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Epifani
Dal Manifesto del 19 febbraio u.s.
il commento
Il progetto del Pd che piace a Epifani
Loris Campetti
L'operaio e l'imprenditore, il fruttivendolo e il suo cliente, il condannato
e il prefetto, l'ambientalista e lo sviluppista. Veltroni tiene dentro tutti
per la semplice ragione che un cittadino vale l'altro, una testa un voto. E'
la nuova eguaglianza postideologica del Partito democratico. Il modello di
sviluppo che presiede a questa logica è quello dato, e noi
cittadini-elettori dobbiamo metterci in testa che non é di destra, né di
sinistra, né di centro: è l'unico possibile. Il massimo di democrazia
auspicabile consiste nel tenere tutti sulla stessa barca, senza però mettere
in discussione ruoli e poteri, uno al timone e gli altri ai remi. Una
società, quella che Veltroni sta raccontando nel suo tour attraverso le 110
provincie italiane, tendenzialmente a-conflittuale. Per questo l'operaio e
il suo padrone devono stare nella stessa lista e nello stesso partito, pur
restando ognuno al suo posto. Il sogno non è superare la precarietà ma
pagarla meglio. Privatizzazioni, sostegno alle imprese e una spruzzatina di
welfare caritatevole. Poi, siccome persino Confindustria e Bankitalia dicono
che in Italia c'è un problema salariale, ecco pronta la ricetta veltroniana:
meno tasse per tutti. E tutti in coro a cantare l'Inno di Mameli perché nel
cuore abbiamo il bene del «Paese», mica quello del partito.
L'operaio come il suo padrone e meno tasse per tutti. A parte il fatto che
questa l'avevamo già sentita, ai sindacati dovrebbe creare un problema. Alla
Cgil in particolare, che sostiene la battaglia per la redistribuzione della
ricchezza che da almeno 15 anni si è spostata dal lavoro ai profitti e alle
rendite. Ridurre le tasse a tutti equivale a perpetuare la diseguaglianza e,
al tempo stesso, cancellerebbe un'altra fetta di stato sociale. La corsa
verso l'America (gli Usa) continua. Al contrario, il sostegno ai redditi dei
salariati e dei pensionati, oltre che rispondere ai problemi reali del
paese, potrebbe essere realizzato utilizzando le risorse recuperate dalla
lotta all'evasione fiscale, che il governo Prodi aveva appena - felicemente
- iniziato.
Eppure «Epifani promuove la Veltronomics», stando al titolo che Repubblica
dedica a un'intervista al segretario generale della Cgil. La motivazione
della promozione? «Così il lavoro torna protagonista». Epifani vede
«un'attenzione nelle proposte del Pd al tema del lavoro, dai precari alla
questione dei redditi, che rappresenta un segnale positivo e interessante»,
perché «sette milioni di operai, e non so quanti precari, devono essere
rappresentati in Parlamento». Ma siamo davvero di fronte a una
rappresentanza sociale, e non invece a una rappresentazione poco più che
virtuale? In particolare in un contesto in cui il decisionismo che sta alla
base del progetto veltroniano riduce drasticamente il peso e il ruolo della
rappresentanza istituzionale, dentro un percorso «riformista» che
coerentemente prevede scelte bipartisan. Come bipartisan devono essere le
riforme che regolano le relazioni sindacali e i rapporti tra le parti
sociali e tra queste e il governo. Non a caso il più macroscopico tra i
punti critici della piattaforma confederale per la riforma del sistema
contrattuale riguarda proprio la rappresentanza, come in altri termini
ricorda lo stesso Epifani.
La Cgil è troppo complessa, densa di storia e radicata nella realtà sociale
per essere ridotta a stampella di un processo come quello che sta avviando
Walter Veltroni. Il primo a rendersene conto sarà sicuramente Gugliemo
Epifani, che non mancherà di precisare meglio il suo pensiero.