http://coordinamentomigranti.org/2013/11/02/granarolo-179-volte-dalla-parte-dei-padroni-bossi-fini-permesso-di-soggiorno-e-repressione/
Granarolo: 179 volte dalla parte dei padroni. Bossi-Fini, permesso di
soggiorno e repressione
Mentre annuncia che sono partite ben 179 denunce in pochi mesi in seguito
agli scioperi e ai blocchi alla Granarolo, il Questore di Bologna si dice
«preoccupato» per la sorte dei permessi di soggiorno dei facchini in
lotta. Come spesso accade, il rappresentante delle istituzioni attribuisce
ai migranti una scarsa conoscenza delle leggi italiane. La verità è però
un’altra: i migranti conoscono le leggi italiane, perché ci devono
combattere ogni giorno. Sanno benissimo come funziona il ricatto del
permesso di soggiorno e che, senza quel ricatto, nelle cooperative che
operano alla Granarolo come in altri stabilimento del comparto della
logistica e della grande distribuzione, non lavorerebbero quasi
esclusivamente migranti. Per questo, il 23 marzo scorso, così come di
fronte alla Granarolo, all’Interporto, negli altri luoghi dove da mesi i
facchini sono in lotta, le rivendicazioni sul salario sono state
accompagnate da uno slogan semplice quanto efficace: “basta sfruttamento,
basta Bossi-Fini!”. Ma c’è di più: Questura e Prefettura sono a conoscenza
da anni del rischio per i migranti di perdere il permesso di soggiorno a
causa della crisi, della perdita di lavoro, dei bassi salari. Come
dovrebbero sapere che i licenziamenti arbitrari decisi dalla Granarolo, le
buste paghe false, i mancati versamenti dei contributi sono tutte cose
«fuori da ogni regola di convivenza civile». I migranti della logistica le
conoscono tutte bene e sanno che sono già una minaccia diretta al permesso
di soggiorno. Il sistema di sfruttamento cresciuto in questi anni è il
figlio di quella «legalità» che il Questore dice essere la sua guida.
Si tratta della stessa presunta «legalità» di una Questura e una
Prefettura che regolarmente fanno passare mesi per un normale rinnovo del
permesso di soggiorno, o rilasciano la cittadinanza con tempi regolarmente
più lunghi di quelli previsti, costringendo i migranti a rincorrere i
documenti. Di fronte a questa vera «emergenza» prodotta dalla legge
Bossi-Fini e dalle istituzioni che di fatto la gestiscono, però, il
Questore e il Prefetto – e non solo loro – tacciono, nonostante i migranti
rappresentino in alcuni comparti produttivi la maggioranza degli addetti.
Colpisce che questo dato politico fondamentale sia trascurato anche da chi
è senza dubbio dalla parte di questi lavoratori e lotta con loro. Solo in
momenti come questi si scopre che questi lavoratori sono migranti e che i
destini di coloro che lottano insieme rischiano di essere drammaticamente
diversi.
I migranti sono tuttavia assolutamente consapevoli di quello che stanno
facendo. Lo sono al punto da non interpretare le parole del Questore come
una minaccia di fronte a ogni possibile mobilitazione futura. La violenza
della legge Bossi-Fini viene comunque svelata nella sua funzione più
importante, vale a dire quella intervenire direttamente nei rapporti di
lavoro. E mai come in questi casi è chiaro da che parte sta la legge
Bossi-Fini.
Coordinamento Migranti – movimento dei/delle migranti contro razzismo e
sfruttamento