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http://www.sanbenedetto.org/index.php?option=com_content&view=article&id=1257:dopo-brenda-a-chi-tocca&catid=25:home-page&Itemid=79
Impressionante il silenzio in questi giorni* di chiunque non sia un
giornalista, un vuoto assoluto sociale intorno ad una identità' di
genere, quella transgender, che *non può' essere vista solo attraverso
l'obiettivo distorto di quanto è accaduto e di una vita di strada.*
Dalla Politica parlamentare a nessuna figura sociale o culturale di
rilievo della nostra società si leva una parola, un vuoto che non si può
fare a meno di rilevare e che fa riflettere.
*di Domenico Chionetti, /Comunità San Benedetto/* /*al Porto*/
Piace parecchio ai media e probabilmente a tutti coloro che leggono, la
triste vicenda di Blenda.
Più il torbido e il non detto si può rivelare, più bassifondi si possono
varcare, più si può frugare voracemente nelle vite di queste persone
tanto lo spazio di esposizione mediatica, il pubblico ludibrio, aumenta.
Impressionante il silenzio in questi giorni di chiunque non sia un
giornalista, un vuoto assoluto sociale intorno ad una identità' di
genere, quella transgender, che non può' essere vista solo attraverso
l'obiettivo distorto di quanto è accaduto e di una vita di strada.
Dalla Politica parlamentare a nessuna figura sociale o culturale di
rilievo della nostra società si leva una parola, un vuoto che non si può
fare a meno di rilevare e che fa riflettere.
Chi vorrebbe mai aiutare ragazze come Blenda ? Sostenendole,
organizzandole, facendole crescere come persone comuni che dovrebbero
avere dei diritti civili? Quanti lavorerebbero per l'emancipazione di
un’identità di genere Transessuale (a eccezione delle associazioni GLBQT*)?
Tre domande che non hanno la stessa risposta ma che ci aiutano a
comprendere in parte il vuoto che circonda questa vicenda.
Una vicenda che ci dimostra ancora un volta che nel nostro paese si può
scomparire finendo come inghiottiti ma sotto gli occhi di tutti.
Blenda e' vittima della fobia che affama le nostre menti che si cibano
della sicurezza propagandata nel nostro paese.
Non si tratta di renderla vittima Blenda, certo ha giocato con gli
squali nel suo mondo sommerso ed e' stata divorata poco alla volta.
Ma quando degli essere umani non hanno cittadinanza nella società, non
hanno dignità, sono moralmente condannati da chiunque, non sono più
persone, non esistono e di loro si può fare ciò che si vuole, non sono
accettate, in una parola sono non persone.
Perché poi in tutta questa storia si mostrano i dettagli più curiosi,
dagli appartamenti adiacenti a via Gradoli, ai mozziconi di sigaretta in
gigantografia sul luogo del delitto, alle bottiglie vuote, alle forme di
Blenda in vita e delle sue compagne. Non si sono mai viste le facce dei
quattro ricattatori travestiti da carabinieri, di questi transgender non
si sa più nulla? La loro identificazione pubblica non aiuterebbe le
indagini?
Quando a Blenda rubarono giorni fa il cellulare, lasciandole i soldi
nella borsetta, era evidente che quel telefonino conteneva troppe cose
scomode a molti, ma per la serenità di personaggi importanti
poteva essere tranquillamente ammazzata e non protetta.
Omicidio di stato come e' stato subito detto.
Blenda purtroppo non è la prima e non sarà l'ultima vittima inghiottita
in questo mondo, molti altri nomi meno famosi potrebbero aggiungersi
prima del suo, nomi che potrebbe dirci molto bene Regina Satariano
storica leader del Movimento Transgender che con il suo consultorio a
Torre del lago orienta e sostiene chi sta compiendo un percorso di
transizione e chi lo ha compiuto.
La comunità San Benedetto al Porto insieme a Regina Satariano, genovese
di nascita, ha accompagnato il percorso organizzativo della più storica
comunità transgender italiana, quella nata 40 anni fa nell'antico ghetto
ebraico del centro storico di Genova, proprio dietro la celebre via del
campo di De Andrè.
Una comunità transgender assediata, due anni or sono, dalla voglia di
sicurezza, dai cancelli a chiusura dei vicoli, dalla condanna morale e
civica che pendeva sulla loro esistenza.
Incontri, iniziative, feste e riunioni hanno fatto si che ciò non
accadesse. Da li, dalle necessità di questi mesi è nata l'idea di
costituirsi in associazione, di diventare soggetto attivo, di
organizzare e dare voce ai propri diritti.
L'associazione “Princesa” per i diritti delle persone transgender contro
la transfobia e l'omofobia prenderà parola proprio nei prossimi giorni
per dire tra le altre cose che di fronte alla morale dominante tutti
prima che categorie, siamo persone.
Non basterà dirlo, ma loro sono pronte anche a dimostrarlo.