Pubblichiamo la lettera che don Gallo ha scritto in risposta 
all'editoriale del direttore del Il Secolo XIX uscito il 1 aprile.
L'editoriale dal titolo "Ma chi comanda il Porto"  è un brutto attacco 
ai lavoratori portuali, al diritto di sciopero e alla Compagnia Unica.
La lettera di don Gallo è stata pubblicata sul quotidiano di oggi.
potete trovarlo anche su 
http://www.sanbenedetto.org
Genova lì, 01.04.08
 
Alla c.a Direttore Secolo XIX
Consapevole della mia pochezza, mi trovo in grave difficoltà 
interloquire col Direttore di una gloriosa testata come Il Secolo XIX.
Tuttavia, l’editoriale del dottor Vaccari di martedì 1 aprile mi ha 
lasciato molto perplesso, trattandosi di una questione cruciale come 
quella del Porto, fonte di tante contese.
Ho osato scrivere per amore alla mia città, al Porto, fonte di prestigio 
e ricchezza per tutti.
Il titolo dell’articolo lasciava ben sperare: “Chi comanda in Porto”. E’ 
quello che i genovesi da anni vorrebbero comprendere.
Sono più che certo, con un informazione corretta, la risposta sarebbe 
interessante e sorprendente.
Con un linguaggio tagliente, senza concedere spazi ad una serena 
analisi, ignorando tutti gli Agenti Marittimi, il Comune, la Provincia, 
la Regione, la Camera di Commercio, la grave sentenza è stata pronunciata.
Per l’ennesima volta, sul banco degli imputati troviamo la Compagnia 
Unica, i Camalli, “Una delle ultime corporazioni che (sottolineo) 
pretendono di soffocare l’Italia”.
Mi perdoni Direttore, per la stima che nutro nei suoi confronti, non è 
un po’ pesante questa affermazione?
Nel titolo a pagina 19 del quotidiano si conferma, senza appello, la 
drastica requisitoria:  “Le regole del Diritto e la legge della 
prepotenza” in cui si evidenzia il “ricatto” della Compagnia portuale, 
responsabile della paralisi dello scalo marittimo.
Si è già dimenticato lo scandaloso blocco dell’export-import del V.T.E. 
di Voltri?
Nel passato, in una situazione indecorosa e ingarbugliata, il Presidente 
D’Alessandro andò ad un faccia a faccia col Console Batini, in privata 
sede, addirittura con l’allora Arcivescovo Cardinale Giuseppe Siri di v.m.
Risparmio il resoconto di quello storico incontro.
Lo sciopero non è un ricatto, egregio Direttore. E’ un diritto 
sacrosanto della classe dei lavoratori.
Chiede solamente di giocare a carte scoperte.
C’è in corso, da mesi, una inchiesta giudiziaria.
Vogliamo rispettarla fino in fondo al terzo grado?
Il trattamento, l’umiliazione per il Presidente Novi ha passato i 
limiti. Si è giunti alla custodia cautelare alla vigilia della scadenza 
del mandato. Tant’è vero che c’è ancora un ricorso in atto.
Ho la sensazione che una campagna stampa vuol difendere, a tutti i 
costi, il Diritto della Forza più o meno palese.
Non sarebbe meglio, con maggior cautela, difendere la Forza del Diritto? 
E in questo ci vuole discernimento.
Come si fa, caro Direttore, a sostenere che in tutta la vicenda “tutte 
le ragioni stanno da una sola parte, quella di Merlo”?
Mi dispiace contraddirla, ma il ministro Ferrero ha ragione quando 
sostiene che c’è bisogno di “civiltà” nei rapporti di lavoro, di 
sicurezza e stare in guardia dallo sfruttamento.
Si preferisce partire con la lancia in resta, da un presunto canone non 
pagato.
Non è vero che “sfratto” fa rima con ricatto?
I sindacati hanno chiesto un mese di tregua.
Stimato Direttore, non è informato sulla Compagnia Unica. Non è un 
antiquata corporazione.
E’ una grande famiglia. Con uno sforzo non facile si è adeguata alla 
legge 84/94, rispettandola. La Compagnia, nonostante tutti gli attacchi 
subiti è ancora in piedi.
E’ una storia da rispettare.
Non è reato contestare una legge per cercare di realizzare una 
legislazione migliore per il Mediterraneo e per l’Europa.
Infatti, la Compagnia, sta preparando un incontro con i lavoratori 
portuali degli altri scali marittimi, mediterranei ed europei.
La Compagnia Unica, volenti o nolenti, è un fiore all’occhiello.
Migliaia di famiglie, da oltre sessant’anni, si sono organizzate per 
creare posti di lavoro, con autogestione, per una socializzazione, per 
un mercato controllato democraticamente e non selvaggio.
Non cancelliamo una questione importante per cui migliaia di lavoratori 
sono scesi in politica per la liberazione del lavoro, dopo la resistenza.
Anche se vecchio, non rinuncio a questa grande speranza.
Conosciamo veramente la qualità, lo spirito, la professionalità, la 
pericolosità del lavoro in banchina, nelle stive, sui mezzi meccanici, 
nei “picchi” di lavoro diurno e notturno?
Non sopporto l’ipocrisia di versare lacrime sugli operai morti sul 
lavoro e poi non ingaggiare lotte contro i responsabili.
Caro Direttore, non soffi ancora su di un nostro difetto grave: siamo 
divisi e usiamo vocabolari frantumati. Uniamoci nelle speranze e nei 
programmi.
Non voglio arrendermi di fronte al crescente Partito Unico del 
conformismo dominante.
L’effetto giuridico: “Lex, dura lex, sed lex” porta solo allo scontro.
Legalità è trasparenza. Più solidarietà equivale a giustizia.
Come si fa a definire “corporativismo”, per di più dannoso, la gestione 
della Compagnia Unica che ha secoli di storia, governata da un Console, 
Paride Batini, che riceve la fiducia della stragrande maggioranza dei 
soci, coadiuvato da un gruppo dirigente (Consiglio d’Amministrazione) 
con elezione diretta e democratica?
In una dialettica onesta, senza volpi sotto le ascelle - diciamo a 
Genova – in un confronto leale, i portuali dimostreranno appartenenza a 
questo amato posto. E’ la loro fatica, il loro orgoglio, il loro pane, è 
la vita di tante famiglie.
Si assumeranno, come sempre, le loro responsabilità.
Tale è il mio auspicio ardente.
Presidente Merlo, non spetta a questo prete-portuale (cappellano S. 
Benedetto al Porto) darle suggerimenti.
Non abbia fretta. Perché non approfondire le relazioni? Questa è politica.
Ci vuole tempo, ci vuole discernimento, ascolto, dialogo. La scommessa 
continua.
Il detto famoso “Genuensis ergo mercator” non esprime soltanto il senso 
di una finalità comune ai nostri concittadini.
Dice che “ciascun” cittadino è parte viva della Comunità.
E’ molto ligure, molto genovese, questo anteporre l’Uomo e i suoi 
diritti, alla collettività, ma proprio per far si che la collettività 
possa essere meglio servita dall’Uomo.
Don Gallo