[NuovoLab] MANOVRA-SPESE MILITARI

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Oggetto: [NuovoLab] MANOVRA-SPESE MILITARI


L'UNITÀ ANNUCIA I TAGLI DEL PD. IL PD SMENTISCE

Tommaso Di Francesco

Manlio Dinucci


La campagna del Pd contro le spese per armamenti è
«pregiudiziale e demagogica»: così sul Corriere della Sera Arturo
Parisi, già ministro della difesa nel governo Prodi e parlamentare Pd.
Ce l'aveva con la copertina de l'Unità del giorno prima («Manovra di
guerra») e con l'articolo(«Tagliano gli stipendi e comprano armi»). Vi
si annunciava che il Pd avrebbe chiesto al governo, con risoluzione in
commissione difesa del Senato, di rivedere la spesa militare in base a
una politica di «verifica, trasparenza e risparmio». Parisi attacca
l'articolo per l'affermazione che i 71 programmi di armamento
sottraggono miliardi al bilancio dello Stato.
Parisi rivendica ciò
che l'Unità tace (non sapendo o fingendo di non sapere?): cioè che il
Pd, soprattutto con l'ultimo governo Prodi, ha contribuito all'aumento
della spesa militare. Come già ricordato sul Corriere dall'autorevole ex
sottosegretario alla difesa Lorenzo Forcieri, «il governo Prodi, in due
sole finanziarie di rigore e risanamento dei conti dello stato, è
riuscito a invertire la caduta libera delle spese per la Difesa, che
sono aumentate dei 17,2% nel biennio 2007-08». Fu il governo Prodi a
istituire, in Finanziaria 2007, un «Fondo per la realizzazione di
programmi di investimento pluriennale per esigenze di difesa nazionale,
derivanti anche da accordi internazionali», con una dotazione di 1.700
milioni di euro per il 2007, 1.550 per il 2008 e 1.200 per il 2009. Un
«tesoretto», aggiunto al bilancio della difesa, in eredità al governo
Berlusconi. Grazie a questo impegno bipartisan, l'Italia si colloca al
decimo posto mondiale come spesa militare, e al sesto come spesa
procapite, con un ammontare annuo - per il Sipri - di 30 miliardi di
euro.
Emblematica la storia della partecipazione italiana al
programma del caccia F-35 della statunitense Lockheed, che solo ora
l'Unità definisce giustamente «piano faraonico», ricordando che costerà
all'Italia 15 miliardi di euro. Il primo memorandum d'intesa venne
firmato al Pentagono, nel 1998, dal governo D'Alema; il secondo, nel
2002, dal governo Berlusconi; il terzo, nel 2007, dal governo Prodi. E
nel 2009 è stato di nuovo un governo presieduto da Berlusconi a
deliberare l'acquisto di 131 caccia, già deciso dal governo Prodi nel
2006. L'Italia partecipa al programma dell'F-35 contribuendo allo
sviluppo e alla costruzione del caccia. Si capisce quindi perché, quando
il governo Berlusconi ha annunciato l'acquisto di ben 131 F-35,
l'«opposizione» (Pd e IdV) non si sia opposta. Eppure già si sapeva che
il costo del caccia F-35 era lievitato da 50 a 113 milioni di dollari
per aereo.
F-35 e altri armamenti «roba da guerra fredda», obsoleta
per l'Unità, «oltretutto (per fortuna) inutili». E poi, perché gli F-35
«destinati a missioni d'attacco in lontani teatri bellici?». Ma Parisi
critica chi nel Pd «denuncia pregiudizialmente e genericamente
l'inutilità» delle spese per gli armamenti. Perché questi armamenti non
sono purtroppo «inutili» e le 31 missioni dell'esercito italiano non
sono tutte di «peacekeeping». È proprio una caratteristica, la capacità
stealth dell'F-35 - colpire con «velocità e da lontano», certifica la
Lockeed - a spiegare che l'aereo è destinato proprio a guerre
d'aggressione, in Afghanistan e in quelle «nuove».
Dulcis in fundo,
le argomentazioni de l'Unità il giorno dopo sono state ignorate -
smentite - dalla senatrice Roberta Pinotti, membro della commissione
difesa: ha detto di condividere l'impostazione di Parisi, assicurando
che i dirigenti Pd sono «consapevoli che la Difesa è uno dei compiti
fondamentali dello Stato». Altro che tagli agli armamenti.
fonte:"il manifesto" del 090620010




Ugo Beiso











Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal