Re: [Hackmeeting] Social e dipendenze

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Autore: Sandcat
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To: HackMeeting
Oggetto: Re: [Hackmeeting] Social e dipendenze
Il problema della mail di blallo è che dice "la intendo così!", e allega
un post con un percorso di risoluzione della dipendenza, che però non
riguarda veramente un'analisi della stessa, quindi ognun* ci legge un
po' ciò che vuole.

La parte per me più interessante è il modo in cui ne è uscita (è una
donna trans, si identifica al femminile), cioé bloccando lo strumento
del demonio e costruendo e potenziando la sua vita al di fuori.
Questo risuona con la teoria che le radici della dipendenza siano in
origine esterne alla dipendenza stessa, che progressivamente erode il
resto della vita della persona e provoca problemi secondari, ad esempio
citava quello alimentare.

Ne consegue che un modo di uscirne è ricostruire una vita indipendente
dall'oggetto del problema.
Questo passaggio è estremamente importante, perché se manca il rischio è
di sostituire una dipendenza con un'altra, e in quanto esseri umani
possiamo sviluppare dipendenze psicologiche più o meno da qualsiasi
cosa.
Il punto non è tanto isolarsi da qualunque cosa possa provocare
dipendenza, è semplicemnte impossibile, quanto sviluppare un contesto
sociale e personale dove l'eventuale uso occasionale ha difficoltà a
divorare il resto della propria vita.

Notare che questa è una soluzione funzionale, che non porta alla luce le
radici psicologiche profonde, ma è necessaria, perché è molto difficile
lavorare sui motivi alla base finché non se ne è usciti.

Il problema di relegare la questione ad una semplice faccenda di
rinforzi è che ignora la persona che ci sta dentro, e il contesto
sociale che ha intorno.
Questo non esclude che le grandi piattaforme commerciali siano veramente
disegnate per provocare dipendenza, ma ridurre tutto alla funzione
neurochimica equivale a voler risolvere la povertà togliendo le
macchinette dal bar.

Non siamo macchine governate puramente dalla dopamina, e il fatto che
Zuckerberg e i suoi pari la raccontino così mentre sfruttano una
debolezza delle persone non mi sembra una argomentazione sufficiente a
sostenerlo.

p.s.
Trance si scrive così, trans, specialmente in questo contesto, ha
un'altro significato.


Il 2024-02-23 15:00 Agnese ha scritto:
> Bella blallo,
>
> condivisibile diario di un'esperienza di un tipo che si vuole
> disintossicare. Il tema dei social media che sono dannosi per la salute
> mentale è sempre più sentito e la narrazione che cerchiamo in tutti i
> modi di smontare con i laboratori e i testi che scriviamo come CIRCE è
> quella del "Dipende da te!"
>
> Non dipende (solo) da te!
>
> Come scrive anche il tipo e come sappiamo è la piattaforma che è
> progettata per tenerti attaccata il più a lungo possibile, lui fa un
> paragone con le slot machine, se vuoi approfondire c'è il bellissimo
> libro di Natasha Dow Shull (è del 2015!) che ha passato 10 anni a fare
> ricerca a Las Vegas tra le persone con problemi di dipendenza dalle
> slot machine, in inglese si chiama "Addiction by Design", in italiano
> "Architetture dell'azzardo". Natasha introduce il tema della "zona
> della macchina". Praticamente attraverso la sua indagine
> etno-antropologica, parlando con i giocatori e le giocatrici capisce
> che non è il desiderio di vincere e sfidare la sorte che tiene
> attaccate le persone alle macchine ma il desiderio di restare nella
> "zona della macchina".
> Una specie di zona di trans dove ripetendo lo stesso gesto innumerevoli
> volte ogni tanto, in modo randomico, riceverai una ricompensa (gettoni
> sonanti ma soprattutto la famosa scarica di dopamina per i tuoi
> neuroni). Le persone stanno bene nella zona della macchina perché non
> devono pensare, si staccano dai loro problemi quotidiani, ripetono
> movimenti seguendo degli automatismi "pre-coscienti" direbbe Katherine
> Hayles (grazie Lo|Bo, mi sono presa il libro in biblioteca, super
> interessante).
>
> La zona della macchina è un po' come lo stato di flusso in cui sta
> l'atleta quando compie una routine automatica realizzando cose che non
> potrebbe realizzare se ci pensasse.
>
> Non sono d'accordo quando l'autore dell'articolo che hai condiviso dice
> "Con i social si possono fare anche cose buone" Sì ma che fatica!
> Quanto tempo perso per fare una cosa buona?
>
> Comunque a te quale era la parte che risuonava di più? Il modo in cui
> si organizza per liberarsi da ogni tentazione? La riflessione
> sull'addiction by design? Son curiosa, un abbraccio,
> Agnese
>
> PS
> Natasha Dow Shull che parla di addiction by design puoi
> ascoltarla/leggerla nel podcast dei pentiti della silicon valley, qui:
> https://www.humanetech.com/podcast/1-what-happened-in-vegas
> https://www.humanetech.com/podcast/2-shouldve-stayed-in-vegas
>
>
> Il 23/02/24 14:40, blallo via Hackmeeting ha scritto:
>> Ciao lista!
>>
>> Volevo buttare qui un link ad un blog post (molto sintetico) che
>> affronta in modo che sento molto affine alla mia esperienza la
>> questione social:
>>
>> https://www.sophiajt.com/youtube-addiction-one-month-sober/
>>
>> È in inglese, spero sia comprensibile. Se serve posso tradurre.
>>
>> Baci
>>
>> --
>> blallo
>> _______________________________________________
>> Hackmeeting mailing list
>> Hackmeeting@???
>> https://www.autistici.org/mailman/listinfo/hackmeeting