[Sexyshock] Pari opportunità: la lezione dell’Emilia Romagna

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lezione dell’Emilia Romagna via Il Fatto Quotidiano by Maurizio Cecconi
on 28/07/11

C’è un luogo da cui conviene accendere i riflettori su quanto successo
martedì 26 luglio alla Camera dei Deputati. Quel luogo è
l’Emilia-Romagna.

Mentre a Roma una schiacciante maggioranza clericale (Pdl, Lega Nord e
Udc) ha dichiarato incostituzionale la proposta di legge contro
l’omofobia, a Bologna un’altrettanto grande maggioranza di
centrosinistra ha rotto il pre-accordo con l’Udc e ha eletto a
presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione la
democratica Roberta Mori.

Scatenando un cortocircuito locale e nazionale nella strategia delle
alleanze finora perseguita dal Pd.

Perché il legame tra le due vicende risiede qui: che il centrosinistra
avente quale perno il Partito Democratico vorrebbe allargarsi all’Udc
in nome della cacciata di Berlusconi (come se alla somma matematica
delle percentuali di voto corrispondesse una fattibilità programmatica).

Un’operazione politicista – che non teneva in nessun conto il radicato
desiderio di progresso degli elettori sul tema dei diritti civili, ma
muoveva solo pedine su uno scacchiere – non poteva che scontrarsi con
quanti (donne e uomini, omosessuali e trans, laici e laiche di ogni
genere e orientamento) pagherebbero sulla propria pelle questo disegno.

Detto altrimenti: quando una persona soffre l’assenza di un diritto e
una discriminazione presente, che rinunci alle sue giuste
rivendicazioni in nome delle alleanze volute da D’Alema/Bersani è pura
fantasia. Per esistere, il Pd deve invocare il suicidio dei suoi
elettori? Impossibile ottenerlo.

Così si sono mosse le donne dell’associazione Orlando, quelle della
CGIL e dell’UDI, le associazioni lgbt e la Rete Laica Bologna, che
hanno chiesto “una Presidenza rispettosa del diritto
all’autodeterminazione di ogni donna e di ogni uomo”, perché “posizioni
anti-abortiste, contrarie all’esercizio della libertà individuale sui
temi della vita e del fine-vita; posizioni discriminatorie nei
confronti delle famiglie di chi sceglie di non sposarsi e delle
famiglie delle persone omosessuali, bisessuali e trans; posizioni
dettate dall’integralismo religioso, all’insegna della più crudele
ortodossia conservatrice, non corrispondono al profilo che pretende la
maggioranza dei cittadini emiliano-romagnoli”.

Le associazioni sono riuscite a impedire che fosse eletta alla
Presidenza della Commissione regionale per le Pari Opportunità Silvià
Noè, cognata di Casini ed esponente bolognese dell’Udc.

Subito è arrivato un invito alla nuova e laica Presidente per un
“incontro a quattr’occhi”, in un clima cordiale utile a stemperare le
(inevitabili?) polemiche che ne hanno accompagnato l’elezione.

Se ne fa interprete Emiliano Zaino, presidente di Arcigay “Il Cassero”,
storico circolo bolognese, che propone a Mori di venire “a conoscere le
associazioni che si battono per i diritti”, per “conoscere di persona
come lavoriamo e quali sono i nostri progetti, per aiutarci a sfatare
quei pregiudizi frutto d’ignoranza e di un clima da barricate davvero
lontano dagli intenti di associazioni come la nostra, che cerca invece
di trovare risposte nella politica ai bisogni di tutti i cittadini”.

***

Ecco dunque che la vicenda emiliana illumina bene quanto successo nella
Capitale, dove ancora si vagheggia, dalle parti della Fondazione
Italianieuropei e in via delle Fratte, di un’alleanza di “nuovo conio”
con l’Unione Di Centro.

Come può il centrosinistra allearsi con chi ritiene incostituzionale
una modestissima legge contro le violenze omofobiche?

Come può il centrosinistra allearsi con chi ritiene di dover proibire
la paternità e la maternità e il matrimonio civile alle persone
omosessuali?

Come può il centrosinistra allearsi con chi ritiene che debba essere lo
Stato e non il singolo a decidere come vivere e come e quando morire?

Non può e qualcuno comincia a capirlo.

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