Preso spunto da <F> propongo questa rivisitazione. Ciao vlad
Da più parti, e nei più svariati ambiti, assistiamo ad un trionfo della
semplificazione associato ad un generale decadimento della qualità più
importante per un essere umano, che parte dalla capacità di discernere
e comprendere i meccanismi in atto per arrivare ad intraprendere una
decisione. Se su un piatto della bilancia abbiamo la dipendenza dal
sistema, servitu' piu' o meno interiorizzata di facile assimilazione,
sull'altro dobbiamo porre la ricerca, difesa, valorizzazione ed
incremento di una scelta di autonomia e del relativo contesto che la
rende possibile: il diavolo si trova nei dettagli. L'omologazione
-distruzione di ogni contesto tramite irrigidimento dell'istituzione-
corrisponde alla necessità di contenere una situazione sociale che
prevede un orizzonte di miseria sempre più incalzante, e si rende
necessaria quando i governati mostrino un temperamento incline alla
ribellione ed ostile al controllo.
Il dominio incontrastato della ragione, causa e risultato di un tenore
di vita ai più alti livelli della social democrazia (a spese degli
sfruttati), pare istintivamente disumano a chi parta da altre
espressioni di umanità, bollate dalla storia (che ricordiamo essere da
sempre la storia dei vincitori) come utopie. Ma queste utopie possono
essere tentativi di mettere in atto società complesse, la somma di
tutte le complicazioni necessarie se vogliamo parlare di libertà. Alla
loro base, stanno passione e complessità. Ma oggi assistiamo invero al
trionfo della semplificazione.
Uomini senza passione o empatia
Non la gioia, non il brivido
verso ciò che non conoscono
l'ignoto? il salto nel buio?
Partendo dall'empatia e scendendo a compromessi con la ragione, tra le
qualità della propria utopia - passione potremmo indicare l'equilibrio
tra raziocinio e spregiudicatezza, tra autorità e potere, tra
insubordinazione ed umiltà. La consapevolezza di sè, la famosa
coscienza, cresce misurandosi con le coscienze degli altri con cui
siamo in relazione, con il sentirsi parte di un tutto, con l'uscire
allo scoperto nell'avventura sociale, con il sentirsi liberi nonostante
tutto intorno cerchi di subordinarci al 'dogma' secondo il quale la
nostra capacità di autodeterminazione deve essere rintuzzata
dall'osservazione di rituali e leggi volte alla governabilità. Serve a
nulla distinguere tra differenti modalità di governo quando queste
condividono le medesime basi, e quando l'unico potere per noi degno di
nome non ammette l'istituzione della sopraffazione e del privilegio, ma
si fonda sull'autorevolezza che siamo in grado di riconoscere ed
apprezzare.
L'autorità in questa società malata deriva da un principio mantenuto
con la forza. Un principio, che opera dunque dall'inizio del processo
sociale, per impedirne altri sviluppi. A questo principio, in un quadro
più desolante, possiamo associare la pretesa autonomia da parte delle
scienze nei confronti delle arti. La storia degli ultimi secoli mostra
come l'autonomizzarsi delle scienze dal consesso delle arti chiuda
definitivamente la partita verso il progredire del pensiero inteso come
un tutto. L'unico ad andare avanti è il pensiero scientifico. Ma senza
sinergia nè confronto con altre facoltà del pensiero, la direzione è
quella già individuata... da profitto, sfruttamento e controllo
sociale.
Quel sistema che sotto il nome di "capitalismo" ha emancipato ed
autonomizzato su scala globale il "mercato" ha fatto diversi salti di
prospettiva. Spazzati via i campi locali della comunità e del
confronto, costruito il campo del pensiero unico - assolutamente
inopinabile -, ci prospetta come ineluttabile una dittatura della
semplificazione che avrebbe del fantascientifico se non fosse reale.
L'internet delle cose nasce per realizzarla. Id2020 : agenda digitale
globale. Necessario corollario: il fascismo sanitario