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----- Messaggio originale -----
Da: Roberto Badel <robadel@???>
A: pacifistat <pacifistat@???>
Inviato: Fri, 06 Dec 2019 10:13:04 +0100 (CET)
Oggetto: [Pacifistat] sulla "piazza democratica" delle Sardine a Firenze. comunicato CPA Firenze-sud
SU PIAZZA DELLA REPUBBLICA, LA BANDIERA ROSSA E ALTRO…
“Fatta allontanare una bandiera rossa con falce e martello dalla Piazza
delle Sardine a Firenze”.
Questo probabilmente è l’unico contenuto politico che gli organizzatori
della Piazza delle Sardine a Firenze sono riusciti a far emergere.
Davvero una bandiera rossa, un simbolo, fa così tanta paura? Ma
soprattutto… a chi fa così tanta paura?
Ci teniamo a precisare che abbiamo deciso di abbassare la bandiera che
un nostro compagno aveva issato pochi minuti prima perchè avevamo a
cuore che quello non diventasse il tema della piazza, che la
manifestazione andasse avanti, ma anche che il compagno non ha mai
abbandonato la piazza ed è rimasto dov’era fino alla fine della
manifestazione.
Era comunque importante che la piazza si esprimesse su altro e avrebbe
potuto farlo considerata la presenza di un palco e di un microfono che,
data la spontaneità della piazza, tutti pensavano fosse un microfono
aperto. Ma così non è stato e ora gli organizzatori ci vengono anche a
dire che sarebbe rimasto chiuso per colpa di quella bandiera… ma fateci
il piacere!
In diversi, oltre a noi, si sono avvicinati al palco chiedendo di
parlare e sono stati liquidati bruscamente.
A prendersi questa responsabilità è stato Mattia Sartori,
“l’organizzatore degli organizzatori”.
Ben presto però la sua sicurezza ostentata è diventata imbarazzo:
“Perchè non posso parlare?”
“Perchè non so quello che vuoi dire?”
“Ma questo è un ragionamento che è in contraddizione con la libertà
d’espressione che professate dal palco. Siamo già alla censura?”
…silenzio…
“Perchè non posso parlare?”
“Perchè non so chi sei!”
“Sono un operaio. Te nella vita che fai?”
“Io sono un economista!”
“Ancora una volta un economista non vuol far parlare un operaio…mi pare
una storia già sentita, non credi?”
…silenzio…
Alla fine però il microfono ce lo siamo preso ed abbiamo potuto
esprimere ciò che avevamo già espresso in migliaia di volantini che
Firenze Antifascista aveva distribuito in piazza.
La piazza è esplosa in un fragoroso applauso quando la compagna ha
concluso il suo intervento con una citazione di Che Guevara : “…solo un
sentimento supera l’amore per la Libertà ed è l’odio verso chi quella
libertà vuole togliercela!”
A quel punto, e dopo un goffo intervento di Matilde, una delle
organizzatrici, che ha cercato di evangelizzarci spiegando perché “non
si debba odiare”, il microfono è definitivamente scomparso dal palco, è
stata lanciata “Bella Ciao” e poi la musica uscita dalle casse ha
definitivamente segnato la fine di ogni possibilità di altro intervento
e confronto.
A noi peró vien da pensare: tre lavoratori al giorno muoiono sul lavoro,
le scuole crollano in testa agli studenti, si muore perché un ponte
autostradale si sgretola e viene giù, muori di cancro se vivi vicino ad
incenaritori, discariche o fabbriche come l’Ilva, muore in mare chi
scappa dalle guerre, si muore di violenza sessista e fascista…se i
responsabili di tutto questo non dobbiamo odiarli qualcuno ci puó
suggerire quale sentimento provare nei loro confronti? Perché
sinceramente di “abbracciarli e ballarci assieme” come diceva la povera
Matilde non ne avremmo troppa voglia…
Giusto per rimanere in tema, la stampa si è lanciata “a pesce” sulla
notizia della bandiera.
Non ci stupisce che questa sia girata ma vorremmo sottolineare il modo
in cui è stata impacchettata: la censura, il rifiuto, l’allontanamento
dell’ipotesi che quelle piazze possano sviluppare un livello di
politicizzazione piu’ alto, un messaggio tranquillizzante per la classe
politica affinchè quel movimento non possa ritagliarsi un proprio spazio
di autonomia e dibattito al di fuori del quadro politico dato, che la
massa debba accettare l’idea di rimanere dentro ad un recinto, o a delle
reti, che altri hanno costruito per lei senza alcuna velleità di
emancipazione.
Ciò che dai video non si vede sono tutte le persone che hanno battutto
le mani quando la bandiera è stata issata dopo aver cantato “Figli della
stessa rabbia” ma si sentono bene le parole di Manlio, un altro degli
organizzatori: Siamo una piazza democratica…senza simboli…senza violenza…”
Pensiamo che in una “piazza democratica” debba esser data la possibilità
di esprimersi e palesarsi a tutte le componenti che la compongono, ma
forse, ancora prima, dobbiamo chiederci a quale tipo di democrazia di
riferisca l’organizzatore perchè abbiamo il sentore che questo ragazzo
di 20 anni abbia assorbito e fatto propria “la democrazia” e la forma
che essa ha assunto nella realtà che lui ha vissuto: una democrazia in
cui un gruppo ristretto di organizzatori, eletti o autoproclamatisi essi
siano, cala dall’alto parole e contenuti, pochi e confusi, su una massa
realmente spontanea e sincera.
“Senza simboli” veniva detto. In altre piazze organizzate d’Italia dalle
Sardine è stato esposto il simbolo dell’Unione Europea, ma in che quel
caso gli organizzatori non hanno avuto niente da dire.
Il simbolo dell’Unione Europea non rappresenta uno spazio geografico, ma
un preciso spazio politico che si qualifica attraverso le politiche di
austerità e che in Italia si è concretizzato nella legge Fornero, nel
Jobs Act, nella cancellazione dell’art.18, nel decreto sicurezza
Minniti-Orlando, nella privatizzaizone dei servizi pubblici. Allora quel
“senza simboli” si traduce in altro: alcuni simboli si ed altri no! Ma
chi è a deciderlo? Su quali basi? Non si è capito ancora che il
sovranismo trova linfa proprio nelle poltiche d’austerità? Non si è
capito ancora che sono due facce della stessa medaglia e che si
spalleggiano a vicenda?
“Senza violenza” veniva detto. Gli organizzatori hanno accostato la
violenza alla bandiera rossa e all’antifascismo qualificandola come
“provocazione di sinistra al pari di quelle della destra e di Salvini”.
Ancora una volta siamo alla logica degli “opposti estemismi” che ricalca
la logica con cui sempre l’Unione Europea ha votato una risoluzione in
cui equipara il nazifascismo e il comunismo. Un’affermazione che se
dovessimo qualificare con un modo di dire popolare “è proprio
democristiana”.
Ma gli organizzatori, che negano il microfono cantando “Bella Ciao”,
sanno di che colore fosse la bandiera che i Partigiani fiorentini
impugnavano quando l’11 agosto del 1944 liberarono Firenze?
Il quadro che abbiamo davanti è molto piu’ complesso e variegato di
quanto sia emerso dal palco di Piazza della Repubblica e allo stesso
tempo svilisce il significato e le potenzialità di quella Piazza. Siamo
davanti ad una massa quantitativamente importante che in modo positivo e
genuino riempie uno spazio politico, ma a questa massa viene negata la
possibilità di un confronto assembleare come abbiamo visto in tante
altre piazze: a Madrid, a Barcellona, ad Atene e nelle realtà
nordafricane nelle piazze della cosiddetta “Primavera Araba”.
Da parte degli organizzatori vediamo una spasmodica ricerca
dell’esposizione mediatica, il frenetico viaggiare da una piazza
all’altra per gestire palchi e microfoni ma non vediamo la stessa
ricerca di confronto con la base di cui si dichiarano rappresentanti. Ci
sembra che questi spazi siano ancora piu’ risicati di quanto non fossero
quelli che hanno visto la nascita del M5S.
Ci sembra che oggi gli organizzatori abbiano la ferma volontà di far in
modo che questo sia e rimanga un “movimento d’opinione” che troverà il
suo naturale sbocco in qualche tornata elettorale.
Ma veramente le migliaia di Sardine scese in piazza in queste settimane
vogliono solo questo?
Ci sembra poi che gli elementi di novità proposte dagli organizzatori
siano solo superficiali, ma guardando in modo un poco piú attento la
realtà sia ben diversa.
Ormai da tempo assistiamo alla sostituzione delle idee con le persone,
delle proposte con i leader, del dibattito con la faccia presentabile.
Ormai da anni assistiamo al tentativo di togliere alle piazze ogni
riferimento storico, politico e culturale.
Ormai da anni assistiamo alla semplificazione sempre più marcata di ogni
contenuto con l’obiettivo di essere in tanti.
L’impronta che gli organizzatori vogliono dare al movimento ci sembra
proprio questa. Un’impronta anch’essa populista che eleva a problema dei
problemi “i toni della politica” guardando alla forma e senza badare a
sostanza e contenuti.
Ma per fare cosa?
Ma dove sarebbero le novità?
Dalle tv abbiamo sentito piú volte Sartori dire che il movimento deve
“far riflettere” la sinistra. Ma lui e gli altri organizzatori hanno
riflettuto sul fatto che la destra si è trovata davanti un’autostrada
proprio da quando i partiti storici della “sinistra istituzionale” hanno
scelto di rinnegare i propri simboli e in propri valori?
Sartori sostiene che il messaggio di quelle piazze siano “i corpi”
stessi presenti in quelle piazze: ma allora perchè una bandiera suscita
tanto scalpore e non la presenza del sindaco Nardella che incarna
un’idea precisa e complessiva di spazio pubblico, schiacciato e
trasformato dall’opprimente retorica del decoro?
Noi crediamo che questa realtà possa emergere solo attraverso il
confronto e la dialettica assembleare e che se esistono divergenze e
posizioni differenti sarebbe giusto e necessario avessero modo di
confrontarsi ed essere affrontare e sviscerate.
Vorremmo ci si confrontasse sulle condizioni di lavoro, sulla sicurezza
sul lavoro, vorremmo palare di scuola, vorremmo parlare dei decreti
sicurezza, vorremmo si parlasse di come sostenere le lotte degli operai
che vedono chiudere le loro fabbriche come sta succedendo per esempio
alla Bekaert, vorremmo si parlasse del TAV, dell’Ilva, del cambiamento
climatico, delle aggressioni fasciste, razziste, omofobe, sessiste.
Perchè gli organizzatori hanno voluto e continuano a negare
quest’ipotesi? Inutile altrimenti cantare “Bella Ciao” e sbandierare la
carta costituzionale se poi si viene meno ai principi della libertà
d’espressione e confronto.
Quella bandiera stava lí a rappresentare questo: un’idea complessiva di
ciò che non vogliamo di questa società e la spinta a cercare di
costruirne una che superi le logiche dello sfruttamento, delle
disuguaglianze e della guerra.
Visto che dal palco di Piazza Repubblica sono state fatte alcune
citazioni vogliamo chiudere aggiungendone una ulteriore di Bertold
Brecht: “tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della
violenza degli arigini che lo costringono”.
Centro Popolare Autogestito fi*sud
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