Autor: xDxD.vs.xDxD Data: A: hackmeeting Assumpte: Re: [Hackmeeting] dati aperti
2011/1/4 void <void@???>
> (04.Jan 11:33:04) billie wrote:
> e comunque in ogni caso il 'data journalism' e' solo una delle
> possibilita',
> e di certo non sostituisce il tradizionale giornalismo d'inchiesta.
>
>
si', e poi ci sono tanti altri pezzi coinvolti o che si possono coinvolgere.
per esempio, tornando ai dati pubblici.
mi e' capitato di lavorare con IRES, il centro di ricerche statistiche della
CGIL. lo scopo del lavoro era fare una cosa colossale come incrociare i dati
della formazione con i dati del lavoro: per esempio partendo dalle
informazioni sulla formazione obbligatoria (che produce tanti dati) e dalle
comunicazioni obbligatorie che le aziende devono inviare alle regioni quando
fanno/disfanno contratti di lavoro di ogni genere.
lo "scopo" era proprio di incrociare questi due insiemi di dati, attraverso
regioni e organizzazioni, e studiarli con particolare interesse per quel che
riguarda l'efficacia della formazione.
a parte il delirio tecnico (una per tutte: gli standard ci sono, ma sta
cazzo di gente l'XML lo prepara pure, ma non ci scrive le cose dentro,
rendendo difficilissimo ad esempio tracciare i datori di lavoro o i
contratti, per fare catene di assunzione/trasformazione/cessazione che
servono per vedere tante cose interessanti, come l'uso che si fa dei
contratti - nota con scoperta dell'acqua calda: il contratto di
apprendistato è usato a tappeto, per anni e anni... ottuagenari apprendisti
-) ci sono state anche tante cose interessanti.
primo problema: scontro sociologia/statistica vs. antropologia/sistemi/reti
l'approccio dell'istituto statistico è quello degli indicatori: sintetizza i
dati entro alcune definizioni (l'indicatore) rappresentabili in maniera
percentuale o con delle numerosità, in forma tabellare o grafica.
Questo è ovviamente un modo utile ed interessante di usare e rappresentare
le informazioni, ma anche totalmente incompleto.
E', in qualche modo, una forma di autorità, una forma di potere: chi decide
l'elenco degli indicatori e la loro definizione decide "quale" realtà
rappresentare: se scelgo un indicatore fatto così, siamo ricchi; se ne
scelgo uno cosà, siamo poveri; così siamo occupati e acculturati; cosà siamo
precari e ignoranti.
per fortuna le persone di IRES non sono delle merde e quindi tendevano a
scegliere indicatori "decenti", ma il problema rimane: la statistica è una
forma di autorità.
diverso l'approccio "antropologico", per cui non si mira alla sintesi, ma
alla descrizione di reti, sistemi complessi, migrazioni, relazioni, e in
cui, in generale, si mira a non perdere informazione tramite la "sintesi", e
a non fare nemmeno le domande, lasciando per quanto possibile che emergano
dai dati stessi.
dovevate vedere la faccia: mostrando una rappresentazione sperimentale sui
dati della lombardia, dal poligono della regione uscivano alcuni archi che
arrivavano in varie parti d'italia e del mondo. Verso la sicilia, la
calabria, la toscana, l'est europeo, il nord dell'africa, la grecia,
l'albania eccetera.
Dialogo reale:
"ma stiamo guardando la Lombardia! Che c'entrano quegli archi che escono
fuori?"
"quelli sono i migranti!"
"falli sparire immediatamente! quando guardo la lombardia voglio vedere i
dati della lombardia: milano, brescia, varese...."
:) ... la sociologia/statistica
secondo enorme nodo: la destinazione d'uso di dati e funzionalità
Nel progetto inizialmente erano previste delle cose strafiche, come delle
porte attraverso cui anche "il pubblico" potesse accedere ed usare queste
informazioni, anche in modi particolari: era previsto che chiunque avrebbe
potuto crearsi la propria infoestetica con i dati nel sistema e mettersela
sul proprio sito con il meccanismo dell'embed che abbiamo imparato a
conoscere con youtube e compagnia bella. infoestetica che si sarebbe
aggiornata con l'aggiornarsi dei dati, e così via.
e con questo arriviamo al terzo grande nodo: cultura e budget
devo dire che chiunque sia stato coinvolto nel progetto ne ha capito le
enormi possibilità. che ad oggi sono accessibili e però non fanno ancora
parte della cultura generale: poter andare oltre gli indicatori decisi dal
potere, oltre le percentuali tramite cui "decidono" da soli se siamo felici
o tristi, ricchi o poveri, e accedere all'informazione (che siano enormi
database o strumenti con cui visualizzare e navigare le forme di espressione
che ognuno di noi può avere) liberamente, apre possibilità infinite per
l'azione, la rivendicazione e l'espressione.
ma questo lo sappiamo benone, no?
solo che soggetti come IRES o chi per loro non hanno proprio la possibilità
di creare cambiamento e innovazione radicale (dove per radicale intendo
anche largamente diffusa), cosa che potrebbero fare solo i governi esponendo
dati e predisponendo strumenti (sono daccordo infatti che il limitarsi a
pubblicare moli infinite di dati senza la disponibilità o l'integrazione con
strumenti di analisi è solo un atto pubblicitario e non porta nessun
beneficio diffuso).
ma anche la cittadinanza può fare molto, e però deve essere "aiutata" in
qualche modo, perche' questa cosa non fa ancora parte delle culture diffuse.
e in questo caso il "racconto" dei dati e dell'informazione (e degli
strumenti usabili per leggerli, scriverli e capirli) e' forse il nodo
principale da affrontare.
ed e' proprio in quest'ottica che pensavamo di organizzare nel nostro
piccolo l'iniziativa dentro LPM: prima di tutto raccontare scenari, sia di
dati che di strumenti che di possibilità di uso ed azione; e poi creare in
maniera pratica una o più azioni significative: hacking e arti per
raccontare l'informazione e per raccontare anche cosa ci si può fare, e con
quali strumenti.