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Casarini: «Il movimento No Global non è sparito, ma si è trasformato nelle battaglie di oggi»
19 maggio 2011 | Elisa Mangini Beppe Risso
Genova - Che fine ha fatto il movimento No Global? Alla vigilia del decimo anniversario del G8 di Genova, la trasmissione di Radio19 “Due ore del Secolo” ha provato a rispondere alla domanda partendo da un libro, di recente uscita, di Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera dal titolo “La ferita, il sogno infranto dei No Global italiani”e dall’annuncio della realizzazione di un film sui fatti legati al G8 e in particolare alla notte della scuola Diaz.
Proprio sulla realizzazione del film si è espresso Giuliano Giuliani, il papà di Carlo morto in piazza Alimonda il 20 luglio del 2001: «Nessuna perplessità specifica sul film. Noi abbiamo solidarizzato con Lorenzo Guadagnucci, uno dei giornalisti massacrati nella scuola Diaz, che ha sollevato una forte perplessità sulla sceneggiatura del film che lo vede suo malgrado tra i protagonisti, sul fatto che sia stata inviata prima al capo della polizia Manganelli piuttosto che ai diretti interessati. Questo ci è sembrato piuttosto strano, quasi chiedere, sembrava così, un permesso per poter realizzare il film. Dopodiché mi fa piacere che si riparli di quella vicenda visto che ancora oggi a distanza di dieci anni si raccontano ancora incredibili falsità».
Sulla specifica domanda che fine hanno fatto i No Global ha risposto Luca Casarini, leader del movimento ai tempi del G8 di Genova: «I movimenti per definizione sono dei cicli. Io penso che il movimento di Genova abbia fatto il suo percorso però ha lasciato una innervatura nella società grazie ai problemi che ha posto. Non è sparito, piuttosto lo vedo trasformato nelle dinamiche dell’oggi: come fare a non vedere un po’ di movimento No Global in tutte le battaglie italiane a difesa del bene comune, penso al referendum contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua. Ma come fare anche a non vederlo nella discussione politica pubblica sull’autoritarismo e sull’involuzione della democrazia; oppure nelle lotte degli operai e dei precari che hanno costellato la prima parte dell’anno. Il No Global era chiamato il movimento dei movimenti perché alcuni temi trovavano obiettivi comuni per stare insieme però non è mai stato un’unica organizzazione. A distanza di dieci anni io mi sento sempre No Global per i motivi e le ragioni di dieci anni fa, oggi più attuali di ieri. La crisi finanziaria non è forse l’esplosione del meccanismo per cui una parte sempre più piccola di mondo si arricchisce a dismisura a discapito di un’allargamento enorme della povertà? Mi sento dentro questo vento di democrazia che si sta alzando in Italia e che si è alzato nel Nordafrica. Per questo mi sento ancora No Global».