[nuovopci] Il fallimento del PRC può e deve contribuire alla…

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Auteur: \(nuovo\) Partito comunista italiano
Date:  
À: npci.inter
Sujet: [nuovopci] Il fallimento del PRC può e deve contribuire alla rinascita del movimento comunista!


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Comunicato CC 30/2013 - 18 luglio 2013


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Ai compagni che sinceramente si professano comunisti e vogliono
ricostruire il PRC

IL FALLIMENTO DEL PRC PUÒ E DEVE CONTRIBUIRE ALLA
RINASCITA DEL MOVIMENTO COMUNISTA!

Noi comunisti vinceremo non perché
non sbagliamo, ma perché impariamo dai nostri errori

Il materialismo
dialettico insegna a noi comunisti, che vogliamo instaurare il
socialismo, che dobbiamo considerare ogni individuo e ogni gruppo non
principalmente per quello che dice, meno ancora per quello che pensa di
essere e ancora meno per quello che dice di essere. Dobbiamo considerare
ogni individuo e ogni gruppo principalmente per il ruolo che svolge e
per il ruolo che, in determinate condizioni, può svolgere nel corso
delle cose che noi comunisti vogliamo e possiamo indirizzare verso
l'instaurazione del socialismo.

Le elezioni del 24 e 25 febbraio hanno
confermato la scomparsa del PRC dal Parlamento della Repubblica
Pontificia verificatasi già con le elezioni del 2008 e per di più hanno
determinato l'ingresso alla grande nel teatrino della politica borghese
di una ben più forte e dinamica espressione della sinistra borghese, il
M5S (a proposito del quale rimandiamo al Comunicato CC 29/2013 del 9
luglio [7] e agli articoli dedicati di _La Voce_ n. 44 [8] appena
uscita). La sconfitta elettorale ha significato un ulteriore passo nella
dissoluzione per un partito, il PRC, che in qualche modo dal 1991
continuava il vecchio PCI alla cui dissoluzione i promotori del PRC si
erano opposti.

Il PRC oggi esiste ancora _in quanto_ assieme di gruppi
di potere nelle istituzioni locali della Repubblica Pontificia (nelle
regioni, nelle province e nei comuni), _come_ circoli di compagni che
ognuno a suo modo si mantiene "fedele all'ideale" e svolge una qualche
attività locale, è in contatto con altri circoli e partecipa a incontri
nazionali, _come_ organismi nazionali residui che hanno dato luogo alla
Conferenza Programmatica del 29 giugno e alla riunione del Comitato
Politico Nazionale del 30 in vista di un congresso straordinario.

La
sconfitta di febbraio ha accentuato il fermento per ricostruire il PRC
che già era notevole dopo la sconfitta elettorale del 2008. In questo
fermento si vanno delineando tre orientamenti significativi. In alcuni
casi i tre orientamenti si combinano ancora in uno stesso individuo e in
uno stesso circolo. Ma si tratta di orientamenti del tutto diversi,
incompatibili. Quindi la lotta li farà distinguere e separare. Di fronte
a ogni individuo, gruppo e iniziativa noi comunisti dobbiamo tener conto
da subito in che misura questi tre orientamenti sono presenti e come si
combinano, per individuare la sinistra e rafforzarla onde egemonizzi il
centro e isoli la destra.

_Un primo orientamento_ è quello dei
politicanti, degli affaristi, dei gruppi di potere. Le persone e i
gruppi in cui prevale questo orientamento sono irresistibilmente legati
al PD, al centro-sinistra, alla destra moderata o peggio. Nei confronti
di persone e gruppi in cui predomina questo orientamento, dobbiamo agire
come agiamo nei confronti di individui e gruppi della destra moderata
(PD e associati), tenendo però conto anche della particolarità
costituita dalla lotta che ogni individuo e ogni gruppo zona per zona
deve condurre per tenersi a galla. Noi siamo materialisti dialettici e
facciamo una politico di principio mirata all'instaurazione del
socialismo. Quindi non condividiamo affatto la linea di quelli che
predicano "nessun dialogo è ammesso con ...". A secondo dei casi, questa
linea è espressione o di un atteggiamento infantile di compagni insicuri
del proprio orientamento ideologico e politico che cercano di
rassicurarsi erigendo barriere organizzative o un sotterfugio di corte
vedute per mantenere unite e accrescere le proprie file. Noi andiamo
dovunque è utile per il fine che perseguiamo, perché abbiamo chiara la
nostra strategia e la nostra tattica e facciamo analisi concreta di ogni
concreta situazione e in ogni ambito raccogliamo e promuoviamo quello
che serve a raggiungere il nostro obiettivo: la costituzione del Governo
di Blocco Popolare, l'instaurazione del socialismo. Il materialismo
dialettico ci insegna che ogni cosa è quello che è, ma è anche quello
che non è ma, a determinate condizioni, può diventare perché ne ha in sé
i presupposti. Il materialismo dialettico ci insegna a trovare il modo
di volgere a nostro favore le mosse e la forza dei nostri nemici.

_Un
secondo orientamento_ è quello dei compagni che si prefiggono solo di
formare, che aspirano a formare movimenti attorno a piattaforme
rivendicative, ad animare proteste, manifestazioni e referendum. I
compagni e i gruppi in cui prevale questo orientamento sono espressione
tipica della sinistra borghese, nei suoi aspetti positivi (il
malcontento per lo stato presente delle cose e la protesta) e nei suoi
aspetti negativi (il disfattismo e la demoralizzazione che alimenta tra
le masse popolari con l'inconcludenza e la sterilità dell'attività che
promuove, derivanti dal fatto che resta chiusa nell'orizzonte della
società borghese, cioè della società in cui la produzione di beni e
servizi è fatta da aziende che hanno come scopo e misura ognuna la
valorizzazione del proprio capitale). La sinistra borghese è importante
per l'influenza che ancora ha tra le masse popolari. Ma noi non ci
occupiamo qui dei criteri con cui dobbiamo condurre la nostra azione nei
suoi confronti: ce ne siamo già più volte occupati e abbiamo in corso
varie esperienze.

_Un terzo orientamento_ è quello dei compagni che in
qualche modo sono convinti che occorre un partito comunista. In
Appendice a questo Comunicato pubblichiamo il Resoconto (diffuso dai
promotori) dell'incontro che un gruppo di questi compagni ha tenuto lo
scorso 23 giugno a Firenze. Si presta bene a introdurre quanto è
necessario dire a questi compagni e di questi compagni. A conferma e
chiarimento di quanto diremo qui di seguito, sempre in Appendice
pubblichiamo un articolo comparso sul n. 44 (luglio 2013) della nostra
rivista _La Voce_.

Senza partito comunista è impossibile instaurare il
socialismo e andare verso il comunismo. Questa convinzione è l'aspetto
positivo che i compagni esprimono. Ma è un'aspirazione ancora troppo
generica: la proclama ancora perfino Paolo Ferrero ("Rifondazione ...
propone il tema del comunismo come nodo fondante la possibilità della
trasformazione, Rifondazione risponde di NO alla proposta di abbandonare
il tema del comunismo", ha scritto nella sua relazione alla Conferenza
Programmatica del 29 giugno a Roma). Per non parlare di Oliviero
Diliberto e del VII congresso del PdCI che si terrà a Chianciano Terme
dal 19 al 21 luglio. Aspirazione necessaria, ma per costruire il partito
comunista non basta neanche come orientamento di partenza. Bisogna usare
questa convinzione per tirare lezioni dalla realtà e dalla storia e
tracciare una linea. Ed è qui che invece i compagni riuniti in giugno a
Firenze come molti altri compagni che vengono dalle file del PRC (e del
PdCI) restano nel vago.

Il movimento comunista cosciente e organizzato
è nato con il _Manifesto del partito comunista_ del 1848, ha più di 160
anni di vita e ha svolto un ruolo determinante nella storia di questo
periodo a livello mondiale. Non ha però ancora raggiunto il suo
obiettivo, dopo l'esaurimento della prima ondata della rivoluzione
proletaria svoltasi nella prima parte del secolo scorso, è frantumato in
decine di organismi nazionali e internazionali di orientamenti
differenti che si professano comunisti. Chi vuole seriamente ricostruire
il partito comunista deve quindi dichiarare i propri obiettivi e il
proprio metodo di lotta e posizionarsi rispetto alla concezione
comunista del mondo.

Oggi nel nostro paese chi vuole seriamente il
partito comunista deve dare risposte serie ad alcune domande di fondo.
Se non le dà, inevitabilmente si confonde tra i tanti malcontenti dello
stato attuale delle cose che di fronte agli effetti devastanti della
crisi del capitalismo esprimono aspirazioni di buon senso che lasciano
il tempo che trovano: dividere il lavoro che c'è, riduzione dell'orario
a parità di salario, reddito di cittadinanza e altre ancora. Lasciano il
tempo che trovano, perché sono realizzarle bisogna eliminare la base su
cui posa la società attuale: la produzione di beni e servizi affidata ad
aziende capitaliste.

Perché il vecchio PCI (e tanto meno il PRC che
tuttavia voleva continuare l'opera lasciata incompiuta dal vecchio PCI)
non ha instaurato il socialismo nel nostro paese né durante la prima
parte del secolo scorso quando la crisi del capitalismo sconvolse tutti
i paesi imperialisti né durante la seconda parte, ma al contrario da un
certo momento in poi ha via via perso la forza che aveva costruito tra
la classe operaia e le masse popolari? Perché gli altri partiti
comunisti dei paesi imperialisti nati con il vecchio PCI sulla scia
della Rivoluzione d'Ottobre hanno seguito un percorso sostanzialmente
affine? Avevano forse torto i grandi dirigenti del movimento comunista
(Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao, Gramsci) che hanno indicato la
rivoluzione socialista come unica rivoluzione possibile nei paesi
imperialisti, come futuro necessario dei paesi imperialisti, come
compito dei partiti comunisti dei paesi imperialisti?

Giustamente i
compagni riuniti in giugno a Firenze e altri con loro rifiutano di
ricostruire un partito principalmente strumento per rientrare nel
teatrino della politica borghese (quindi un partito fatto principalmente
per partecipare alle elezioni e che ha come suo scopo rientrare nel
Parlamento della Repubblica Pontificia). Giustamente rifiutano di
ridurre l'orizzonte del Partito alla coalizione contro le politiche
della Unione Europea e della Comunità Internazionale dei gruppi
imperialisti europei, americani e sionisti (la troika) e contro i
governi antidemocratici che le sostengono (orizzonte entro cui restano
invece Ross@ e le altre organizzazioni, organismi e movimenti della
sinistra borghese).

Ma quale è il socialismo e il comunismo di cui
essi parlano? Cosa significa oggi essere anticapitalisti? Che non ci va
bene il mondo come è: ma quale mondo vogliamo? Qual è il bilancio del
movimento comunista che ha guidato la grande trasformazione compiuta
dall'umanità nel secolo scorso e ha costruito i primi paesi socialisti
prima di perdere vigore ed esaurirsi lasciando nuovamente il terreno
libero per l'azione della borghesia imperialista e del clero che hanno
portato l'umanità alla catastrofe in corso? Fausto Bertinotti proclamò e
Paolo Ferrero conferma che è stato "una sequela di errori e orrori".
Oliviero Diliberto dice che l'umanità non è ancora matura per
l'instaurazione del socialismo. Eppure sia Ferrero che Diliberto di
professano comunisti!

È giusto rifiutare le correnti e i gruppi di
potere, espressione principalmente del primo dei tre orientamenti di cui
dicevamo sopra, ma la degenerazione del vecchio PCI e del PRC in
correnti e gruppi di potere non è stato il punto di partenza, ma il
punto d'arrivo e la morte del vecchio PCI. Rifiutare la morte è giusto e
necessario, ma tutto sommato è facile e se non si capisce come e perché
si è arrivati a questo punto, non se ne esce e un po' alla volta si
perde anche lo slancio a volerne uscire.

Un partito comunista
all'altezza dello scontro di classe in corso deve dare risposte alle
domande che abbiamo posto; deve tracciare una linea di costruzione del
Partito e di azione politica e sociale facendo tesoro dell'esperienza
passata del movimento comunista italiano e internazionale. È sbagliato
partire a caso, rifiutando una cosa perché non collima con abitudini e
gusti e abbracciandone un'altra perché è conforme alle nostre idee.
Perché si tratta giustappunto di mettere in discussione idee, gusti e
abitudini che hanno portato il PCI e poi il PRC al punto attuale.


Quali sono le sintesi avanzate, le strategie che i comunisti devono
abbracciare per ricostruire, per la rinascita del movimento comunista?


Prima o poi la pratica dimostrerà e confermerà che alcune sintesi,
strategie, concezioni sono giuste, come la Rivoluzione d'Ottobre
confermò che la concezione di Lenin era giusta, la vittoria sul
nazifascismo confermò che la concezione di Stalin era giusta, la
vittoria della Rivoluzione di nuova democrazia in Cina confermò che la
concezione di Mao era giusta. Ma chi vuole avere la conferma della
pratica, oggi non deve aspettare: deve sviluppare una pratica, deve
fare, deve costruire basandosi sull'esperienza, sul patrimonio di
scienza della società accumulato dal movimento comunista; deve elaborare
oggi l'esperienza traendone concezione, strategia e linea che la pratica
domani confermerà; deve usare il patrimonio teorico del movimento
comunista italiano e internazionale come guida della sua pratica:
ragionare, discutere, verificare nella pratica, costruire organizzazione
e promuovere la lotta di classe.

Non partiamo dal nulla. È un
vantaggio rispetto ai comunisti di cento o duecento anni fa: abbiamo un
patrimonio di esperienze, l'esperienza dei grandi successi raggiunti. Ma
abbiamo anche da fare il conto con le macerie e le sconfitte. Trarre
lezione dai successi e dalle sconfitte del movimento comunista che c'è
stato. Non basta dire: ricostruiamo! Occorre dirlo, tanti lo dicono ed è
un patrimonio prezioso. Ma per non disperderlo, bisogna dare risposte
adeguate a quello che c'è stato e alla situazione che dobbiamo
affrontare.

È quello che il nuovo Partito comunista italiano ha fatto.
Esso ha esposto le risposte nel suo Manifesto Programma [9] e le sta
traducendo in linea politica e in tattiche nella lotta di classe di ogni
giorno, verificando e arricchendo le risposte.

La crisi in corso non è
dovuta a questa o quella politica europea o italiana. Le politiche dei
governi e delle istituzioni europee sono manovre e contorsioni della
borghesia e del clero che cercano di guadagnare tempo di fronte alla
crisi del capitalismo. La sostanza di questa consiste nel fatto che
l'umanità non può più continuare a lasciare nelle mani di aziende
capitaliste la produzione dei beni e servizi che usa. La produzione dei
beni e servizi deve essere affidata ad agenzie pubbliche che lavorano
secondo un piano. L'intero sistema delle relazioni sociali, in ogni
paese e a livello internazionale, deve essere ricostruito su questa base
e a questa base devono adeguarsi i sentimenti, le aspirazioni e le idee
degli individui. Questo è un compito che riguarda tutta l'umanità,
perché la crisi del capitalismo colpisce e mette in questione tutta
l'umanit0. La lotta di classe che si svolge in ogni singolo paese è
parte delle lotta di classe a livello mondiale. Il primo paese
imperialista che romperà le catene della Comunità Internazionale dei
gruppi imperialisti europei, americani e sionisti aprirà la strada e
mostrerà la via anche alle masse popolari del resto del mondo, assumerà
a un livello più avanzato un ruolo analogo a quello che nella prima
ondata della rivoluzione proletaria, nella prima parte del secolo
scorso, svolse l'Unione Sovietica. Nel nostro paese in questa fase la
lotta di classe ha l'obiettivo di portare le masse popolari a
organizzarsi fino a costituire e fare ingoiare ai vertici della
Repubblica Pontificia un proprio governo d'emergenza, il Governo di
Blocco Popolare [10].

Sono queste risposte che offriamo e proponiamo
ai compagni che cercano la strada per costruire il partito comunista.
Dichiararsi contro correnti e gruppi di potere, contro il settarismo e
il dogmatismo è giusto, è necessario. Ma è solo il primo passo. Poi
bisogna misurarsi col secondo. Cosa fare? È a questo che il nuovo
Partito comunista ha dato una risposta e giorno dopo giorno la verifica
e la arricchisce. È a studiare, farsi forte della loro propria
esperienza, discutere e verificare che noi esortiamo tutti i compagni
che si professano comunisti, che vogliono un partito comunista
all'altezza dello scontro di classe in corso nel nostro paese e nel
mondo.

Se vuoi fare commenti proposte o critiche utilizza questo link
[2]

_**************_

_Per mettersi in contatto con il Centro del
(n)PCI senza essere individuati e messi sotto controllo dalla Polizia,
una via consiste nell'usare TOR [vedere _
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [11]_], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere _
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [11]_]. _


APPENDICE

1.

RESOCONTO INCONTRO DI FIRENZE 23.06.2013 PER
L'AUTOCONVOCAZIONE NEL PRC

7 luglio 2013

Da far circolare con
richiesta di risposta e di eventuali contributi scritti. Contatti:
autoconvocatiprc@???

Domenica 23 giugno a Firenze compagni e
compagne di diverse federazioni e appartenenze del PRC hanno risposto
all'appello ad un confronto aperto sulla necessità di rilanciare
Rifondazione in quanto partito comunista e non semplicemente "come" (o
"in") un soggetto genericamente di sinistra e geneticamente subalterno
(la sinistra del centrosinistra). Segno che, accanto a un certo evidente
scoramento e demoralizzazione che si vive in alcuni territori per le
continue batoste elettorali e arretramenti del progetto della
rifondazione, ci sono tuttavia tantissimi settori nel partito che al
contrario vogliono riprendere con forza un cammino credibile facendo
irrompere una posizione di classe e una nuova prospettiva rivoluzionaria
(non subordinata e dipendente solo dagli esiti elettorali) nel dibattito
del PRC. Dibattito oggi "ostaggio" di alcuni dirigenti e delle proprie
esternazioni poco più che personali.

L'interesse e la volontà di
confrontarsi "oltre e senza" le appartenenze di corrente (e con
l'intenzione dichiarata di non volerne formare un'altra) è stato
testimoniato, oltre che dagli interventi alla riunione, anche dai
numerosi contributi di chi era impossibilitato a partecipare e che però
ha chiesto di intervenire spedendo contributi e proponendo di mettere in
connessione il dibattito, gli appelli e le spinte autoconvocate in tutte
le federazioni del PRC.

Il dibattito è stato quindi animato dai
contributi di compagni/e di Milano, Como, Legnano, Asti, Torino,
Bologna, Pisa, Firenze, Siena, Perugia, Roma, Gaeta, Caserta, Napoli,
Cosenza, Palermo e Sulcis.

La convinzione comune emersa è che
l'autoriforma del partito (ormai non più rinviabile) non è possibile
semplicemente a partire da proposte partorite da alcuni dirigenti o dal
confronto tra correnti. Al contrario, va coinvolto tutto il corpo
militante del partito e messe in comunicazione le energie positive che
ancora ci sono con il dibattito e l'iniziativa anche del resto del
movimento comunista e anticapitalista organizzato e non.

Le
prospettive che finora sono state delineate dalla dirigenza del PRC,
senza una radicale svolta, sembrano orientate solo alla mera
sopravvivenza con proposte che porterebbero allo scioglimento di fatto
del nostro patrimonio politico-organizzativo dentro una sinistra
genericamente "alternativa" oppure porterebbero all'auto-estinzione per
lenta consunzione. Questa ci sembra la naturale conseguenza delle scelte
politiche di anni in cui il partito è stato pensato principalmente (se
non esclusivamente) come veicolo istituzionale-elettorale al pari di
tutti i progetti unitari prima improvvisati e poi abbandonati in questi
ultimi 5 anni. Se non si segna una discontinuità e non si inverte la
rotta su questo punto il rischio della liquidazione della storia di
questo pezzo importante del movimento comunista italiano è altissimo.


Una delle cause della mancanza di valorizzazione del dibattito che
viene dal corpo del partito e della mancanza di sintesi avanzate,
dipende sicuramente dalla cementificazione correntizia che è ormai
degenerata nella costituzione di vere e proprie cordate per
l'auto-tutela di propri mini-gruppi dirigenti. Questo rischia di
svuotare di senso anche gli organismi del partito nella misura in cui il
dibattito è fondamentalmente pre-costituito da questa degenerazione
delle componenti. Ovviamente la critica e la lotta contro questa
cristallizzazione non può significare le negazione di una dialettica
vera tra differenti impostazioni nel partito che deve trovare però
traduzione nel coinvolgimento di tutto il corpo militante e non essere
ostaggio di "trattative" in segrete stanze tra capi-cordata. Allo stesso
modo è da rigettare ogni tentativo di utilizzare strumentalmente questa
critica alla paralizzazione correntizia per favorire meccanismi
populistici di gestione personalistica e bonapartista del partito con
l'allargamento di meccanismi "maggioritari" nella selezione del gruppo
dirigente.

La nostra critica alla degenerazione correntizia, al
contrario: 1) va nel senso del rispetto e della valorizzazione delle
differenti posizioni nel dibattito; 2) implica quindi un suo
allargamento a tutti i quadri e militanti e non a una sua ulteriore
"privatizzazione"; 3) mira alla ricerca di sintesi avanzate comuni in
cui tutto il partito possa riconoscersi in un'azione politica efficace.


Nonostante questo quadro, c'è ancora una parte del partito nei circoli
e nelle federazioni locali che non si arrende e autonomamente produce
dibattito e iniziativa di classe. Sono queste energie che vanno a nostro
avviso valorizzate per rilanciare la rifondazione di un partito
comunista all'altezza dello scontro di classe oggi e al centro della
proposta di un ampia coalizione anticapitalista contro le politiche
della troika e i governi nazionali antidemocratici che le sostengono
(anche e soprattutto quando sono sostenuti dal PD e dal centrosinistra).
Per questo non ci proponiamo un "patto tra aree" o la costituzione di
nuove "componenti", ma l'autoconvocazione delle compagne e dei compagni
come "campo neutro" in cui confrontarsi sulle strategie dei comunisti al
di là e indipendentemente da correnti e consorterie varie.

L'invito
quindi è ai compagni ed alle compagne di tutti i territori ad
autoconvocarsi e a prendere l'iniziativa con coraggio per salvaguardare
il partito dalla liquidazione, ma anche per rilanciarlo nel vivo della
lotta di classe e di un processo di ricomposizione che sappia rimotivare
anche la vastissima diaspora persa in questi anni. Non ci interessano
processi di unificazione a freddo tra gruppi dirigenti o la creazione di
contenitori che non uniscano innanzitutto le strategie dei comunisti.
Tuttavia per riavviare questo processo dobbiamo essere consapevoli delle
difficoltà e che nessuno è oggi autosufficiente. Non a scioglimenti
improvvisati, ma alla fusione delle migliori energie dobbiamo puntare.


Auspichiamo che in ogni territorio i pochi o tanti compagni
disponibili prendano in mano, in completa autonomia, questo processo di
"autoconvocazione" e che si metta in comune il dibattito aprendo un
confronto finalmente strategico su come i comunisti e le comuniste
possano tornare ad essere utili alle classi sociali di riferimento e
alla prospettiva di un'alternativa di sistema al capitalismo in crisi e
al suo modo di produzione.

Alcuni punti fondamentali del dibattito che
abbiamo individuato, e attorno ai quali ragionare il rilancio di una
prospettiva comunista credibile, sono a nostro avviso:

- la democrazia
nel partito (coinvolgimento diretto, militanti, quadri, ruolo giovani e
democrazia di genere, ecc...);

- la ridefinizione degli obiettivi
strategici in senso marxista (uscita dal capitalismo e non suo
"miglioramento" o "condizionamento");

- il rilancio del PRC come
partito comunista e il collegamento col dibattito del resto del
movimento comunista che si pone senza settarismi lo stesso obiettivo;


- la definizione di una linea di classe per la fase (alternatività al
PD, rottura con la UE del capitale finanziario e con la Nato, indirizzo
sindacale di classe, partito comunista e fronte anticapitalista anti-BCE
come due momenti necessari ma distinti, definizione di un programma
minimo di classe e non solo di un programma elettorale);

- la
ridefinizione conseguente del modello di partito (radicamento nei luoghi
di lavoro, territori come luoghi di organizzazione di conflitto,
formazione permanente, rilancio autonomo della giovanile).

Altre
questioni ovviamente possono e devono essere tematizzate, discusse e
sintetizzate in proposte.

Si fa appello quindi a ogni territorio,
circolo, federazione o gruppo di compagni/e che si autoconvoca di
produrre posizioni, approfondimenti e proposte e da mettere in
circolazione per suscitare dibattito. L'invito è di far discutere di
questi temi i circoli e le federazioni intere, laddove possibile,
chiedendo la convocazione di attivi degli iscritti ad hoc.

I due
laboratori già esistenti di Milano
(http://frontepopolare.wordpress.com/2013/04/16/per-il-partito-della-rifondazione-comunista/)
e Roma (di cui questa pagina è espressione -
autoconvocatiprc@???) sono da valorizzare come esempi possibili e
modelli proprio perchè pongono chiaramente questi obiettivi e sono
indipendenti dalle aree attuali, ma ovviamente ogni realtà locale del
partito che si autoconvoca deve decidere autonomamente il modello.


Questa proposta non è finalizzata al congresso, quindi la questione
verrà affrontata coi tempi adeguati quando verranno ufficializzate date
e modalità. Tuttavia da subito diciamo che non vogliamo un congresso per
contrapposizioni predeterminate dalle appartenenze correntizie ma di
contenuto, quindi ci prendiamo l'impegno che questi temi affrontati
siano presenti comunque nel dibattito congressuale nelle forme in cui
sarà possibile. In questa prospettiva siamo disponibili a confrontarci
con tutte le compagne ed i compagni interessati e che condividono gli
obiettivi e il fondo delle questioni poste.

 

2.

A chi vuole
diventare comunista

L'instaurazione del socialismo è un processo
cosciente!
Per sua natura la rivoluzione socialista non è, non può
essere,
né un processo spontaneo né meccanicamente determinato!

di
_Umberto C._ (da _La Voce_ n. 44, luglio 2013)

Oggi nessuno sostiene
apertamente che il capitalismo crollerà sotto il peso delle sue
contraddizioni. Ma tutti quelli che proclamano che il socialismo è il
loro obiettivo ma non elaborano e propongono un percorso per arrivarci
(come lo è quello indicato nel Comunicato CC 26 - 16 giugno 2013), di
fatto o si aspettano che il capitalismo crolli di per se stesso e lasci
un vuoto che sarà colmato dal socialismo, oppure sono dei chiacchieroni
e dei sognatori, persone per nulla serie e responsabili.

La società
borghese ha in sé i presupposti della società comunista. Essi si sono
formati nella società borghese man mano che, nel corso dei secoli, nei
singoli paesi e nel mondo, "progrediva la _sussunzione_ prima formale e
poi reale della società nel capitale".(1) I tre presupposti (o
condizioni oggettive dell'instaurazione del socialismo) sono

1. un
livello delle forze produttive (2) che consente di fornire a ogni
individuo i beni e servizi necessari a una vita corrispondente al
livello di civiltà raggiunto,

2. la combinazione delle aziende
capitaliste a formare tra loro una rete di scambi che copre i singoli
paesi e il mondo intero e rende ogni azienda dipendente da altre per la
fornitura di materie prime, semilavorati o mezzi di produzione oppure
per la vendita dei suoi prodotti,
3. la trasformazione di una parte
importante di lavoratori in proletari (venditori della propria
forza-lavoro) impiegati nelle aziende capitaliste (operai, lavoratori
salariati).(3)

1. _Sussunzione_ è un'espressione del linguaggio
marxista. Con _sussunzione formale_ si intende che il capitalista ha
preso in mano la produzione di un bene (o di un servizio - metto tra
parentesi servizi perché nella fase iniziale della società borghese i
capitalisti si occupavano solo della produzione di beni: della
produzione di servizi presero a occuparsene solo più avanti), ma sia il
bene che il processo produttivo restano quelli che preesistevano
all'ingresso del capitalista: il capitalista cambia solo la forma della
produzione (il rapporto di produzione). Con _sussunzione reale_ si
intende che il capitalista modifica la qualità del prodotto e il
processo di produzione (innovazione di prodotto e innovazione di
processo) per rendere il tutto meglio confacente all'_estrazione di
plusvalore_ (alla forma della produzione, al rapporto di produzione):
all'aumento del profitto.

2. Le forze produttive della società
comprendono i seguenti 5 elementi: 1. la capacità lavorativa degli
individui lavoratori (forza-lavoro), 2. gli animali, i vegetali, i
minerali e le altre risorse naturali impiegate nella produzione, 3.
l'organizzazione sociale e le conoscenze impiegate nel processo
lavorativo (la professionalità, la tecnica e la scienza), 4. gli
utensili, le macchine, gli impianti e le installazioni che i lavoratori
usano nel processo produttivo, 5. le infrastrutture (porti, canali,
strade, ecc.) e le reti (linee elettriche, oleodotti, ecc.) usate per la
produzione (_Manifesto Programma del (nuovo) Partito comunista
italiano_, Ed. Rapporti Sociali, Milano, 2008, pag. 251).

3. Per
maggiori dettagli vedi _Manifesto Programma_, pag. 253.

4. A proposito
della merce e della società mercantile vedi _ Manifesto Programma_,
pagg. 9-11 e nota 24, pagg. 259-260.

Il comunismo è il sistema di
relazioni sociali che mantiene e supera i progressi che l'umanità ha
compiuto con la società borghese, eliminando i capitalisti e il
carattere di merce (la compra-vendita) della forza-lavoro.(4) Esso si
fonda sulla partecipazione dei lavoratori stessi all'organizzazione del
lavoro e alla progettazione e direzione delle aziende (della singola
unità produttiva e dell'intero sistema produttivo). Va da sé che questo
ruolo svolto universalmente dai lavoratori presuppone e implica anche la
piena partecipazione di essi a tutte le forme della vita sociale e al
patrimonio spirituale della società: quindi la piena eguaglianza sociale
degli individui, la scomparsa della divisione in classi, delle relazioni
che ne conseguono e delle idee, dei sentimenti, dei valori, delle
aspirazioni e dei comportamenti che dalla divisione in classi derivano.


Chiamiamo _socialismo_ la fase iniziale, inferiore del comunismo, la
fase di transizione dal capitalismo al comunismo: la fase in cui
relazioni, idee, sentimenti, valori, aspirazioni e comportamenti propri
del capitalismo e quelli propri del comunismo convivono e si
contrastano.

Da quando la società borghese è arrivata ad un certo
punto del suo sviluppo (da quando si sono create le condizioni oggettive
del comunismo), da questo punto in poi se resta nell'ambito di rapporti
sociali borghesi (ossia: se la produzione di beni e servizi continua ad
essere svolta da aziende capitaliste), l'umanità si avvita su se stessa,
dà luogo a forme e fenomeni che contrastano con i risultati che ha
raggiunto pur non essendovi né potendo esservi una semplice regressione
al passato. Avviene per la società umana grossomodo quello che avviene
quando un feto è giunto a maturazione ma il parto ritarda.

Quindi il
passaggio dalla società borghese alla società comunista è non solo
possibile, perché la società borghese ha in se i presupposti necessari
della trasformazione, ma è anche necessario perché senza questo
passaggio l'umanità entra in un periodo di stagnazione e in un percorso
di autodistruzione di se stessa e dell'ambiente in cui vive: le sue
forze produttive diventano strumenti di distruzione.

Ma gli uomini non
passeranno dalla società borghese alla società comunista _
spontaneamente_,(5) inconsapevolmente, al modo in cui la massa della
popolazione fin qui ha fatto la loro storia. Passeranno grazie alla
combinazione di sforzi sia individuali che collettivi guidati da un
progetto comune assunto e perseguito consapevolmente da una parte
crescente dell'umanità. Questo processo sarà favorito ma non
_meccanicamente_ determinato dagli effetti negativi del persistere del
sistema di relazioni sociali borghesi.(6)

5. Per passaggio _spontaneo_
intendiamo un passaggio (una trasformazione) che gli uomini compiono
perché alle circostanze in cui vengono a trovarsi essi in numero
crescente reagiscono allo stesso modo. Mossi non dall'attività
educatrice sistematica da parte di un gruppo dirigente già consapevole
che le aiuta a interpretare la loro propria esperienza, ma per l'azione
dell'esperienza quotidiana illuminata dal "senso comune", cioè dalla
concezione tradizionale e corrente del mondo. Per maggiori dettagli vedi
A. Gramsci, _Quaderni del carcere_ 3 § 48 (Edizione Einaudi 2001, pag.
330).

6. Per determinazione _meccanica_ intendiamo un passaggio che
avviene al modo in cui in un meccanismo una parte in movimento ne mette
in moto un'altra senza che nessuna delle due debba modificarsi
internamente, o come una palla di biliardo ne mette in moto un'altra
semplicemente urtandola. Cioè una trasformazione che gli uomini
compirebbero per effetto di un impulso esterno senza trasformazione
interna, cioè senza passare attraverso la trasformazione delle loro
idee, dei loro sentimenti, delle loro aspirazioni, delle loro
attitudini, dei loro valori e dei loro comportamenti.

Nel movimento
comunista per molto tempo e in diverse circostanze [nel periodo della II
Internazionale (1889-1914) e della Internazionale Comunista
(1919-1943-1956)] nei paesi imperialisti si è pensato che (o comunque si
è agito come se) la rivoluzione socialista fosse un'esplosione spontanea
delle masse popolari, o come se le condizioni di sfruttamento e di
oppressioni (o il loro peggioramento) determinassero meccanicamente la
rivolta delle classi sfruttate e oppresse. La pratica della lotta di
classe ha dimostrato che queste concezioni sono sbagliate: ripetutamente
e in circostanze diverse i comunisti che agivano guidati da simile
concezione sono andati incontro a sconfitte. Neanche le condizioni
estreme a cui la borghesia imperialista ridusse per lunghi anni le masse
popolari dell'Europa centrale e occidentale e degli USA nel lungo
periodo 1914-1945 fecero esplodere la rivoluzione socialista.

La
rivoluzione socialista per sua natura comporta una trasformazione in
massa, su larga scala, degli uomini che ne sono protagonisti. La
trasformazione delle relazioni tra di essi passa attraverso la
trasformazione della loro natura: delle loro idee, dei loro sentimenti,
delle loro aspirazioni, delle loro attitudini, dei loro valori e dei
loro comportamenti. Essi si relazionano tra loro e con la natura
diversamente che nel passato, perché per le loro idee, i loro
sentimenti, le loro aspirazioni, i loro valori, le loro attitudini e i
loro comportamenti, sono diventano uomini diversi da quello che erano.


I lavoratori della società comunista, non sono gli operai della
società borghese solo che ora sono senza padrone: per vivere e operare
senza padrone hanno dovuto diventare diversi da quello che erano quando
facevano gli operai nella società borghese. Nel passaggio dalla società
borghese alla società comunista la massa della popolazione passa da uno
stato relativamente passivo di uomini che agiscono su comando e in forme
e condizioni predisposte dalla classe dominante ognuno cercando di
arrangiarsi alla meglio, al ruolo principalmente attivo di uomini che
decidono delle loro azioni. Ne decidono collettivamente, come associati,
perché si tratta di un'attività per sua natura collettiva, sociale, che
richiede una decisione comune e un'azione concertata. Tutto ciò si
manifesta nel rapporto d'organizzazione che essi hanno stabilito tra
loro.

La Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata è anche
l'opera con cui le masse popolari si liberano dalla classe dominante.(7)
Ma essa è principalmente l'opera con cui le masse popolari trasformano
se stesse e diventano masse popolari organizzate capaci di concepire un
obiettivo comune adeguato alle loro condizioni effettive, cioè capaci di
una comprensione scientifica comune delle condizioni e degli obiettivi
della loro opera. L'organizzazione e la coscienza sono le 2 condizioni
soggettive indispensabili della rivoluzione socialista. Esse si fanno,
come tutte le cose, non di colpo ma attraverso un processo in cui la
quantità si trasforma in qualità. L'organizzazione si estende a un
numero crescente di uomini e contemporaneamente diventa più stretta,
riguarda aspetti più numerosi della vita. La partecipazione di ognuno
diventa più libera, più consapevole e volontaria. La conoscenza diventa
più profonda e più giusta e cresce il numero delle persone che la
condividono, la usano e la elaborano. Il prodursi su larga
dell'organizzazione e della coscienza è la sostanza della rivoluzione
socialista e della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata.

7.
A. Gramsci ha elaborato a grandi linee la strategia della GPR per i
paesi imperialisti. Dovendo eludere la censura carceraria, l'ha chiamata
guerra di posizione, contrapponendola alla guerra di movimento. In
proposito rimandiamo all'articolo _Gramsci e la Guerra Popolare
Rivoluzionaria di Lunga Durata_ di Folco R. in _La Voce_ n. 44 [8] e al
_Manifesto Programma_ [9]del (nuovo)Partito comunista italiano, pagg.
197-208.

Tra tutte le classi delle masse popolari la classe operaia è
quella che per le condizioni cui è costretta nella società borghese è la
meglio predisposta ad assimilare la concezione comunista del mondo,
assumerla come guida della propria lotta contro la borghesia e usarla
per mobilitare e dirigere anche le altre classi delle masse popolari a
instaurare il socialismo. Da qui il ruolo decisivo dei CdP costituiti
nelle aziende capitaliste e delle OO (le Organizzazioni Operaie).

Il
partito comunista è l'organizzazione delle persone che hanno assimilato
la concezione comunista del mondo e dedicano la propria vita alla lotta
per instaurare il socialismo e realizzare la transizione al comunismo.
Esso deve quindi anche diventare la forma più alta di organizzazione
della classe operaia, dato il ruolo particolare che essa svolge
nell'instaurazione del socialismo e nella transizione al comunismo.




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http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2013/com.13.07.09.htm
[8]
http://www.nuovopci.it/voce/voce44/indvo44.html
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