Re: [NuovoLab] Tibet: la Cina accusa, il Dalai Lama pronto a…

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Szerző: Edoardo Magnone
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Tárgy: Re: [NuovoLab] Tibet: la Cina accusa, il Dalai Lama pronto a dimettersi. Altri 19 morti
Conoscendo i rapporti di "cattivo" vicinato che intercorrono tra
Giappone e Cina posso solo dire che anche sui telegionali nazionali
giapponesi piu` o meno arrivano le stesse notizie che possono arrivare
in Italia... ma con una sostanziale differenza! Ripeto che non sempre
i giapponesi riescono ad essere obiettivi nel giudicare la cina e la
sua politica...capirete, con quello passato.

Comunque sia, persino le news giapponesi e le discussioni dei salotti
televisivi stile vespa-del-sol-levante, pur soffermandosi sugli
scontri, riconoscono che i morti sono avvenuti anche per mano dei
"pacifisti" buddisti insorti (che a dir la verita` sembrano davvero
pochi su una popolazione sostanzalmente in accordo con la lo sviluppo
avuto grazie ad i finanziamenti cinesi).
I negozi assaltati sono quasi tutti appartementi ad una minoranza di
cinesi che ha deciso di investire i soldi di una vita aprendo piccole
botteghe artigianali a conduzione famigliare in quello che per molti
di loro e` un regione particolarmente ben vista dai finanziamenti
statali ed in forte sviluppo. Talmente in sviluppo da pensare di
rischiare la pelle per andare a vivere all`interno di una maggioranza
estremamente razzista (nei confronti di ogni non autoctono), religosa
(con tutto quello che questo termine negativo puo` comprendere nei
confronti di un non buddista) ed indipendentista (nei confronti della
cina).

Edaordo Magnone

PS. trovo estremamante ricca di spunti l`approfondimento allegato di
seguito in corpo mail.


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Il Tibet, la Cina e i Lama-party della sinistra "radical"

Le mutevoli folgorazioni che spesso influenzano le scelte del ceto
politico di sinistra riservano sempre delle bizzarre sorprese: dalle
calde foreste del Chiapas l'attenzione ora si è spostata ai freddi
altopiani del Tibet, a sostegno del Dalai Lama e con chiari intenti
anticinesi. Emerge, come d'abitudine, la propensione a pontificare su
quello che succede in casa altrui e, come sempre, il separatismo (del
Kosovo, della Cecenia o del Tibet) è una bandiera che certa sinistra
continua a sventolare con desolante supponenza. Proviamo ad immaginare
la reazione se i comunisti cinesi dovessero offrire il loro sostegno
ai separatisti della Padania. Allora, chi è e cosa vuole questo
stravagante Dalai Lama che all'austerità dei templi buddisti
preferisce confortevoli soggiorni negli hotel a 5 stelle dell'emisfero
occidentale?

Riteniamo utile riassumere i fatti storicamente assodati che hanno
segnato i principali passaggi del Tibet, dall'oscuro medioevo lamaista
al suo attuale trend di sviluppo economico e sociale come entità
autonoma del grande pianeta Cina.

Dal 1727 – ossia ben prima che la Padania e il regno delle due Sicilie
diventassero parte integrante dello Stato italiano – il Tibet è
diventato, a sua volta, parte integrante della Cina, sotto forma di
dipendenza autonoma. In quanto tale è sempre stato dominato (fino alla
rivoluzione) da un regime teocratico autoritario, con tutto il potere
concentrato nella mani del Dalai Lama, capo spirituale e temporale.

Tutta la terra era di proprietà del Gran Lama e della gerarchia
teocratica buddista-lamaista, espressione di un rapporto di produzione
feudale basato sulla servitù della gleba, con larghe fasce di
schiavitù. L'investitura del Lama era sottoposta e ratificata alla
corte imperiale di Pechino. Questa prassi è stata mantenuta anche nel
periodo del Kuomintang.

La Repubblica popolare cinese ha assunto il controllo del territorio
tibetano il 23 maggio 1951. Da quel momento inizia un lungo processo
di trasformazione sociale che comprende l'abolizione della servitù
della gleba e della schiavitù, la distribuzione dei pascoli ai
contadini senza terra (non esistono a quell'altitudine altre
significative coltivazioni agricole) e la costituzione di cooperative.
Inizia nel contempo il programma di alfabetizzazione di massa con
partenza da quota zero.

La costituzione cinese riconosce al Tibet (e non solo al Tibet) lo
status di repubblica autonoma che comprende il riconoscimento della
lingua, della cultura e della religione (all'incirca quello che la
Costituzione italiana riconosce alle regioni autonome della Valle
d'Aosta e del Trentino-Alto Adige).

Nel 1959 un tentativo insurrezionale di bande armate addestrate dalla
CIA in California (archivi resi pubblici dalla stessa CIA) viene
sventato dalla popolazione di Lhasa che insorge in massa e costringe
il Dalai Lama alla fuga in India. Sono totalmente false le accuse di
genocidio rivolte alla Cina: la popolazione è più che raddoppiata
negli ultimi 40 anni e, dei 2,7 milioni di abitanti, il 90% è di
origine tibetana, e solo il 10% è composto da residenti di etnie
diverse. La speranza di vita è salita dai 35 anni dei primi anni
cinquanta ai 69 di oggi. Credo che l'ultima persona al mondo titolata
a parlare di diritti umani sia il Dalai Lama.

Spunti interessanti sulla politica di smembramento perseguita da
Washington contro la Cina sono presenti nel libro "La grande
scacchiera" di Z. Brzezinski, un insospettabile autore celebrato come
lucido stratega del pensiero imperialista americano. A chi si sentisse
irresistibilmente attratto dal tema dei "diritti umani" di ispirazione
lamaista consiglierei di farsi la faticosa gita che dal Tibet,
attraverso il colle sud dell'Everest, conduce nel contiguo Nepal, il
piccolo stato himalayano sconvolto fino al 2006 da una guerriglia
contadina, scoppiata nel 1996. Seguendo l'esempio dei loro fratelli
tibetani, con cui sono legati da secoli, i contadini nepalesi sono
insorti per liberarsi dalla servitù della gleba e dalla schiavitù,
ossia dagli stessi rapporti feudali che il Dalai Lama amministrava nel
Tibet prima della rivoluzione. L'inviato in Nepal di Le Monde
Diplomatique, Cedric Gouverneur, ha scritto sul n° 11 del 2003: "Una
parola ritorna costantemente sulla bocca di ogni guerrigliero
intervistato: sviluppo! Gli insorti vogliono medici, strade, ponti,
elettricità, dighe e poter esportare i loro raccolti. Vogliono
semplicemente uscire dalla miseria". Evidentemente sono state le
trasformazioni nel Tibet moderno che hanno acceso le speranze dei loro
fratelli nepalesi. Vediamole queste trasformazioni.

Dalla metà degli anni 90 il PIL del Tibet è aumentato del 13% l'anno,
ossia più degli eccezionali ritmi di sviluppo della stessa Cina. Le
opere edili sono raddoppiate e il commercio, che fino ad una decina di
anni fa si svolgeva quasi esclusivamente col confinante Nepal, è
cresciuto di 18 volte rispetto al 95. Con gli stessi ritmi vengono
sviluppati il sistema sanitario e quello scolastico (entrambi
inesistenti nel passato). Nel 2001 il governo di Pechino ha stanziato
65 miliardi di yuan per finanziare progetti di infrastrutture che
permettano ai tibetani di uscire dal medioevo buddista- lamaista e di
approdare nell'universo contemporaneo usufruendo dei vantaggi offerti
dal progresso economico e sociale che sta trasformando la Cina
popolare.

Fino a pochi mesi fa l'unica via di comunicazione tra il Tibet e il
resto della Cina era una strada dissestata che partendo da Golmund
(provincia del Qinghai) consentiva ai camion di accedere a Lhasa in
50/60 ore di viaggio. Oggi lo stesso percorso si compie in 16 ore sul
modernissimo "treno del cielo" che corre lungo i binari della più alta
ferrovia del pianeta: oltre 1200 km. costruiti lungo un itinerario da
fantascienza, a oltre 5.000 m. di altitudine.

Sarebbe questa la "devastazione freddamente calcolata dalle autorità
cinesi" che, come ci racconta il Dalai Lama, starebbe distruggendo le
tradizioni e la cultura religiosa del popolo tibetano?

Possibile che il ceto politico di sinistra non venga sfiorato dal
dubbio di cadere nel ridicolo prestando fede alle lamentazioni di
questo bizzarro personaggio

Sergio Ricaldone
http://www.resistenze.org

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2008/3/18, ugo <alfredo.beiso@???>:
> Il Dalai Lama ha detto di essere pronto alle dimissioni se la situazione in
> tibet degenera e diventa incontrollabile. La dichiarazione è arrivata durante
> un incontro con la stampa a Dharamsala, in India, sede del parlamento tibetano
> in esilio. Il leader spirituale dei tibetani, accusato dalla Cina di essere
> dietro alle manifestazioni di Lhasa, ha detto di avere come "unica opzione le
> dimissioni se le cose vanno fuori controllo".
>
>
>
> Altri 19 manifestanti tibetani sarebbero stati uccisi oggi dalle forze di
> sicurezza cinesi in un'altra provincia della Repubblica Popolare, quella centro-
> settentrionale del Gansu: lo ha denunciato il governo tibetano in esilio dal
> suo quartier generale di Dharamsala, nel nord dell'India. Sempre secondo il
> governo esiliato, il totale dei morti "accertati" in una settimana di disordini
> e scontri sarebbe dunque salito ad almeno 99 unità.
>
> Nessuna indipendenza all'orizzonte
> L'indipendenza del Tibet è "fuori questione": lo ha puntualizzato il Dalai
> Lama, replicando alle accuse mossegli al riguardo dalla Cina, nel corso di una
> conferenza stampa a Dharamsala, cittadina nello Stato settentrionale indiano
> dell'Hichamal Pradesh dove vive in esilo dal 1959.
>
> Wen Jiabao si scaglia contro la "cricca del Dalai Lama"
> Il primo ministro cinese Wen Jiabao si scaglia contro quella che ha definito
> come la "cricca del Dalai Lama" di aver "premeditato e organizzato" le
> violenze avvenute nei giorni scorsi a Lhasa, capitale del Tibet. La Cina ha
> sostiene che i morti sono 13 mentre secondo il governo tibetano in esilio sono
> almeno cento.
>
> Wen ha sottolineato che i rivoltosi hanno compiuto "saccheggi e incendi" e che
> hanno ucciso "in modo estremamente crudele" dei "cittadini innocenti". La
> versione della Cina, che non coincide con quella di molti testimoni, e' che le
> forze di sicurezza non hanno fatto uso di armi da fuoco e che hanno esercito la
> "moderazione" nella repressione dei moti.
>
> Il premier ha anche sostenuto che i disordini sono diretti a "sabotare le
> Olimpiadi", che "da molte generazioni sono il sogno del popolo cinese".
> "Dobbiamo portare avanti lo spirito olimpico e non politicizzare le Olimpiadi",
> ha aggiunto. In una conferenza stampa stampa prolungatasi per due ore e mezzo
> nella Sala dell'Assemblea del Popolo, Wen ha detto di avere "le prove" della
> responsabilita' del Dalai Lama, il leader tibetano e premio Nobel per la pace
> che vive in esilio in India e che nei giorni scorsi ha accusato Pechino di
> compiere un "genocidio culturale" in Tibet. Si tratta, ha sostenuto Wen, di una
> "menzogna".
>
> Wen ha anche ammesso, per la prima volta, che la rivolta tibetana si e'
> estesa a molte zone del Paese. Secondo Wen queste circostanze dimostrano che il
> Dalai Lama "non e' sincero" quando afferma di volere per il Tibet l'autonomia e
> non l'indipendenza" ma ha lasciato uno spiraglio aperto alle trattative, se il
> premio Nobel "accettera' che il Tibet e Taiwan sono parte integrale della
> Cina".
>
> A Taiwan, dove sabato prossimo si svolgeranno le elezioni presidenziali e un
> referendum sull'adesione all'Onu inviso a Pechino, Wen ha offerto la ripresa
> dei colloqui sull'unificazione, probabilmente nella speranza che vengano
> confermati i sondaggi che danno vincente Ma Ying-jeou, il candidato piu'
> disposto a un compromesso.
>
> Wen Jiabao ha negato che sia in corso una stretta contro i dissidenti
> Wen Jiabao ha poi negato che sia in corso una "stretta" contro i dissidenti in
> vista delle Olimpiadi. E' una cosa, ha detto, "che non esiste". Rispondendo a
> una domanda sulla sorte dell' attivista democratico Hu Jia, il cui processo
> comincia oggi, ha affermato che verra' trattato "in accordo con la legge". Hu,
> in prigione da tre mesi, e' accusato di "istigazione a sovvertire i poteri
> dello Stato" e rischia una condanna fino a cinque anni di prigione.
>
> India. Manifestazione nel nord, chiesto intervento Onu
> Oltre duemila tibetani provenienti da tutte le province dell'India del Nord
> si
> sono riuniti a Siliguri in una delle manifestazioni piu' affollate da anni,
> chiedendo alle Nazioni Unite un'inchiesta sulla repressione cinese in Tibet.
>
> Guidati da centinaia di monaci in tunica marrone, alcuni dei quali
> giovanissimi, i manifestanti hanno innalzato bandiere tibetane e marciando per
> le vie di Siliguri hanno gridato slogan come "Vogliamo giustizia", "Vogliamo la
> liberta' ".
>
> Dawa Gyalpo, che dirige una libreria di cultura tibetana nel villaggio
> indiano di Salugara ed e' stato uno degli organizzatori del raduno, ha accusato
> le Nazioni Unite di "osservare cio' che succede in Tibet, senza fare nulla",
> mentre i tibetani dell'India chiedono che "l'Onu avvii un'inchiesta" sui fatti
> di Lhasa.
>
> La manifestazione, cui hanno partecipato anche molte donne in abiti
> tradizionali tibetani, si e' svolta presso il monastero di Kala Chakra, alla
> periferia di Siliguri, e ha riunito tutti gli esuli tibetani provenienti dagli
> stati indiani dell'Arunchal Pradesh, Meghalaya, Nagaland e West Bengala.
>
> D'Alema alla Cina: "Cessi la repressione in Tibet"
> "Ci sarà un incontro alla Farnesina con l'ambasciatore cinese perché vogliamo
> esprimergli la preoccupazione che abbiamo e la richiesta che cessi la
> repressione, e che possano andare in Tibet osservatori internazionali", lo ha
> dichiarato il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema.
>
> Obiettivo: spingere la Cina ad aprire un dialogo con il Tibet. "Ricordo che il
> Dalai Lama - ha proseguito D'Alema - non chiede affatto l'indipendenza del
> Tibet, ma il rispetto dei diritti nazionali del popolo tibetano. Sono le nostre
> posizioni e saranno espresse all'ambasciatore della Repubblica Popolare cinese
> dal sottosegretario Vernetti.
>
>
>
> fonte rai news24 ore 1300 del 18/04/08
>
>
>
>
>
>
> ub
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> Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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> Ugo Beiso
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> Moderiamoci: no html, risposte private in privato: il reply e' alla lista,
> e viene letto da tutti gli iscritti.
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