[Incontrotempo] La storia di tutti noi.

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La storia di tutti noi.

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L’abbiamo già visto. Una rissa, una lite tra balordi
finita male. Stavolta la scusa è la sigaretta ma, come
ieri, la politica non c’entra niente.
Esattamente come quasi due anni fa, un ragazzo smette
di vivere. Per noi è stato Renato, ammazzato fuori da
un dance hall reggae sul litorale di Roma, ammazzato a
coltellate perché considerato diverso, compagno,
rosso. Oggi è Nicola, ammazzato di botte in una strada
del centro di Verona; stesse mani, poco più che
adolescenti, di un gruppetto di ragazzini cresciuti
nella cultura fascista e razzista dell’intolleranza e
del disprezzo.
Educati alla violenza attraverso l’uso della lama
facile e dell' aggressività gratuita, infame, codarda
del gruppo, o della squadraccia, dei raid notturni.

Questi omicidi, nel corso di due anni, non sono
episodi di bullismo e non sono uno spettacolo.
Sono figli di un determinato linguaggio politico, di
scelte di parole d’ordine; figli di un’esasperata
rincorsa all’ordine ed alla sicurezza.
La paura ed il disprezzo, ripetuti ed alimentati,
della diversità, che sia della pelle, dell’origine
geografica, del pensiero o del modo di vestire: una
cultura fatta di odio, violenza e sopraffazione. La
scelta meticolosa di spostare sempre più avanti la
soglia dell’intolleranza ed alimentare quella guerra
tra poveri che spesso aiuta a non vedere tutto il
resto.
Il resto fatto di precarietà della nostra vita, di
lavori infimi e senza diritti, dalla mancanza di casa,
dalla mancanza di spazi di decisione reale o di
costruzione di un proprio futuro.
Oscuri e puliti rimangono sempre quelli che su questa
guerra ci speculano, ci mangiano e si ingrassano. La
guerra sociale permanente, dove il nemico è sempre il
più debole, chi non corrisponde ad un tratto “normale”
delineato da non si sa bene chi e con quale autorità.

Per questo è pericoloso parlare da un punto di vista
sociologico, e non politico, rispetto a fatti che non
sono folklore, o semplice nostalgia, ma fenomeno
diffuso e pericoloso di una matrice politica.
Pericoloso come soffiare sul fuoco, come spesso
ambienti politici, di centro-destra e centro sinistra,
o i media fanno. Pericoloso perchè coscientemente
superficiale e banalizzante, come l’invocazione
dell’equidistanza dagli opposti estremismi.

Si tratta invece della contrapposizione reale tra
nature politiche differenti. Si tratta di rifiutare
una cultura politica che si ispira ad una della pagine
più nere della nostra storia da cui, faticosamente,
siamo usciti più di sessant'anni fa; si tratta di
affermare che oggi una cultura mortifera, piena di
richiami populisti alla chiusura degli spazi di
libertà e sfruttamento della miseria, sta venendo
propagandata nei territori della società italiana.
Non ci sono emarginati (da rieducare) a cui viene
inculcata la violenza, ma esiste una dinamica
trasversale che diventa la scelta di adesione ad una
posizione politica e a un comportamento che fà
dell’aggressione, in senso lato, il suo strumento.
Come tutte le aggressioni che avvengono ai danni di
chi non può, o non vuole, denunciarlo o di migranti e
rom a cui vengono date a fuoco le baracche.

La nostra attivazione è stata, è e sarà sempre di
senso opposto, ispirata all’inclusione ed alla
costruzione di legami solidali forti; cerchiamo di
ricomporre un terreno inclusivo che sappia affermare
diritti per tutti e non privilegi per qualcuno.
La violenza diffusa in questa società ai danni di
tutti noi è tradotta nell’impossibilità di poter avere
delle scelte da compiere; relegarla nello scontro
degli opposti estremismi è solo una cartina di
tornasole.
La tutela dei nostri spazi politici, delle nostre
prospettive e della nostra incolumità fisica ci pone
di fronte alla questione della violenza. Se lo
sciacallaggio ipocrita delle istituzioni si trincera
dietro l’equidistanza, noi affermiamo di avere il
diritto alla resistenza. Rispetto ai fascisti, ai loro
metodi e ai loro tentativi di sopraffazione non faremo
un passo indietro.

Conosciamo le operazioni mediatiche che seguono queste
violenze: così come è successo dopo la morte di
Renato, e prima Dax, e ancora dopo la morte di Nicola
riemerge la stessa fretta di escludere qualsiasi
matrice politica, rendendo invece plausibile la
versione della rissa per futili motivi.
Oggi, ancora una volta, ripetiamo che a Verona, come a
Focene, non è stata una rissa, è stata un’aggressione.
E, ad uccidere Nicola, come ad uccidere Renato, sono
stati giovani appartenenti ad una cultura neofascista
e razzista, espressione di una destra reazionaria.
Conosciamo il dolore, la rabbia, la mancanza di parole
e ci stringiamo intorno alla famiglia, agli amici, ai
suoi fratelli e sorelle.

Verso la manifestazione nazionale a Verona, il 17
maggio...
Con Renato, Dax e Nicola nel cuore.

LOA Acrobax
Coordinamento cittadino di lotta per la casa



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