Da Misna 
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Missionary International Service News Agency
STRISCIA DI GAZA
4/1/2009 13.10     
PADRE MUSALLAM ALLA MISNA: “È UNA GUERRA CONTRO I CIVILI, FERMATELI”
    Chiesa e Missione, Standard
“Pesanti bombardamenti, un gran numero di vittime, i soldati israeliani 
non distinguono più tra civili e combattenti, questa è guerra, guerra, 
guerra; qualcuno provi a fermarli”: raggiunto dalla MISNA nella sua 
parrocchia della Sacra Famiglia, padre Manuel Musallam, unico sacerdote 
cattolico della Striscia di Gaza, racconta l’ennesima tragedia di un 
popolo senza patria chiuso da decenni in una prigione e inascoltato dal 
resto del mondo. “I soldati israeliani si trovano nell’area dei loro 
vecchi insediamenti abbandonati nel 2005 - dice - ma non entrano nelle 
nostre città perché hanno paura di fronteggiare il cuore della 
resistenza palestinese; i bombardamenti da cielo, da terra e dal mare 
sono continui, alcuni colpi sono arrivati a nemmeno 20 metri dalla 
chiesa. Dopo la morte della piccola Cristine, un’altra bimba è morta 
questa mattina per il terrore e i boati continui. Era musulmana, 
frequentava la nostra scuola, il padre Abu Ras è disperato”. C’è 
rassegnazione nelle parole del sacerdote che vede con i suoi occhi ciò 
che molti mezzi di informazione continuano a nascondere o a far finta di 
non vedere. “Gli israeliani – continua – non solo colpiscono 
indiscriminatamente, ma stanno usando nuove e più insidiose armi. Ho 
parlato con il direttore del maggiore ospedale di Gaza che mi ha 
riferito di corpi con strane ferite mai viste prima qui a Gaza. Non so 
cosa stiano usando, nuove diavolerie di guerra e di morte”. Chiuso nei 
confini stretti di una striscia di terra lunga 40 chilometri e larga 15, 
un milione e mezzo di persone aspetta gli sviluppi di un attacco di cui 
non si riescono ancora a vedere con chiarezza le finalità. “Nonostante 
il resto del mondo dica il contrario, anche perché spinti da una 
informazione faziosa e disonesta – prosegue il sacerdote - sono stati 
gli israeliani a violare la tregua ripetutamente, non Hamas. Hamas non è 
un movimento estremista, gode del sostegno della popolazione e questo 
sostegno nell’ultima settimana si è accresciuto. Moltiplicare i motivi 
di risentimento dei palestinesi, come sta facendo Israele uccidendo 
donne, uomini e bambini che non hanno mai preso un’arma in pugno, non 
farà altro che allontanare ancor di più la pace”.[*GB*]
INTERNAZIONALE
6/1/2009 9.00     
NIENTE GIORNALISTI A GAZA: “DI CHE COSA HA PAURA ISRAELE”?
    Giustizia e Diritti umani, Standard
I giornalisti e gli operatori dell'informazione in genere, a meno di 
improvvise e inattese decisioni di Israele in senso contrario, non 
possono ancora mettere ufficialmente piede nella Striscia di Gaza: lo ha 
ribadito il ministero della Difesa di Tel Aviv, che ha finora rifiutato 
a qualsiasi rappresentante di stampa straniera il permesso di accedere a 
Gaza, adducendo rischi per la sicurezza; una recente sentenza della 
Corte suprema israeliana aveva invece stabilito che a otto 
corrispondenti di giornali stranieri doveva essere consentito l’ingresso 
nella Striscia. L’organizzazione non governativa svizzera Presse Embleme 
Campagne (Pec) ha intanto accusato lo stato di Israele di aver 
deliberatamente preso di mira e distrutto alcuni uffici dei mezzi 
d’informazione locali: lo scorso 28 dicembre, ricorda la Pec, i locali 
dell’ ‘Al-Aqsa Tv’, emittente di Hamas, sono stati distrutti da 
un’incursione aerea; il 30 dicembre sono stati bombardati gli uffici del 
quotidiano ‘Al-Resalah’, a Gaza City, mentre ieri è toccato a quelli 
della radio ‘Sawt Al-Aqsa’. “Di che cosa ha paura Israele?” si chiede 
Robert Fisk in un articolo sul quotidiano inglese “The Indipendent”, 
sottolineando che l’utilizzo del pretesto della “zona militare chiusa” 
per impedire ai media di parlare dell’occupazione della terra 
palestinese va avanti da anni. “L’ultima volta che Israele ha fatto 
questo gioco, a Jenin nel 2000 – aggiunge Fisk, riconosciuto come uno 
dei giornalisti più esperti di Medio Oriente - è stato un disastro. Non 
avendo potuto vedere la verità con i propri occhi, i giornalisti 
citarono solo fonti palestinesi, secondo le quali i soldati israeliani 
avevano compiuto un massacro; Israele ha invanno passato anni a negarlo. 
Adesso l’esercito israeliano sta tentando di usare di nuovo la stessa 
tattica destinata a fallire: impedire la presenza della stampa e tener 
fuori le telecamere”. L’argomento del modo viene coperta l’offensiva 
militare in corso a Gaza è al centro anche di un interessante articolo 
di William Cook, docente di Storia all’Università di La Verne nella 
California meridionale. Secondo Cook, che ha significativamente 
intitolato il suo intervento “Gaza: propaganda, percezione e realtà”, 
Israele è riuscito, attraverso un’attenta propaganda, a portare il mondo 
dalla propria parte, nascondendo la realtà dei dati statistici e le 
verità dell’occupazione. “Al mondo - scrive Cook sul sito d’informazione 
‘Palestine Chronicle’ - è stato detto, e viene detto di nuovo in questi 
giorni, che il popolo di Israele è vittima dei razzi di Hamas che cadono 
‘a pioggia’ sui suoi villaggi. Proviamo a considerare la realtà, invece 
della propaganda: Israele presenta Sderot come l’esempio sofferente di 
questa azione terroristica e organizza visite guidate per i giornalisti 
e i diplomatici, incluso Barack Obama. Ma fate solo un passo dentro Gaza 
e vedrete una reale devastazione, con resti di razzi finiti nei campi o 
che hanno colpito un edificio senza fare vittime. Sia a Gaza che in 
Cisgiordania sono evidenti le conseguenze delle incursioni militari, le 
case demolite dai bulldozer israeliani, i terreni agricoli piallati e 
gli alberi da frutto sradicati; oltre alla più subdola icona della 
brutalità umana, il ‘Muro della Paura’ eretto da Ariel Sharon”. [MV]
[*CO*]
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