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Ricevo da un amica cooperante in Uganda e condivido con voi.

Aggiornamenti Ugandesi 5 Aber,
5 Settembre 2008

Si chiama Monica, ha 2 anni e mezzo e viene da Ngai, una sub-county nel nord di Oyam. Scende dall’enorme Land Cruiser Toyota con cui e’ stata portata all’Aber Hospital. Scende da sola con un salto, sotto lo sguardo vigile del padre e di Mercy, una delle social workers che l’ha accompagnata. Si guarda attorno stringendo nella manina una caramella ancora incartata. Mentre Richard, il driver, aiuta il papa’ di Monica a scaricare la sua bicicletta dalla macchina, io guardo Monica con un sorriso e la saluto anche se so perfettamente che non capisce una parola di inglese. Lei mi guarda seria, io le tendo la mano e lei dopo qualche attimo di esitazione allunga la sua manina – quella senza caramella – sulla mia. Monica ha un bel vestitino viola e giallo, un po’ sgualcito e con qualche buco, ma comunque un bel vestito. Non ha scarpe ai piedini, come moltissimi bambini da queste parti. Non sorride a nessuno, ma sembra tranquilla con la sua caramella in mano. Non piange neppure...sembra assorta nei suoi pensieri. Monica ieri mattina e’ stata violentata.

Un venerdi piuttosto intenso all’ufficio di COOPI e CUAMM Aber. Le scartoffie oggi mi hanno costretta in ufficio, ma tra meeting con le due Field Coordinators Mercy e Mistika, con altri 3 social workers per cercare di capire come organizzarli per coprire gli Youth Centers che nei prossimi mesi dovremmo costruire e le telefonate con Lillian di UNFPA che chiama per cercare di organizzare un training per la priossima settimana per alcune Local Authorities, la giornata scorre intensamente. I due drivers scorrazzano su e giu per il distretto portando i social workers ai loro counselling centers o alle attivita’ di sensitization, e io ed Eleonora ci confrontiamo su tematiche quali l’impostazione da dare al risultato della ricerca effettuata ad inizio progetto, o come fare per la cena di stasera visto che Joyce andra’ a casa prima perche’ ha il bimbo malato.

E in questo clima indaffarato, verso le 15.30 Mercy arriva nel mio uffuicio dicendo che ha un emergenza: una bimba di 2 anni e mezzo e’ stata violentata ed e’ arrivata al Couselling Center di Anyeke dove Tonny, il nostro Socal Worker, ci dice che All’Heath Center non vogliano darle in PEP (Post Exposure Profilaxis, per evitarle almeno il rischio di contagio da AIDS) se ,come da procedure, prima non viene fatto il test al “partner”! Inutile dire che in casi di violenza sessuale generalmente il “partner” si e’ volatilizzato!! Sfortunatamente non e’ una novita’, ma la cosa non finisce mai di stupirmi e lasciarmi senza parole.

Proprio 2 giorni fa io ed Emanuela (il medico del CUAMM che e’ anche Project Manager del nostro progetto) siamo state ad Anyeke (capoluogo del distretto di Oyam, dove noi lavoriamo) per parlare con il District Health Officer, il panzuto Dr. Owyni, e con il nuovo nominato a capo dell’Health Center IV di Anyeke appunto, il Dr. Silvestre. Uno dei motivi della nostra visita era di fare chiarezza sul rilascio della PEP, appunto. Profilassi che prevede l’utilizzo di alcuni farmaci, su prescrizione medica, da assumere entro le prime 72 ore dal rapporto sessuale, quando si e’ stati esposti a rischio di contagio da HIV. Il nostro problema, parlando dei casi di SGBV, nasce dal fatto che una normale procedura medica interna prevede il preventivo test del richiedente il test e del partner (se il rischio di contaglio deriva da rapporto sessuale) prima di dare il PEP. Ma nei casi che trattiamo noi - violenza sessuale e defilment (rapporti con minori) – si tratta di reati, e dunque nel 99,9% dei casi il “partner” e’ scomparso o ricercato dalla polizia. Molte volte dunque la macchina burocratica si impiglia qui. E se si considera l’urgenza del PEP (deve esser assunto entro 72 ore) e il fatto che in tutto il distretto do Oyam viene dato negli unici 2 ospedali dove ci sono medici (Anyeke appunto, e Aber, dove noi abbiamo il ns ufficio) in un territorio dove le distanze possono essere infinite e difficili da coprire, e’ facile rendersi conto della drammaticita’ della situazione. Sia il Dr. Owini che il Dr. Silvestre si sono dimostrati sensibili alla questione e disponibili ad aiutarci a non rimanere impigliati nelle maglie burocratiche dell’Health Center, e ci hanno garantito che parleranno con lo staff addetto alla distribuzione del PEP per agevolare la collaborazione tra l’Health Center e le vittime di SGBV riferite loro dal Counselling Center.

Ma la tempistica affinche un accordo preso a tavolino scenda dalla scala gerarchica e si tramuti in un effettivo cambiamento sono lunghetti, e la piccola Monica e’ rimasta impigliata ancora una volta nella maglia burocratica.

Mentre Mercy si dirige con Richard ad Anyeke, io dall’ufficio chiamo Emanuela che oggi e’ a Kampala, e che in quanto medico ha piu feeling di me – e conosce meglio - l’heath staff di Anyeke. Lei inizia a fare una serie di telefonate (i prodi Dr. Owini e Dr. Silvestre sono irraggiungibili perche’ impegnati in un training a Lira - gli unici medici ad Anyeke) e mi richiama dopo circa 15 minuti dicendomi che il laboratory assistant ha ricevuto istruzionni di fare il test anche se solo alla bambina, che fortunatamente risultera’ essere negativo (se fosse gia’ positiva non avrebbe senso fare il PEP). Dopo circa una mezzoretta Mercy, che nel frattempo ha raggiunto Tonny, il ns social worker del Counselling Center di Anyeke, mi chiama per dirmi che il test e’ ok, ma che per dare il PEP c’e’ bisogno della firma di un medical officer e che essendo venerdi pomeriggio non ce ne’e’ nemmeno uno in giro. Richiamo Emanuela, che rifa’ una serie di chiamate prima di richiamare me per dirmi che Sister Gilda e’ in maternita’ ad Anyeke, che lei dara’ la PEP alla bambina ma che non essendo medico non ne conosce il dosaggio e dunque sta attendendo la chiamata di un medico dall’ospedale di Aber (cioe’ dal compound dove sto io!!!) che le indichi il dosaggio necessario per una bimba cosi piccola. Tutto sembra risolto quando mi chiama ancora Mercy dicendomi che ora Sister Gilda conosce il dosaggio necessario ma che ormai sono le 17 di venerdi e ...la farmacia dell’ospedale di Anieke e’ chiusa!!!!!!!!!!!!! Per giunta sara’ chiusa anche per il week end, mentre le 72 ore scadranno per Monica domenica mattina.

Quindi io e Christa (ginecologa tedesca del CUAMM che nel frattempo e’arrivata in ufficio) decidiamo di portare Monica e il suo papa’ qui ad Aber, a quasi un ora di macchina da Anyeke. E cosi verso le 18 il Land Cruiser di COOPI guidato da Richard con a bordo Mercy e Monica col suo papa’ e la loro bicicletta, arrivano nel parcheggio dell’ufficio di CUAMM e COOPI.

Christa e’ gia’ andata in ospedale a recuperare il medicinale necessario a Monica per la profilassi mentre io mi faccio raccontare da Mercy qualcosa di piu sull’accaduto. Lo strupatore di Monica ha 16 anni (un ragazzino di 16 anni!!!!), e’ un conoscente, ed e’ stato denunciato dalla madre dello stesso, che ora e’ ricercato dalla polizia. Torna Christa dopo una decina di minuti e spiega al padre (con l’aiuto di Mercy visto che l’inglese del padre non sembra ottimo) le modalita’ di assunzione: mezza pastiglia la mattina, mezza la sera per 28 giorni. Il papa’di Monica ne approfitta per chiedere al medico musungu alcune spiegazioni riguardo le visite e le prescrizioni che le sono state fatte all’Health Center IV di Anyeke. Richard, il driver, nel frattempo ci saluta e corre via...da mezz’ora circa e’ di turno per le chiamate notturne dell’ambulanza dell’ospedale di Aber, quindi deve farsi trovare pronto. Chiamo Milton, l’altro driver di COOPI, che nonostante il suo orario di lavoro sia abbondantemente terminato, appresa la situazione corre di nuovo in ufficio per poter riaccompagnare a casa Monica e il suo papa non appena avranno finito. Dopo una breve consultazione interna decidiamo che e’ il caso che Christa proceda anche alla visita della bimba e alla seguente compilazione del famoso form della polizia che serve per poter procedere con la denuncia del reato. Mercy l’accompagna per distrarre Monica durante la certamente non piacevole visita, e Monica e’ davvero bravissima a non piangere. Si limita a qualche mugugno iniziale. Io nel frattempo osservo, senza farmi vedere, in padre di Monica che aspetta fuori. Sembra tranquillo... ha fatto molta strada per portare la sua bambina all’ospedale, e ora chiacchera con Milton in Luo come se nulla fosse (anche se non capisco quello che si dicono). E osservandolo mi rendo conto per l’ennesima volta che da queste parti ci sono davvero poche cose che ormai riescono a sconvolgere la gente.

Al termine della visita Milton (vestito da venerdi sera con dei jeans larghi a cavallo basso e una maglietta verde elettrico!!) aiuta il padre di Monica a caricare la bicicletta sulla Land Cruiser. Poi il padre sale a bordo e si porta su anche Monica (che a salire da sola stavolta non ci riesce...troppo alta quella macchina gigante per una bimba taglia 2 anni e mezzo). Le portiere si chiudono e ci salutiamo con la mano. Buona fortuna Monica. I nostri social workers continueranno a seguire il caso anche per i prossimi mesi, andranno a trovare Monica e il suo papa’, si accerteranno che tra un mesetto la bimba faccia l’esame del sangua per accertare che non abbia preso qualche altra interessante malattia come la sifilide ecc., ma io difficilmente riusciro’ a rivederla. Abitano in un villaggio piuttosto lontano e remoto.

La macchina si allontana, e dopo qualche istante vengo ricatapultata nella mia vita da musungo. E’ arrivato Marc, un amico di Eleonora che stasera sara’ nostro ospite a cena. Sono ormai le 19.30. Resto in ufficio ancora una mezzoretta mentre Marc ed Eleonora iniziano ad andare a casa a cucinare. Ci sara’ anche Christa a cena con noi stasera...ha finito il gas a casa sua e in questi ultimi 3 giorni sembra non sia cosi semplice da trovare in giro. La serata trascorre tra una pasta pomodori e melanzane, un bicchiere di vino, 4 chiacchere sulla giornata appena trascorsa e su una nuova ricetta inventata casualmente da Mark...il risotto alla birra Nile.

Verso le 22.30 bussano alla porta. E’ Milton che mi riporta le chiavi dell’auto. Ha un aria stanca, e prima di augurarmi la buona notte mi dice solo una frase: “Lo hanno arrestato”.

Sogni d’Oro Monica.
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