Credo che tutti bene o male sappiano cosa è accaduto un mese fa alla
massa critica di Porto Alegre:
http://es.globalvoicesonline.org/2011/03/16/brasil-tragedia-en-masa-critica-%C2%BFaccidente-u-homicidio/
Non è mia intenzione soffermarmi sulle necrosità dell'episodio,
elogiare la pericolosità dell'andare in bicicletta o proporre
diversivi a una relazione attiva, positiva e propositiva con la
realtà. Tuttavia volevo condividere alcune riflessioni con voi:
1, ma 300 critical mass: ci sono tratti comuni che rendono la critical
mass unica anche se si svolge in città lontanissime tra loro, forse è
anch'essa un effetto della globalizzazione. Tuttavia se c'è una
sinergia tra eventi simili che accadono in punti diversi del pianeta,
come si esprime?
2, la solidarietà. Forse dovevamo esprimere più solidarietà ai
compagni di Porto Alegre, pensare che "potrebbe capitare anche nella
nostra critical mass" forse non aiuta, tuttavia credo che dovrebbe
esistere un modo per conoscere e comunicare tra tutte le ciemme del
mondo, anche come forma di evoluzione condivisa (c'è già chi c'ha
pensato e io non lo so?)
3, la disumanità. Ieri per la prima volta alla critical mass ho
provato pena per gli automobilisti e non rabbia (forse è la volta
buona che smetto di rispondergli a tono) Mi sono sembrati così
tristemente vicini a un grado di umanità 0, così miseramente stupidi
ed egoisti, con l'esaurimento nervoso che li logora da dentro, una
pena indescrivibile. Fatti non foste a viver come bruti...
4, L'indifferenza. L'idea grandiosa della critical mass si sgretola
nella sua non compattezza. Il limite che sempre vedo e che mi disamora
è il pensiero che si potrebbe essere più uniti, più compatti,
accorgersi di più dei pezzi che si perdono per strada, di chi resta
indietro, spesso interi tronconi. Forse basterebbe rallentare un po',
sforzarsi di avere una visione più completa del gruppo, mi fugherebbe
il dubbio che anche la massa critica è una massa di deprimente
individualismo.
claudia