QUESTO APPELLO È RIVOLTO ALLE ANTIRAZZISTE E AGLI ANTIRAZZISTI
CHE NON INTENDONO TACERE
A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza 
ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed 
espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più 
evidente della negazione dei diritti -- primo fra tutti quello della 
libertà personale -- nonché momento estremo del controllo sociale.
Voluti dall'Unione Europea per affermare la propria definizione di 
fortezza che garantisce i diritti solo ad alcuni e in certi casi, messi 
in atto in Italia da un governo di centro sinistra, rafforzati e 
peggiorati dai governi di destra, i Cie sono la dimostrazione della 
politica espressa dal nostro Paese nei confronti degli "stranieri", in 
un percorso che dal rifiuto porta alla rimozione, alla negazione 
dell'altro. Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso 
nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, 
inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un'istituzione 
illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella 
che introducendo il "reato di clandestinità", nega il principio di 
eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e 
violenza. L'estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha 
acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi 
di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell'indifferenza. 
Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita 
vengono chiamati "ospiti", riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di 
invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può 
affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver 
varcato una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e 
aspirare a un futuro migliore. L'esistenza dei Cie si colloca nel 
disegno di chi vuole uomini e donne migranti in perenne condizione di 
ricattabilità, impossibilitati ad accedere a percorsi di 
regolarizzazione, scorie finali di chi è espulso dal circuito produttivo 
dopo essere stato sfruttato e costretto alla clandestinizzazione.
Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta, 
furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da 
queste strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, 
provvedono a far trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a 
entrare. Ma basta guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno 
dietro quelle sbarre, per ritrovarsi in faccia una realtà celata e
rimossa.
Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un 
impegno duraturo.
Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni 
umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello 
spettacolo, si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa. 
Quella di forzare l'omertà che consente tale vergogna e di raccontare.
Raccontare con onestà, non fermandosi all'apparenza ma per comunicare 
quanto sia importante chiudere tutti i Cie.
Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo 
istituzionale. Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie 
diventeranno simboli di una vergogna passata, da visitare per non 
dimenticare, per non ripetere.
PER FIRMARE:
http://www.nocie.org/
SETTIMANA DI MOBILITAZIONE CONTRO I CIE:
http://nocie.noblogs.org/
smokher