difficile e faticoso rispettare sostanzialmente la diversità aldifuori
 del conformismo.
 
Dalla comfort zone estesa che vorrei qui restano fuori gli attacchi ad hominem,
 e si parla prima del merito delle questioni, mentre si sbeffeggiano i
benaltristi e gli 
 aspiranti influencer. Non parliamo poi delle cancellazioni, attive o passive
che siano.

Grazie del vostro tempo.   Marco