Mercoledì
23 gennaio 2013 dalle 18
alle 19 sui gradini del palazzo ducale di genova 556° ora in
silenzio per la
pace.
Incollo il volantino che verrà distribuito.
Altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
Mercoledì 23 gennaio 2013 dalle 18 alle 19 sui gradini
del palazzo ducale di genova 556° ora in silenzio per la pace.
Incollo il volantino che verrà distribuito.
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MALI: LA GUERRA COME MEZZO E COME FINE
L’Italia di Monti – ci mancherebbe – è sull’attenti! E, in barba
alla Costituzione e a un Parlamento che la scadenza elettorale è
chiamata a rinnovare, decide di appoggiare l’intervento militare
francese nel Mali. Ma non era stato assegnato all’Europa un Nobel
per la pace? E, poi, c’è forse stata una dichiarazione italiana di
guerra al Mali? Pare di no, ma chissenefrega! Un supporto
logistico per azioni belliche non si nega a nessuno.
In Francia, è Jean-Luc Mélenchon a levare la voce contro un
intervento voluto dal presidente Hollande (e, come spesso accade,
opportunamente sollecitato da una richiesta dell’attuale
presidente dell’ex colonia francese) ma privo di legittimità
internazionale e deciso senza l’avallo del Parlamento. Lo stesso
Le Monde annota che la risoluzione 2085, adottata il 21 dicembre
dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, autorizza per un periodo
limitato ad un anno, il dispiegamento in Mali di “truppe
combattenti esclusivamente africane”, riservando all’Unione
Europea unicamente un ruolo di appoggio finanziario e logistico.
Conclude il quotidiano d’Oltralpe: “L’operazione francese nel Mali
esce quindi dal quadro della risoluzione 2085”.
MA CHE STA SUCCEDENDO IN MALI?
Vediamolo rapidamente. Sin dall’inizio del 2012, il debole
esercito governativo ha dovuto fronteggiare una crescente
sollevazione interna organizzata dal Movimento Nazionale per la
Liberazione dell’Azawad (MNLA), regione settentrionale del Mali e
territorio di tradizionale insediamento della popolazione touareg,
di cui il movimento chiedeva l’indipendenza. Il 6 aprile dello
scorso anno, il MNLA ha proclamato l’Azawad “Stato indipendente”,
insediando un “Consiglio transitorio”. Ma non avrebbe avuto la
forza di conseguire un tale obiettivo senza l’appoggio dello
jihadismo e dei movimenti radicali islamici, in particolare di Al
Qaeda per il Maghreb islamico (AQMI) e di Ansar Dine, guidato da
Iyad Ag Ghali, capo touareg convertitosi all’Islam e già
trasformato dalla stampa occidentale nel nuovo mostro, nel nuovo
Bin Laden.
Nel giro di pochi mesi, la parte laica del movimento ha ceduto il
campo – cioè il controllo politico e militare del territorio – a
jihadisti e salafiti; e l’obiettivo dell’autodeterminazione è
andato affievolendosi a vantaggio di quello della guerra santa,
della sharia. Invece di trovare – e se necessario – imporre vie di
dialogo e soluzioni negoziate, come al solito la cosiddetta
“comunità internazionale” ha soffiato sul fuoco: così siamo –
secondo copione – all’azione militare diretta della Francia.
Si tratta di un film già visto. E’ il copione dell’imperialismo e
del neo-colonialismo: storie di conflitti locali che, anziché
essere ricomposti con i tempi e gli strumenti della diplomazia,
vengono alimentati da un Occidente impegnato a curare gli
interessi delle grandi potenze e delle multinazionali; con le
popolazioni civili espropriate dal diritto di decidere liberamente
e autonomamente del proprio futuro, vittime inermi della violenza
interna e delle bombe “intelligenti” che lo stesso Occidente
graziosamente propina. Si tratta di quella medesima strategia di
guerra che ha colpito al cuore le “primavere arabe” con la loro
speranza di riscatto politico e sociale; che, assieme al regime
dell’autocrate Gheddafi, ha devastato popolazione e Stato libico e
ora si appresta a devastare il Mali, dove 41 mila sfollati,
secondo i dati delle organizzazioni umanitarie, sono in fuga verso
i confini del Paese per sfuggire ai bombardamenti.
E’ la strategia di un Occidente strabico e ipocrita che, da un
lato, utilizza l’integralismo islamico (istruito e addestrato
dalla fedele alleata Arabia Saudita), dando tacitamente spazio a
jihadisti e salafiti prima in Libia e poi in Siria, per inquinare
la giusta protesta nei confronti dei regimi interni e spianare la
strada all’ennesimo “intervento umanitario”. E poi, d’altro lato,
condanna le azioni di quello stesso integralismo che ha
contribuito ad alimentare
Fonte: liberazione.it - Autore: Bruno Steri