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著者: News AutOrg.anizzazione Stud.entesca BO
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題目: [autorgstudbo] Lo sciopero dei braccianti nella" fabbrica verde" di Nardò - Venerdì 23 settembre a VAG
Lo sciopero dei braccianti nella" fabbrica verde" di Nardò

Nella Masseria Brancuri e nelle campagne di Nardò, nel mese di agosto,
è nata un’esperienza di lotta e di autorganizzazione che ha prodotto
risultati concreti nella battaglia contro il lavoro nero. Questa
esperienza va fatta conoscere perché può aprire nuovi spazi di
conflitti sociali in altri luoghi dello sfruttamento e del lavoro
precario.

Venerdì 23 settembre, alle ore 21, ne parliamo a

Vag 61, via Paolo Fabbri 110, Bologna

con

Yvan Sagnet, il ragazzo camerunese, portavoce della protesta dei
lavoratori migranti

Gianluca Nigro, dell'associazione "Finis Terrae", attiva insieme alle
"Brigate di Solidarietà" alla Masseria Brancuri e nella campagna
"Ingaggiami, contro il lavoro nero"

L'incontro sarà preceduto, alle ore 20, da una cena di solidarietà

Il lavoro nero in agricoltura è sempre esistito, ma oggi ha dimensioni
spaventose.

Per i braccianti “postmoderni”, il lavoro nei campi, soprattutto nel
Mezzogiorno, produce condizioni materiali che sono addirittura
peggiorate rispetto alle forme feudali del primo dopoguerra. Non c’è
più nessun legame sociale col territorio, l’unica evoluzione che ha
avuto il settore è negativa e deriva dall’aumento della precarietà
della condizione lavorativa.

Se oggi questi temi sono diventati di attualità è perché, ai primi di
agosto, nelle campagne di Nardò c'è stato uno sciopero. La notizia
(straordinaria) è che si è trattato del primo sciopero autorganizzato,
e a promuoverlo sono stati i lavoratori migranti stagionali, quelli
delle raccolte delle angurie e dei pomodori.

Hanno deciso di lottare contro i ripetuti fenomeni di neo-schiavismo
che, in queste terre dell'area nord-occidentale della penisola
salentina, non sono una novità di questi giorni. Sarà una quindicina
d’anni che i braccianti immigrati vengono selvaggiamente sfruttati
nell'indifferenza totale, con l’incapacità dei sindacati di mettere in
piedi una qualsiasi forma di mobilitazione e il silenzio connivente
delle istituzioni locali. Ma, in questo agosto 2011, c'è stato
qualcosa di più: si sono mischiati gli effetti della crisi economica
mondiale, le rivolte nei paesi dell’altra sponda del Mediterraneo e
l’aumento della miseria in tanti paesi già poveri. Gli operai
migranti, licenziati dalle fabbriche del nord Italia, si sono trovati
insieme ai ragazzi tunisini, da poco sbarcati a Lampedusa, e alle
schiere della transumanza umana del lavoro agricolo stagionale.

E' stata una fase di lotta intensa e straordinaria, che ha ricordato,
per certi aspetti, un'altra lotta passata alla storia: l'occupazione
delle terre dell'Arneo da parte dei contadini pugliesi, all'inizio
degli anni Cinquanta, contro l'anacronistico regime del latifondo.

Anche a Bologna, in quegli anni, ci furono lotte durissime nelle
campagne. Come in Puglia, anche nei nostri territori, lo Stato rispose
con una vera e propria dichiarazione di guerra: il ministro degli
Interni Scelba mandò polizia e carabinieri a reprimere i braccianti a
suon di colpi d'arma da fuoco, lacrimogeni, botte coi calci dei
moschetti e manganellate.

Il 17 maggio 1949, a Marmorta di Molinella, Maria Margotti, una
giovanissima mondina, venne falciata da una raffica di mitra sparata
da un carabiniere, altri 30 lavoratori rimasero feriti. Stava
partecipando allo sciopero e alle manifestazioni per le sette ore di
lavoro, il miglioramento del vitto, il rispetto del collocamento,
l'assistenza in caso di malattia. Obiettivi che oggi sarebbero
d'avanguardia e di estrema attualità rispetto alle condizioni di
lavoro e di vita dei braccianti delle “raccolte stagionali”.

Un altro morto ci fu il 12 giugno 1949, alla tenuta Locatello, a San
Giovanni in Persiceto. Era Loredano Bizzarri, un giovane operaio di 22
anni, che stava partecipando a una manifestazione contadina. Gli
scioperanti erano stati dispersi e manganellati dalla Celere, mentre
cercavano di fermare i crumiri a raccogliere il fieno. Alcuni di loro
che si erano fermati, furono affrontati da una guardia campestre che
scaricò su di loro una rivoltella. Loredano Bizzarri rimase ucciso e
un suo compagno fu gravemente ferito.

Sono passati più di sessant'anni da quelle lotte e, oggi, lo sciopero
dei braccianti migranti di Nardò ha fatto emergere situazioni di
sfruttamento anche peggiori di quelle che gli operai agricoli subivano
in quei tempi lontani.

Reddito, dignità sul lavoro e lotta alle tante precarietà sono al
centro della questione sociale del nostro paese. Le condizioni di vita
di centinaia di migliaia di lavoratori precari, cassintegrati, operai
licenziati e disoccupati, si intrecciano con i costi sociali della
crisi economica che vogliono essere fatti pagare ai più deboli.

Per questo la lotta nelle campagne di Nardò, non è una vampata di
resistenza in una delle tante “province periferiche dell'Impero”, ma è
l'esempio che dalla consapevolezza dei diritti esigibili possono
nascere principi di autorganizzazione per permettere ai lavoratori di
ribellarsi alle condizioni di sfruttamento.

Yvan Sagnet, portavoce della protesta, ha dichiarato nei giorni
scorsi: «Il nostro sciopero continuerà e si sposterà in tutta la
Puglia, e da qui al resto d'Italia. Quella di quest'anno deve essere
una stagione di svolta. Uno sciopero sul lungo periodo è difficile, ma
non abbiamo scelta. Le istituzioni continuano a non assumersi le loro
responsabilità, le aziende continuano a impiegare i caporali, e i
caporali continuano a sfruttare i lavoratori, quindi non possiamo
mollare».

E tutti noi, con loro, non dobbiamo mollare.

Leggi su

http://www.zic.it/la-terra-rossa-di-nardo/

un reportage sullo sciopero

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