QUITO: CORREA RESTA PRESIDENTE, DECISIVO INTERVENTO ESERCITO
L’annuncio delle dimissioni del capo della polizia, il generale Freddy Martínez Pico, è l’ultima notizia di una notte drammatica, culminata con l’assalto dei commando dell’esercito nell’ospedale di Quito dove il presidente Rafael Correa è rimasto in ostaggio per quasi 12 ore. Secondo l’edizione online del quotidiano ecuadoriano El Commercio, le ragioni delle dimissioni saranno chiarite oggi durante una conferenza stampa. All’origine della decisione sembra però esserci stata l’incapacità di gestire la rivolta dei poliziotti che per tutta la giornata di ieri avevano bloccato alcune delle principali città dell’Ecuador, da Quito a Esmeraldas a Guayaquil. Correa era stato scortato nell’ospedale che si trova di fronte alla caserma principale della capitale, dopo essere spintonato e sfiorato dal lancio di un candelotto di gas lacrimogeno. Aveva tentato di parlare agli agenti che avevano occupato la caserma, per spiegare le ragioni del taglio dei bonus salariali dei poliziotti e di altri dipendenti pubblici all’origine della protesta. Mentre l’ospedale era circondato dai ribelli, Correa aveva detto che sarebbe uscito “come presidente o come cadavere”. Un tentativo di rovesciare il capo dello stato, divenuto l’anno scorso il primo nella storia dell’Ecuador a essere eletto senza bisogno di un ballottaggio, era stato denunciato in tarda serata dai presidenti e dai rappresentanti diplomatici di molti paesi dell'America Latina, della Spagna e dell'Unione Europea. Il blitz dei commando - 35 minuti di fuoco, con un bilancio di due vittime e 37 feriti secondo la Croce Rossa - ha seguito la presa di posizione a sostegno di Correa dei massimi vertici dell’esercito. Il generale Ernesto Gonzales, capo di Stato maggiore delle Forze armate, aveva invitato gli ecuadoriani a “ripristinare il dialogo per risolvere le differenze”. Aveva anche ipotizzato “una revisione” della legge sui bonus e gli scatti di stipendio all’origine della protesta, approvata dal Parlamento Mercoledì ma non ancora entrata in vigore. La crisi si è conclusa con la fuga di Correa dall’ospedale al palazzo della presidenza, Palacio Carondolet, a bordo di un fuoristrada lanciato a grande velocità. Poi, di fronte a migliaia di sostenitori scesi in piazza sin dal pomeriggio, un discorso che alcuni mezzi di informazione internazionali definiscono “trionfale” ma che forse è stato anche molto difficile. Correa ha parlato del suo “giorno più duro”, denunciando la presenza di “infiltrati” tra i poliziotti e alludendo al coinvolgimento di forze conservatrici ostile alla “rivoluzione”. Una rivoluzione, ha sottolineato il presidente, che promette maggiore giustizia sociale ed applica i principi sanciti dalla Costituzione approvata a grande maggioranza dagli ecuadoriani appena lo scorso anno. Secondo Correa, all’origine della legge sui dipendenti pubblici c’è la scelta di impedire “abusi del denaro pubblico”, in linea con le richieste della grande maggioranza della popolazione. Di democrazia e rispetto della legalità si dovrebbe discutere già questa mattina a Buenos Aires, dove è in programma un vertice straordinario dell’Unasur, l’Unione degli Stati latinoamericani. Héctor Timerman, il ministro degli Esteri argentino che presiederà l'incontro, ha detto che in Ecuador bisogna evitare "un colpo di Stato" e impedire così il ripetersi della drammatica esperienza honduregna del Giugno 2009.[VG]
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antonio bruno.
capogruppo Sinistra Europea - PRC Comune di Genova
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