[Hackmeeting] fatiche e piaceri

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Szerző: karlessi
Dátum:  
Címzett: hackmeeting
Tárgy: [Hackmeeting] fatiche e piaceri
Ciao,

ricevo la lista HM in digest perché non ce la faccio a leggerla
altrimenti, e anche così mi risulta spesso in-digesta.

questa è una lunga mail. ho cercato di riassumerla ma, dopo aver
tagliato e ritagliato, non sono riuscito a far di meglio.

trovo desolante la discussione in cui è scivolato il thread sulla lista
di HM. Conosco le persone interessate al di fuori delle mail e, davvero,
non capisco quale sia la questione.

ho l'impressione che il mezzo mail a volte ci prenda nella maniera
peggiore, nel senso che le vulnerabilità rispettive e reciproche vengono
aizzate, nutrite, esplose, martoriate.

per parafrasare dei grandi intellettuali dei giorni nostri, ritengo che,
senza mail, "eravamo delle persone meglio"

cioè, riassumo quello che ho capito, traducendo rapidamente: giuliaq
dice che ha avuto dei problemi. problemi non da poco. applicando il mio
personale filtro, che non è automatico (finché ho le energie per farlo,
cerco di trovare ciò che di affine la diversità altrui esprime, che
risuona, che permette di intavolare una tavolata conviviale) esprime a
mio parere un timore più che condivisibile: se HM come evento annuale,
arcipelago di gruppi di affinità individualità eventi correlati ecc.
fosse preso di mira, saremmo davvero nelle pesti.

e saltano fuori delle risposte assurdamente aggressive, con tentativi di
difesa, ingarbugli a mio parere del tutto fuori luogo, ecc ecc.

visto che ho scritto ciò che vorrei, ecco, continuo su quella strada.
vorrei che la modalità delle pancate, delle minacce di violenza fisica,
dell'autodifesa (maddai! all'interno di questa lista?), da parte di
chiunque faccia ricorso ad essa come metodo di "confronto" sia
considerata fuori tempo massimo. Perché è sempre stata fuori tempo
massimo, a mio avviso, e parlo da maschio bianco cis iperstudiato ecc.
cioè in quanto esponente mio malgrado del gruppo sociale che
storicamente ha fatto ricorso alla violenza strutturale per stare al mondo.

insomma io se posso scappo e cerco di portar via chi mi sta intorno.
così ho fatto a Genova, e lo rifarei (cioè no, andrei alla biciclettata
anarchica, ma questa un'altra storia)

diserzione.

poi se devo prenderle oh, le prenderò, però facciamo a capirci!

(perfavore non cominciamo una discussione sul modo migliore di portare
avanti la lotta ecceccecc: la mia posizione è chiarita in maniera
aneddotica dal fatto che, con il redazionale di Elèuthera, non abbiamo
voluto pubblicare, a suo tempo, il libro l'insurrection qui vient del
Comité invisible perché, dopo un discorso condivisibile per quanto non
particolarmente illuminante, chiudere un testo fin lì decente
inneggiando alla lotta armata, "sortez vos flingues", nel XXI secolo, è
un'idiozia da bobos parisiens che non hanno mai preso una manganellata
in vita loro - e che mandano allo sbaraglio ragazzin* nel modo peggiore
- e che hanno un tot di vite spezzate sulla coscienza, anni di galera
inutili, ecc. - IMHO)

quindi:

qual è l'argomento? il modo di esprimersi? giuliaq si è espressa in
maniera aggressiva e inadeguata? forse, può darsi, passerei oltre.

è presa male che le hanno fregato cose ad HM? beh, lo sarei anch'io,
specialmente se nessuno c'avesse dato peso.

ma al di là di questo vorrei sottolineare che il nucleo della faccenda,
che a me risuona, è che se arriva un gruppo di persone moleste
organizzate, fasci/machi/sbirri/ecc/ecc ci saranno gravi problemi!

questo vale sempre per situazioni di affinità in cui la diversità è
ampia, volutamente ricercata, e le persone si autogestiscono nello
spirito del mutuo appoggio. che è quanto le cosiddette controculture
radicali hanno cercato, nella loro varietà, di fare, ognuna con le
creature simili che s'è trovata lunga la propria strada.

cmq,

tutto ciò è alla voce "fatiche". faticoso. non ho molte idee su come
alleviare questa fatica se non suggerire di NON mandare mail che
potrebbero causare inutili discussioni/sofferenze/reazioni/flame

per me è una questione di cercare di assumere il punto di vista altrui.

per quanto mi riguarda eviterei di inviare molte delle mail che ho
inviato in vita mia, al di là di questa lista. Quando le ho inviate
(vale anche a maggior ragione per SMS, ecc ecc insomma roba più rapida),
pensavo fossero in buona fede, nel senso, ritenevo che fossero un
contributo alla discussione, ma con un occhio più freddo e distaccato mi
sembrano inutili e anzi nocivi, nei casi peggiori manipolatori, egotisti
e narcisisti ed esibizionisti modi di manifestarmi. e vabbè.

faccio un respiro, magari la mail la scrivo perché mi irrito
profondamente a leggere questo o quello, e poi la salvo in bozze. le
parole non dette e non inviate, ma solo scritte, per me non sono parole
inutili: a ritroso mi è capitato di rileggere delle cose che ho scritto
(e non inviato) e di dirmi: meno male!

delle volte tolgo la connessione mentre scrivo le mail, e, sempre le
rileggo dopo averle salvate in bozze, prima di inviarle. Parlo di mail
come questa, le altre cerco di non inviarle proprio, o di limitarle.
Boh, io faccio così, del resto non sono su nessun social, anzi non è
vero, c'ho signal e mi stressa che c'ha troppe notifiche quindi silenzio
tutto, non rispondo subito ergo la gente si stufa e nn mi cerca più,
d'altra parte non voglio essere sempre disponibile.

qui siamo infine sui piaceri. è un piacere scrivere una mail. non
sempre, ma a me piace scrivere mail a questa lista, perché come qualcuno
ha detto (non ricordo chi) mi piace pensare che sia una pietruzza in un
lago, insomma che risuoni a persone che conosco, a cui voglio bene, e
che rimanga per qualche tempo una traccia del mio punto di vista.
d'altra parte, il confine con la fatica inutile è sempre vicino, per
quanto a volte difficile da identificare. Nel dubbio, meglio meno che
più, IMHO. Meno mail, più ponderate.

@sve_null tempo fa hai risposto in dettaglio ponendo domande su una mia
mail, sul thread "come la vorrei". su tante cose ci ho pensato nn saprei
bene cosa dirti, se non che c'è poco da scrivere e più da vivere, ma sa
un po' di "meglio la vita vissuta", e invece anche su questa
affermazione boh, non sono affatto convinto che sia vero. anzi. non ho
grandi rivelazioni da condividere e se le avessi le condividerei. più
vado avanti, meno certezze ho.

continuo su ciò che mi piacerebbe: vorrei che l'atteggiamento
paternalista-maternalista del "vecchio compagno/a" che spiega che questo
(la lista, HM, ecc.) è un posto da persone dure che reggono il confronto
ecc. venisse smorzato, smussato, e, se possibile, evitato. va di pari
passo con l'atteggiamento del nerd (o della nerd) che esce dalla propria
timidezza per intimidire, alzare la voce (anche e soprattutto online),
scuotere, colpire, ferire quello che ritiene l'inetto/a lamer sciocca/o
ignorante ecc. che gli sta davanti (allo schermo o meno).

Siccome sono certo di aver fatto sentire gli altri così, sciocchi e
ignoranti, talvolta, me ne scuso.

Purtroppo (non è una scusante) è senz'altro quello che ho imparato a
scuola, così come nei centri sociali e negli ambiti di movimento e anche
in alcune situazioni di HM: che bisogna farsi valere, alzare la voce,
reggere botta, senz'altro non piangere: "cosa sei, una femminuccia che
ti metti a frignare?" queste parole me le ricordo bene... e sono più di
un metro e ottanta e ben più di ottanta chili! Mi fa accapponare la
pelle il pensiero di essermi lasciato sfuggire un commento del genere
nei confronti di una persona che si è avvicinata ad HM e in generale nei
confronti di chiunque. il dominio sta nei dettagli, IMHO: da lì comincia
tutto.

Vorrei disimparare questi modi di fare. Vorrei relegarli a
un'aberrazione evolutiva di un ramo morto dell'evoluzione, il ramo del
dominio. Infatti sono retaggi di una cultura che IMHO scambia
l'imposizione del muso duro con l'assertività. La cultura informatica
nella mia esperienza ha spesso fatto suo questo retaggio. "Cosa sei, una
mezza sega che non sa manco fare uno script in bash?" queste parole le
ricordo altrettanto bene, insieme a molte altre analoghe.

ripeto: sono espressione di una cultura che non condivido e che ritengo
deleteria. non vorrei che fossero usate per "accogliere" le persone che
si avvicinano ad HM. Né in altre occasioni.

sull'informatica, la matematica, ecc ecc quante cose, da dove
cominciare... una dichiarazione d'identità, forse. Faccio il traduttore.
Traduco saggi da diverse lingue all'italiano. E, soprattutto, traduco
dall'informatichese ad altre lingue, e viceversa. Per le persone che non
si occupano di informatica sono un esperto di informatica.

In effetti sono considerato un informatico anche da molti informatici
industriali, come li chiamo io, cioè quelle persone che probabilmente
hanno studiato informatica alla facoltà e sanno forse codare ma
raramente si domandano per chi lavorano e perché.

In effetti mi guadagno da vivere principalmente con cose relative
all'informatica. Se però ho a che fare con la gran parte delle persone
che conosco in questa lista, e non solo, sappiamo reciprocamente che NON
SONO AFFATTO UN ESPERTO. Passo il tempo a chiedere cose, ad arrabattare
scampoli di informazioni per formulare metafore, allegorie per capire a
grandi linee cosa sia e come si possa far funzionare in una certa
situazione un affare informatico... un puntatore, un container, una VM,
uno script bash, un tunnel SSH, un server in node.js (spero che su
questo ci sia un po' di malessere, a me fa fatica tirare su i server i
node.js per dirne una a caso, sarà l'età, boh, come dire che non mi
piacciono le bevande alcoliche mischiate con energizzanti ecc, ma ecco,
insomma, de gustibus!)... tutte cose che più o meno quotidianamente
gestisco e/o di cui faccio manutenzione. cose che altre persone usano.

qui casca l'asino, povero asino.

a me piacerebbe che meno persone usassero strumenti tecnologici che non
hanno scelto e più umani avessero a che fare che fare con esseri tecnici
che hanno scelto.

aumentare la capacità di scelta di strumenti tecnici (esseri tecnici)
affini ridurrebbe l'alienazione tecnica, cioè il baratro che nel corso
dell'evoluzione è stato scavato dalle sempre più diffuse pratiche del
dominio fra esseri umani ed esseri tecnici (oltre che animali, piante,
ecc.). Il concetto di alienazione tecnica, rispetto alla limitata
comprensione marxiana dell'alienazione, è un'idea del filosofo Gilbert
Simondon. Consiglio di lasciar perdere i suoi saggi principali, scritti
pessimamente, e pessimamente interpretati dai soliti marxisti in cerca
di egemonia, mentre mi sono piaciuti molti dei ben più accessibili e
meno pretenziosi saggetti, raccolti in edizione italiana in "sulla
tecnica", orthotes.

quindi... non è che i supertecnici mi devono qualcosa. è che, facendo
traduzione (lo faccio per piacere mio, per quanto talvolta sia anche
faticoso, anzi spesso), sto in mezzo fra loro e il mondo reale. ehm, la
mia versione del mondo reale: quella in cui le persone che hanno
faticosamente deciso di provare a usare Linux vengono blastate perché
non sanno fare un backup con rsync su una macchina remota. quella in cui
le persone che vorrebbero smettere di usare Google Classroom nelle
classi di liceo in cui insegnano vengono trattate come servi dei servi
di BigG. Quella in cui studenti di design del Politecnico non hanno mai
fatto il collegamento esplicito fra un oppositore feroce del libero
arbitrio come B.F. Skinner (che hanno studiato almeno di sfuggita come
iniziatore del comportamentismo) e la gamification diffusa ovunque
("Skinner box" in gaming), non solo negli artefatti digitali ma nella
costruzione delle interazioni con gli artefatti della città (esperienza
di stamattina al Politecnico Bovisa). Quella in cui i professori che
insegnano database alla facoltà di informatica non sanno tirar su un DB
MySQL e non sanno la differenza fra UPDATE e SELECT eppure son
considerati esperti e guadagnano come tali con stuoli di servi e
servetti... Un mondo di venditori di fumo che si spacciano per sapienti
(tipo gli esperti di criptomonete che non sanno spiegarmi una funzione
nonce, per dire) riescono a occupare tanto spazio sul palcoscenico. troppo.

In questo mondo c'è a mio parere bisogno di tradurre cose complesse come
alcune di quelle che avvengono nel mondo dell'informatica in termini
comprensibili a persone che non operano con la linea di comando e non lo
faranno mai. Persone che si sentono alienate dalla tecnologia e in
particolare dalla tecnologia digitale, perché attualmente è estremamente
alienante, essendo prodotta in gran parte dal sistema
militare-industriale che è vivissimo e ben vegeto.

chi ha scritto di queste cose? che io sappia, poca gente. anzi proprio
dell'informatica nn me ne viene in mente manco una. i libri scritti con
l'eteronimo Ippolita sono spesso piuttosto calati dall'alto, col senno
di poi. e cmq, come mi hanno confermato amigxs incrociate ad HM a
Torino, sono arrivati fuori tempo massimo causa traduzioni effettuate
con qualche anno di ritardo rispetto all'uscita :D ma il senno di poi
non serve granché. Erano il meglio che si potesse fare, evidentemente.

Donna Haraway è interessante fin dai tempi delle "situated knowledges",
ma non arriva all'informatica (forse il suo compagno? non so, ma so che
fa o faceva l'informatico. altri informatici nel suo giro? non ne
conosco); molto accademica; poca concretezza; osannata da certo
movimentismo per ragioni a me incomprensibili (o forse perché non viene
compresa! e quindi fa figo, boh). per inciso, talvolta la adoro mio
malgrado. si vede che c'ha una base da biologa e la cosa mi piace.

sto cercando risorse in merito. anzi, mi piacerebbe molto ricevere
segnalazioni di gente che scrive (o fa audio, video, fumetti, arte,
ecc.) cose comprensibili a proposito di questi temi: l'informatica, il
potere, il ruolo dei sistemi tecnici nell'evoluzione/involuzione
sociale, ecc. ecc.

per favore mandate se avete idee e suggerimenti!

il mese prossimo dovrebbe uscire il condensato di quel che penso in
merito, per Elèuthera, con il titolo "tecnologie conviviali". purtroppo
il sito l'abbiamo fatto quando non c'erano i dispositivi mobili... e lì
siamo rimasti. dovremmo rifarlo, ma chi c'ha il tempo... correre dietro
ai furbofoni, che faticaccia, esistono da manco quindici anni! cmq, sì,
s'ha da fare, prima o poi. ma non è un piacere, ecco.

sono anni che cerchiamo di scrivere un libro sulla pedagogia hacker, che
è una metodologia assai lasca messa continuamente a punto con C.I.R.C.E.
durante le formazioni, siccome stiamo sul fare cose in giro e pure in
maniera sparsa e non particolarmente coordinata (d'altra parte, si sa:
l'anarchia è facile; difficile, è l'organizzazione - feat. Colin Ward)
non c'è ancora riuscito di chiudere la cosa. tonnellate di materiale, ma
poco organizzato, come si vede anche da quell'accozzaglia del sito che
c'abbiamo: il cloud è assai peggio e non saprei cosa condividere.

non so se ho risposto alle domande.

cmq ho riletto la mail e mi sembra che posso mandarla

in solid,

salud y anarquía,

ciao

k.


--
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