A proposito di irenismo: peccato che nel 1945 il cardinale Schuster, arcivescovo di Milano, non sia riuscito a riconciliare Mussolini con la Resistenza e con gli alleati anglo-americani! Avremmo avuto (per quanto tempo?) un bel regime chiaramente clerico-fascista.E' significativo poi che in questo pezzo, che dobbiamo all'ineffabile Marinella Correggia, Assad e il suo regime non vengano neppure menzionati, come se il conflitto nascesse dal basso, dalle varie comunità religiose.
Anche in Jugoslavia, ce lo dovremmo ricordare, i conflitti tra etnie/religioni erano stati attivati e promossi dall'alto. Anche in Siria le varie comunità religiose hanno convissuto tranquillamente: con la "mussalaha" non fanno che scrollarsi di dosso (ad Homs, si badi bene, non in tutta la Siria) la strumentalizzazione delle parti in conflitto, e confermarsi nel loro antico status di convivenza.
E questo è bene. Ma le dinamiche del potere e della dittatura seguono un'altra logica, hanno altri tempi e un'altra potenza (di fuoco), che limitati, per quanto generosi, tentativi idi "testimonianza" pacifica, ahimè, non riusciranno a bloccare. A meno di un miracolo, ma il primo a "convertirsi" dovrebbe essere il Presidente Assad: senza la sua "conversione" ogni speranza di pacificazione sarebbe vana. Chi ci crede, preghi.
Giacomo Casarino
Date: Fri, 15 Jun 2012 18:29:28 +0200
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Subject: [NuovoLab] si può aiutare a sbocciare questa rosa?
Editoriale
MUSSALAHA: la riconciliazione popolare dal basso tentata in Siria. Un tentativo da appoggiare
di Marinella Correggia
Come una rosa (di Damasco) sbocciata nel sangue e nelle macerie di un paese che potrebbe sfasciarsi, ci arriva la notizia di un tentativo di riconciliazione dal basso, un’ iniziativa popolare e nonviolenta iniziata addirittura a Homs – città simbolo degli scontri - ma che prevede di espandersi in altre città e villaggi. Per dire no a una guerra confessionale in Siria e no a un intervento armato esterno genere Libia (e un destino analogo). Ci stanno lavorando siriane e siriani, laici ma soprattutto appartenenti alle diverse religioni e comunità che fino al 2011 convivevano in pace.
Si chiama Mussahala: “riconciliazione” in arabo. Ne riferisce la Radio vaticana sulla base delle notizie dell’agenzia cattolica Fides. Sarebbe un miracolo, in un contesto di scontri sanguinosi fra esercito e gruppi armati, e atroci violenze settarie, che va avanti da mesi grazie alle determinanti ingerenze di paesi occidentali e del Golfo. Mussahala tiene a essere un tentativo del tutto siriano, senza manipolazioni esterne. Ma è utile e sarebbe doveroso appoggiarlo.
L’idea di base è: “siamo martoriati da mesi e mesi, non vogliamo la guerra e dobbiamo fare la pace”. Come scrive la Radio vaticana e come confermano fonti all’interno della Siria, Mussahala è “la dimostrazione, e anche la speranza, di una terza via, alternativa al conflitto armato e a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano”. L’agenzia cattolica Fides spiega che Mussahala “colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”.
Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Si sono esposti personalmente soprattutto due preti greco-cattolici, padre Michel e padre Abdallah, il siro-cattolico padre Iyad, il maronita padre Alaa, il siro-ortodosso padre Khazal.
Nei giorni scorsi a Homs si sono svolti due incontri con straordinaria partecipazione popolare. Membri di tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi sono arrivati a dichiarazioni comuni, con abbracci e impegni solenni, per la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite - protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente
impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mussalaha si appella a tutte le parti in lotta e a tutti i leader in campo per restituire “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”.
Il tutto avviene in un clima mediatico intossicato ai massimi livelli e che come già in passato (Libia, Iraq, Jugoslavia) vede i media mainstream e perfino rapporti dell’Onu (fuori dalla Siria) e di organizzazioni umanitarie riferirsi a “fonti” di parte. Così, i massacri e le violenze vengono invariabilmente attribuiti a una delle due parti, accelerando la costruzione del consenso necessario a un’altra azione militare stile Libia oppure ad accentuare lo scenario di guerra per procura già in atto. Il contrario di quel che occorrerebbe per un vero negoziato di pace.
Mentre l’integralismo religioso e le divisioni settarie giocano un ruolo di propulsore bellico nella tragedia siriana, ecco che altri gruppi religiosi operano per la pace. Occorrerebbe sostenerli, in particolare in Italia, fronteggiando le dichiarazioni bellicose del ministro degli Esteri. E il coro assordante dei media. E dei “nuovi media”.
Qualcuno oserà boicottare anche Mussahala?
Marinella Correggia
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