Szerző: ugo Dátum: Címzett: aderentiretecontrog8, forumgenova Tárgy: [NuovoLab] Tibet: la Cina accusa,
il Dalai Lama pronto a dimettersi. Altri 19 morti
Il Dalai Lama ha detto di essere pronto alle dimissioni se la situazione in
tibet degenera e diventa incontrollabile. La dichiarazione è arrivata durante
un incontro con la stampa a Dharamsala, in India, sede del parlamento tibetano
in esilio. Il leader spirituale dei tibetani, accusato dalla Cina di essere
dietro alle manifestazioni di Lhasa, ha detto di avere come "unica opzione le
dimissioni se le cose vanno fuori controllo".
Altri 19 manifestanti tibetani sarebbero stati uccisi oggi dalle forze di
sicurezza cinesi in un'altra provincia della Repubblica Popolare, quella centro-
settentrionale del Gansu: lo ha denunciato il governo tibetano in esilio dal
suo quartier generale di Dharamsala, nel nord dell'India. Sempre secondo il
governo esiliato, il totale dei morti "accertati" in una settimana di disordini
e scontri sarebbe dunque salito ad almeno 99 unità.
Nessuna indipendenza all'orizzonte
L'indipendenza del Tibet è "fuori questione": lo ha puntualizzato il Dalai
Lama, replicando alle accuse mossegli al riguardo dalla Cina, nel corso di una
conferenza stampa a Dharamsala, cittadina nello Stato settentrionale indiano
dell'Hichamal Pradesh dove vive in esilo dal 1959.
Wen Jiabao si scaglia contro la "cricca del Dalai Lama"
Il primo ministro cinese Wen Jiabao si scaglia contro quella che ha definito
come la "cricca del Dalai Lama" di aver "premeditato e organizzato" le
violenze avvenute nei giorni scorsi a Lhasa, capitale del Tibet. La Cina ha
sostiene che i morti sono 13 mentre secondo il governo tibetano in esilio sono
almeno cento.
Wen ha sottolineato che i rivoltosi hanno compiuto "saccheggi e incendi" e che
hanno ucciso "in modo estremamente crudele" dei "cittadini innocenti". La
versione della Cina, che non coincide con quella di molti testimoni, e' che le
forze di sicurezza non hanno fatto uso di armi da fuoco e che hanno esercito la
"moderazione" nella repressione dei moti.
Il premier ha anche sostenuto che i disordini sono diretti a "sabotare le
Olimpiadi", che "da molte generazioni sono il sogno del popolo cinese".
"Dobbiamo portare avanti lo spirito olimpico e non politicizzare le Olimpiadi",
ha aggiunto. In una conferenza stampa stampa prolungatasi per due ore e mezzo
nella Sala dell'Assemblea del Popolo, Wen ha detto di avere "le prove" della
responsabilita' del Dalai Lama, il leader tibetano e premio Nobel per la pace
che vive in esilio in India e che nei giorni scorsi ha accusato Pechino di
compiere un "genocidio culturale" in Tibet. Si tratta, ha sostenuto Wen, di una
"menzogna".
Wen ha anche ammesso, per la prima volta, che la rivolta tibetana si e'
estesa a molte zone del Paese. Secondo Wen queste circostanze dimostrano che il
Dalai Lama "non e' sincero" quando afferma di volere per il Tibet l'autonomia e
non l'indipendenza" ma ha lasciato uno spiraglio aperto alle trattative, se il
premio Nobel "accettera' che il Tibet e Taiwan sono parte integrale della
Cina".
A Taiwan, dove sabato prossimo si svolgeranno le elezioni presidenziali e un
referendum sull'adesione all'Onu inviso a Pechino, Wen ha offerto la ripresa
dei colloqui sull'unificazione, probabilmente nella speranza che vengano
confermati i sondaggi che danno vincente Ma Ying-jeou, il candidato piu'
disposto a un compromesso.
Wen Jiabao ha negato che sia in corso una stretta contro i dissidenti
Wen Jiabao ha poi negato che sia in corso una "stretta" contro i dissidenti in
vista delle Olimpiadi. E' una cosa, ha detto, "che non esiste". Rispondendo a
una domanda sulla sorte dell' attivista democratico Hu Jia, il cui processo
comincia oggi, ha affermato che verra' trattato "in accordo con la legge". Hu,
in prigione da tre mesi, e' accusato di "istigazione a sovvertire i poteri
dello Stato" e rischia una condanna fino a cinque anni di prigione.
India. Manifestazione nel nord, chiesto intervento Onu
Oltre duemila tibetani provenienti da tutte le province dell'India del Nord
si
sono riuniti a Siliguri in una delle manifestazioni piu' affollate da anni,
chiedendo alle Nazioni Unite un'inchiesta sulla repressione cinese in Tibet.
Guidati da centinaia di monaci in tunica marrone, alcuni dei quali
giovanissimi, i manifestanti hanno innalzato bandiere tibetane e marciando per
le vie di Siliguri hanno gridato slogan come "Vogliamo giustizia", "Vogliamo la
liberta' ".
Dawa Gyalpo, che dirige una libreria di cultura tibetana nel villaggio
indiano di Salugara ed e' stato uno degli organizzatori del raduno, ha accusato
le Nazioni Unite di "osservare cio' che succede in Tibet, senza fare nulla",
mentre i tibetani dell'India chiedono che "l'Onu avvii un'inchiesta" sui fatti
di Lhasa.
La manifestazione, cui hanno partecipato anche molte donne in abiti
tradizionali tibetani, si e' svolta presso il monastero di Kala Chakra, alla
periferia di Siliguri, e ha riunito tutti gli esuli tibetani provenienti dagli
stati indiani dell'Arunchal Pradesh, Meghalaya, Nagaland e West Bengala.
D'Alema alla Cina: "Cessi la repressione in Tibet"
"Ci sarà un incontro alla Farnesina con l'ambasciatore cinese perché vogliamo
esprimergli la preoccupazione che abbiamo e la richiesta che cessi la
repressione, e che possano andare in Tibet osservatori internazionali", lo ha
dichiarato il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema.
Obiettivo: spingere la Cina ad aprire un dialogo con il Tibet. "Ricordo che il
Dalai Lama - ha proseguito D'Alema - non chiede affatto l'indipendenza del
Tibet, ma il rispetto dei diritti nazionali del popolo tibetano. Sono le nostre
posizioni e saranno espresse all'ambasciatore della Repubblica Popolare cinese
dal sottosegretario Vernetti.
fonte rai news24 ore 1300 del 18/04/08
ub
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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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