[NuovoLab] il secolo xix 08_07_28

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«Islam e Africa sono il futuro»
      artisti e politica a genova
      Manu Chao: l'immigrazione è un fenomeno che può portare alla guerra 



            Genova. «Bisogna fare molta attenzione all'Islam e all'Africa. L'Europa ormai è un mondo vecchio, mentre quelle realtà sono giovani, rappresentano il futuro. Attenti anche all'immigrazione: è un fenomeno così complesso e radicale che può portare alla guerra». Manu Chao, a sette anni dal G8 genovese, è ancora lo stesso "no global" trasparente che osserva ogni cosa con lucidità.
            Intanto è sempre in viaggio, vede realtà diverse, cerca di capire quello che succede. Prima di arrivare a Genova, per gli show di ieri e sabato al Goa Boa festival, è stato in Medio Oriente ed è rimasto molto colpito dalle differenze che ci oppongono a mondi in crescita. È l'alba di domenica scorsa, Manu Chao ha cantato e suonato per quasi tre ore alla Fiera, è stanco. Eppure racconta in modo appassionato perché teme che il grande cambiamento alle periferie del mondo non venga compreso.
            Già sul palco, di fronte a oltre novemila persone, fra cui molti giovanissimi, forse neanche adolescenti ai tempi del G8 ma attratti più dal personaggio che dalla persona, lo showman franco-spagnolo lancia i suoi slogan: «Uomini pericolosi stanno minando il pianeta e il più pericoloso di tutti è Bush. Ma anche l'Italia deve vergognarsi per aver scelto il governo Berlusconi». La folla si infiamma perché trova una sponda per il proprio disagio. Poi Manu Chao la ipnotizza con altri slogan e teorie ribelli espresse in canzoni come "Clandestino" e "Desaparecido". La folla oscilla. 
            Dopo il concerto, dietro le quinte si respira aria di G8, il ricordo di quei giorni di luglio che hanno segnato in modo indelebile la città. Manu Chao c'era, suonò pochi giorni prima del summit: «È passato tanto tempo ma tutto quello che è successo resta una ferita nel mio cuore. A Genova sono tornato più volte perchéè una città che amo e dove ho molti amici, come don Gallo che sono venuto a trovare spesso. Ma sui giorni del G8 che cosa dovrei aggiungere? Ne ho parlato centinaia di volte. Comunque, per fare un esempio, è positivo che il processo per i fatti alla caserma di Bolzaneto sia giunto a conclusione. A parte le sentenze, che non conoscevo sino a poche ore fa, resta un fatto incontrovertibile: in quel G8 Carlo Giuliani è morto. Ed è un fatto gravissimo che non si potrà mai spiegare. Non si può tornare indietro, rimane la cicatrice». Il ritorno di Berlusconi al governo lo incupisce, ma la sua passione civile e politica, espressa da album e concerti, non viene mai meno: «Scrivo su foglietti di carta e bordi di giornale: anche un solo verso in una settimana o cento in una sola notte. Ci si ispira a qualsiasi avvenimento, ma anche gli spunti devono avere un senso. Il vostro premier, per intenderci, sarebbe la peggior ispirazione possibile. Eppure non riesco a essere pessimista: la mia religione è trovare sempre un lato positivo in ciò che mi circonda. Ciò non toglie che Berlusconi al potere sia un problema per l'Europa. La politica si basa sull'economia e l'equazione è semplice: o hai denaro o non ne hai. È un problema mondiale».
            Per essere un artista capace di trascinare la folla, Manu Chao in privato è molto più preoccupato: «Un fenomeno come l'immigrazione dovrebbe tenerci svegli. Ho visto come è stato trattato negli Stati Uniti, l'ho addirittura studiato per comprenderne tutti i meccanismi, e sono dell'idea che una una risposta adeguata non ci sia. So che in Italia volete prendere le impronte digitali di chi arriva da altri Paesi. Volete anche colorargli le dita di nero: è un'idea che mi mette ansia, può diventare un modello per l'Europa. Questo continente è popolato da governanti come Sarkozy, che è l'evoluzione di Berlusconi, ma è soprattutto un posto di vecchi. In Africa e in Medio Oriente, invece, ci sono generazioni sempre più giovani. Ma senza una programmazione, l'immigrazione può degenerare in guerre, si rischia una grande tragedia».
            Manu Chao rimane, dunque, un visionario: «O apriamo le nostre porte a una nuova civiltà o marciamo verso la morte. In Algeria e Marocco i bambini sono più educati in mezzo al deserto che qui. Il che mi pare un paradosso inquietante, o no? Recentemente sono stato in paesi dell'islam: la maggior parte di quei Paesi è moderna. Mi sono fatto l'idea che l'unica soluzione a tanti problemi che abbiamo qui sia nel cuore del deserto».
            Fabrizio Basso