[Retenowar] Popoff Quotidiano. Lampedusa sia porta d’umanità…

Üzenet törlése

Válasz az üzenetre
Szerző: Alessio Di Florio
Dátum:  
Címzett: fori-sociali, pescarafree, retenowar, reteantirazzista
Tárgy: [Retenowar] Popoff Quotidiano. Lampedusa sia porta d’umanità e non della fortezza Europa
http://popoffquotidiano.it/2014/10/09/lampedusa-sia-porta-dumanita-e-non-della-fortezza-europa/
https://www.facebook.com/peppinoimpastatoritaatria/photos/a.606487682726836.1073741828.583495828359355/807755775933358/?type=1&relevant_count=1

Lampedusa sia porta d’umanità e non della fortezza Europa 09 ottobre
2014 Lascia
un commento
<http://popoffquotidiano.it/2014/10/09/lampedusa-sia-porta-dumanita-e-non-della-fortezza-europa/#respond>
2
<http://popoffquotidiano.it/2014/10/09/lampedusa-sia-porta-dumanita-e-non-della-fortezza-europa/#>

- Views 21
- Likes
<http://popoffquotidiano.it/2014/10/09/lampedusa-sia-porta-dumanita-e-non-della-fortezza-europa/#>
- Rating 12345

Un anno dopo la tragedia in cui persero la vita 368 persone, migliaia di
associazioni, movimenti, comitati, singole persone hanno espresso il suo
commosso ricordo chiedendo impegni reali perché i migranti trovino umanità
e non lager, criminalizzazioni, sfruttamento, rifiuto.



di *Alessio Di Florio*

[image: Naufragio a Lampedusa]

«Ali veniva, poniamo, da Zako. Portava in tasca un pane di sesamo comprato
in fretta con gli ultimi spiccioli … Ali, poniamo, aveva una ragazza
rimasta sola la famiglia fuggita in Germania, con lei aveva sognato
l’Europa … si chiamava Leyla, poniamo era calda la mano di Leyla …Sotto le
stelle di Zako mille Ali sognano l’Europa in Europa sogneranno il ritorno e
nella nebbia di Amburgo, poniamo, nella gelida nebbia senza stelle Huseyn
bussa a una porta ha da consegnare una cattiva notizia un pane di sesamo
secco e un fiore stecchito…». Sono versi di una commovente poesia di Dino
Frisullo del 2000. Quattordici anni fa Dino raccontava l’odissea dei kurdi
che s’imbarcavano sognando l’Europa e con nel cuore la donna amata a cui
donare un avvenire migliore. Ma troppo spesso questo sogno s’infrangeva
prima o sulle coste italiane…



«Mio adorato amore, per favore non morire, io ce l’ho quasi fatta. Dopo
mesi e giorni di viaggio sono arrivato in Libia. Domani mi imbarco per
l’Italia. Che Allah mi protegga. Quello che ho fatto, l’ho fatto per
sopravvivere. Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi è
possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me. Se leggerai
questa lettera, io sarò salvo e noi avremo un futuro. Ti amo, tuo per
sempre Samir». Questa lettera Samir, un giovanissimo egiziano, la custodiva
con sé ed è stata trovata a Pozzallo dopo il naufragio nel quale ha perso
la vita nell’agosto scorso. Son passati 14 anni dai versi di Dino e
migliaia di Alì e Samir hanno trovato la morte mentre cercavano di
conquistare un sogno.



Un anno fa, di questi giorni, si spezzavano i sogni e le vite di decine di
Alì e Samir, la cronaca raccontò di 368 donne, uomini e bambini che il mare
restituì senza vita. 368 persone, 368 sogni (senza contare le migliaia di
persone che potrebbero non sapere mai di averli salutati per l’ultima volta
prima che partissero) infranti per sempre. L’Italia dei Cie (ex Cpt),
l’Italia delle bufale razziste e xenofobe, l’Italia a pieno titolo
protagonista della Fortezza Europa ha mostrato un pianto commosso per
alcuni giorni, una discreta passerella istituzionale si accostò alle bare e
affermò che mai più avrebbe permesso tragedie come quelle. La morte di
Samir, le tantissime tragedie che si son ripetute in questi mesi e che si
continuano a ripetere sono lì ad interrogare le coscienze e stringere i
cuori. Senza tutti i riflettori dell’anno scorso, anche quest’anno c’è
stata una passerella istituzionale identica all’anno scorso. Ma di abolire
la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini, i decreti sicurezza degli anni scorsi,
sostituire alla militarizzazione delle frontiere una reale e umana
accoglienza, impegnarsi realmente per cancellare per sempre sfruttamento,
crimini quotidiani (è cronaca recentissima l’inchiesta di un noto
settimanale sugli stupri da parte dei caporali a Ragusa mentre è in corso a
Nardò il primo processo in Europa per “riduzione in schiavitù” come
racconta il film “Schiavi – le rotte di nuove forme di sfruttamento” di
Stefano Mencherini) son parole che non si sono udite.



Ma se Cristo non si è fermato ad Eboli neanche l’Italia si ferma così. È
andata oltre la “commemorazione” istituzionale l’iniziativa di migliaia di
cittadini italiani, che non si sono solo autenticamente commossi al ricordo
della tragedia dell’anno scorso ma stanno unendo la propria voce per
costruire un’Italia e un’Europa umana e solidale. Un appello, partito dal
percorso della “Carta di Lampedusa”, che ha visto decine di firmatari, tra
cui il nostro direttore Checchino Antonini, Antonio Mazzeo, il Centro
Sociale Autogestito Zona 22 di San Vito Chietino (Abruzzo), lo storico
Antonio Moscato, Sinistra Anticapitalista, le associazioni A Sud,
Senzaconfine, la Rete Antirazzista Catanese, i comitati No Muos,
l’Associazione Antimafie Rita Atria, l’Associazione Culturale Peppino
Impastato, associazioni e comitati antirazzisti di tutta Italia e
tantissimi altri, a cui si stanno continuamente aggiungendo migliaia di
persone, associazioni, movimenti, comitati come un fiume che non si vuol
più arrestare. Un appello che ha ben presente «la stretta connessione che
esiste tra i conflitti in corso e le persone che in questi mesi hanno
raggiunto l’Europa passando per il Mediterraneo», e che ricorda «più del
trentacinque per cento di loro sono siriani/e. Gli/le altri/e sono in larga
parte eritrei/e, somale/i, palestinesi, curdi/e».

[image: Lampedusa, le bare nell'hangar]

Questa la parte propositiva e centrale dell’appello:

*Le banalizzazioni e le semplificazioni dei discorsi istituzionali fanno
rabbrividire in questo momento più che mai. Ancora di più, spaventa
l’assunzione in buona fede di tante e tanti della logica del salvataggio in
mare come l’unica possibile. Una logica che inevitabilmente alimenta la
commistione ormai strutturale tra umanitario e militare e legittima il
dibattito in corso tra l’Italia e l’Europa sul passaggio dall’operazione
Mare Nostrum a una versione di Frontex imbellettata per l’occasione.*

*Non si può continuare a dare per presupposto che chi fugge debba rischiare
la propria vita per raggiungere il Mediterraneo e dalle sue coste mettersi
in viaggio sperando che qualcuno lo intercetti e lo salvi. Pur consapevoli
che è alle cause delle guerre che oggi bisogna guardare, e fino a che punto
l’Unione europea sia complice di queste guerre e la prima responsabile
delle morti in mare (altra forma o continuazione della guerra), le prime
rivendicazioni che adesso si devono portare avanti sono per noi:*

*L’abolizione immediata del sistema dei visti d’ingresso e l’istituzione di
un diritto di asilo senza confini, che sopprima definitivamente la logica
del Regolamento Dublino in tutte le sue versioni, permettendo la reale
libertà di movimento di chi chiede protezione internazionale in Europa e
garantendone il diritto di restare dove sceglie.*

*La costruzione immediata di percorsi di arrivo garantito che portino le
persone in salvo direttamente dalle zone dei conflitti o immediatamente
limitrofe ad esse fino all’Europa, mettendo a tacere ogni ipotesi di
esternalizzazione dell’asilo politico nei cosiddetti “paesi di transito”
extra Ue, come la Libia, l’Egitto, o la Tunisia, oggi più che mai incapaci
di offrire i minimi standard di tutela dei diritti dei migranti.*

*La diffusione di un’accoglienza degna, che rispetti le vite e i desideri
degli uomini e delle donne che arrivano in Europa e si sostituisca
interamente alla logica dell’emergenza e della speculazione sull’emergenza.*

*La lotta senza quartiere contro tutte le campagne politiche e mediatiche
di criminalizzazione dei migranti che, a solo un anno dal naufragio del 3
ottobre, tornano più che mai irresponsabilmente e indegnamente a connotare
come “clandestini” i profughi in fuga dai conflitti, e ad allarmare la
popolazione con inventati pericoli di epidemie e infiltrazioni
terroristiche attraverso le rotte dell’asilo, alimentando senza ritegno la
cultura dell’odio, della paura, dello “scontro di civiltà” e
dell’islamofobia a fini demagogici.*