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Scarpino, indaga la Corte dei Conti «Danni ambientali ed economici»
L’emergenza scoppiata alla fine del 2013 e proseguita per mesi, che ha visto sversare migliaia di metri cubi di liquami nel rio Cassinelle è solo l’ultima scintilla. Ma, più in generale, è la gestione a 360 gradi della discarica di Scarpino, e in particolare di quanti e quali rifiuti siano finiti nel corso degli anni nelle profondità della collina, a essere ora nel mirino.
Promette di far tremare almeno un paio di generazioni di amministratori pubblici - comunali, in particolare - e di Amiu l’indagine della Corte dei conti sull’impianto appena finito sull’orlo della chiusura e il cui utilizzo resta ancora sub iudice. Perché vincolato , come imposto dalla Provincia di Genova, a una serie di limitazioni e alla rapida realizzazione di interventi che ne garantiscano la globale sicurezza.
L’ipotesi dei magistrati contabili - li coordina il procuratore regionale Ermete Bogetti - è che l’andazzo proseguito per molti anni abbia procurato un indebito e più che sostanzioso danno alle finanze pubbliche, oltreché all’ambiente. Una gestione proseguita nella sostanziale inerzia di quanti nel tempo hanno avuto voce in capitolo, su tutti il Comune di Genova e l’azienda di cui è azionista al 100% - Amiu - fino alla stessa Provincia.
Gli accertamenti della Corte dei conti, concentrati sull’analisi di centinaia di documenti progressivamente acquisiti dalla guardia di finanza, sono legati a doppio filo al contemporaneo lavoro della magistratura penale. Inchiesta, quest’ultima, che ha già prodotto cinque indagati. Uno dei punti di svolta di entrambe le indagini è stato questo: ciò che è accaduto a Scarpino, negli ultimi anni, almeno agli occhi della Procura e dei pm, era fuorilegge. Sotto due profili, tra gli altri: la mancata separazione tra frazione secca e umida dell’immondizia, obbligatoria, e dal punto di vista della gestione del percolato, il liquido inquinante prodotto dalla disgregazione dei rifiuti e in particolare dal quella “organica”.