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Autor: Giacomo Tesio
Data:  
A: HackMeeting
Assumpte: Re: [Hackmeeting] critica della tecnologia [era: Re: intelligenza artificiale (Andrea Collina)]
Ma che bella riflessione!

Nella mia ignoranza, mi sfugge il passaggio su Gramsci, l'egemonia e le destre, ma cercherò
di documentarmi da solo in proposito.

Ho però notato un concetto che ti ho già sentito esporre in altri contesti e sempre mi
lascia perplesso:

Il 31 Gennaio 2024 22:23:20 UTC, karlessi <karlessi@???> ha scritto:
>
> la tecnologia è fonte di potere. il potere è funzione sociale neutra. si può usare
> per schiacciare e opprimere (è la norma) oppure come fonte di liberazione (è l'eccezione).
> Mi piacerebbe che l'eccezione di ieri e di oggi diventasse la norma di domani.



La scrittura oggi non è più, di per sé, fonte di potere come lo era nell'antico Egitto.
E questo solo perché è una abilità disponibile alla maggioranza della popolazione.


Confondere il potere (che si esercita sempre su altri esseri umani che lo subiscono)
con l'abilità (che si esercita per lo più su cose ed animali) rende l'analisi operativamente sterile.


Non sarebbe più utile distinguere il potere dall'abilità?

D'altro canto il potere non necessita di abilità: basta la fiducia di coloro che lo subiscono!
Ma fintanto che tale fiducia può essere riassegnata con facilità, non ha senso
parlare di potere, ma basta il concetto di fiducia.

Parliamo di potere quando la relazione di fiducia cristallizza e diventa difficile riassegnarla o
monitorare come venga utilizzata.

E quando questo avviene, quando possiamo parlare di potere, siamo sempre di fronte
ad una relazione oppressiva: infatti anche il sovrano più buono o il giudice più giusto
necessitano delle "forze dell'ordine" per imporre le proprie scelte.


La tecnologià esprime invece le abilità di chi la realizza (e la sua capacità di ottenere
le materie prime necessarie a realizzarla)

Per questo non può essere neutrale: è espressione di alcune persone e non di altre.

Tali abilita sono però intrinsecamente fonte di potere solo laddove sono riservate ad una élite.

In tal caso la tecnologia però non è fonte di potere, ma strumento di potere.



La programmazione statistica (impropriamente detta AI, ML etc...) richiede grandi quantità
di dati, grandi data center e grandi quantità di energia elettrica, per cui è intrinsecamente
uno strumento di potere.
Ovvero intrinsecamente oppressiva.

Gli stack software che ci ammorbano (Windows, Linux, Android, Chrome etc...) sono stati resi
così dannatamente complessi che nessun singolo essere umano può comprenderli
completamente in un tempo ragionevole.
Come tali sono intrinsecamente strumento di potere e di oppressione (con buona
pace della retorica dell'open source e delle ingenue speranze del software libero).


Il sistema operativo Oberon di Wirth può essere studiato da chiunque completamente in poche settimane.
Il linguaggio Oberon, nonostante i record estensibili, è progettato per essere facile
da imparare.

Esprime abilità senza diventare esoterico.

Si tratta di un bell'esempio di come progettare tecnologie che non siano strumenti di
potere ma strumenti di libertà.


Strumenti, non fonti.
Perché se nessuno li impugna, non sono in grado di liberare o opprimere nessuno.

È questa un'asimmetria drammatica: chi crea strumenti di oppressione li progetta perché
gli permettano di opprimere, e li adopera appena pronti per carpire la fiducia altrui e cristallizzarla in potere.

Chi crea strumenti di libertà li adopera, ma non può liberare sé stesso da solo e non può
imporli agli altri con gli stessi trucchi usati da chi vuole opprimere.


Per questo la resistenza non può limitarsi a creare strumenti di libertà, ma deve
impegnarsi sia nell'educazione cibernetica che a smascherare e combattere quelli oppressivi.

Ridicolo è sperare di usare strumenti oppressivi per liberare persone alienate da quegli stessi strumenti.


Giacomo