AFGHANISTAN: FORCIERI,NON CI SARANNO PROBLEMI SU RIFINANZIAMENTO MISSIONE
Roma, 3 gen - 'Non penso che ci saranno problemi sul
rifinanziamento,anche i partiti piu' critici capiscono che la nostra
presenza in Afghanistan rappresenta l'unica garanzia di migliorare le
cose. A patto di cambiare in fretta il modo di agire'. Lo spiega
Giovanni Lorenzo Forcieri, sottosegretario diessino alla Difesa in
un'intervista al settimanale 'L'Espresso': 'Le nostre missioni sono
condivise da tutto il centrosinistra'.
L'Italia e' pronta ad assumersi i nuovi carichi operativi chiesti da
Washington? 'L'Italia non e' disposta ad assumersi altri incarichi in
azioni di combattimento come quelle che americani e britannici
conducono nel Sud con l'operazione Enduring Freedom. Non abbiamo la
possibilita' tecnica e politica: siamo li' con un mandato delle
Nazioni Unite per un lavoro diverso. La missione Isaf deve aiutare il
legittimo governo Karzai a prendere il controllo del Paese e
garantirne la ricostruzione: non siamo li' per fare la guerra, ma per
aiutare la pace'.
Ma attentati e attacchi aumentano.
'Gli attentati, soprattutto quelli kamikaze, sono in aumento mentre
dal punto di vista militare i talebani hanno subito sconfitte pesanti.
Il punto e' che non si riesce a trasformare i successi militari in un
miglioramento della sicurezza. La situazione generale continua a
peggiore, il segno che bisogna cambiare in fretta il modo di gestire
la presenza internazionale in Afghanistan. A partire dal dualismo tra
l'attivita' degli europei e quella degli americani'. Oggi le due
operazioni sono sotto la guida di un generale Usa. E spesso sembra,
come e' accaduto in primavera, che i raid americani distruggano anche
anni di lavoro per conquistare la fiducia della popolazione.
'Il problema e' questo. Il generale Federico Bonato, che ora comanda
le forze Nato a Kabul, e' tornato in Afghanistan dopo cinque anni e ha
verificato che i risultati sulla sicurezza non sono stati raggiunti.
La gente si aspettava un cambiamento di vita che non c'e' stato: il
senso di disillusione aiuta i talebani. Bisogna dare un segno concreto
del miglioramento a tutta la popolazione, facendo capire agli afghani
che le forze occidentali stanno li' per aiutarli.
Tutto il meccanismo della cooperazione e dei programmi umanitari va
gestito in modo diverso, per evitare che si fermi nella capitale e
finisca sotto il controllo di alcuni circoli di potere. E gradualmente
le operazioni americane di combattimento di Enduring Freedom devono
essere sostitute da quelle atlantiche di Isaf, coinvolgendo al massimo
le forze del governo afghano'.
Anche l'Italia pero' ha potenziato il contingente.
Rispettando il tetto fissato dal Parlamento sono stati mandati nuovi
mezzi da combattimento. Sono partite nuove squadriglie di elicotteri
pesanti e armamenti piu' sofisticati. Truppe meno agguerrite sono
state sostituite con commandos, che hanno condotto varie incursioni.
Alcuni giornali hanno scritto di un accordo segreto tra il nostro
ministero della Difesa e quello americano, in cui c'impegnamo a essere
piu' 'combattivi' nella zona del confine iraniano.
'Non esistono accordi segreti. I nostri soldati fanno il loro lavoro:
cercano di ostacolare i traffici di armi e i movimenti dei talebani. E
conducono solo interventi mirati, con uso della forza limitato. Non
siamo li' per fare la guerra o per scovare Bin Laden, ma per rendere
sicura la regione di Herat'.
Una nuova definizione della missione in Afghanistan dovrebbe passare
sotto la guida Onu? 'E' la soluzione a cui sta lavorando anche il
ministero degli Esteri. Oggi c'e' una doppia catena di comando, da una
parte la Nato e dall'altra gli Usa, attualmente unita sotto la guida
di un generale statunitense. Ma cosi' non si puo' andare avanti.
Bisogna dare in fretta un segnale concreto di cambiamento, che riduca
la presenza della componente statunitense e allarghi il consenso al
processo di pace, coinvolgendo anche parte dei gruppi piu' moderati
che finora hanno sostenuto i talebani.
Altrimenti la situazione continuera' a peggiorare. E in ogni caso, non
bisogna illudersi: dovremo restare in Afghanistan molto a lungo'.
Quella del Kosovo e' una situazione che gli americani sembrano voler
affidare all'Europa. 'Anche se nella gestione del dopoguerra hanno
trasmesso alla popolazione kosovara una promessa d'indipendenza dalla
quale ora e' difficile tornare indietro. Mi sembra quasi un problema
piu' facile da gestire dal punto di vista militare. Abbiamo riserve
pronte e addestrate per intervenire se aumentasse la tensione. Ma gran
parte della comunita' serba e' concentrata in zone gia' ben
presidiate. Insomma, dal punto di vista militare ci sentiamo preparati
per la crisi, mentre sara' piu' complessa la strada per una soluzione
definitiva'. E se invece la crisi dovesse arrivare in Libano? 'Li'
c'e' un contingente molto piu' potente. E lo schieramento navale sara'
affidato a una flotta europea a guida italiana. I piani per affrontare
una crisi sono gia' pronti'.
Ma questo scacchiere vi preoccupa meno. 'Non lo definirei tranquillo.
C'e' il problema dell'elezione del presidente. E il ruolo che
Hezbollah intende giocare.
Finora, pero', la Siria ha tenuto un atteggiamento che ha evitato
crisi piu' drammatiche'. Alla vigilia della missione in Libano si
parlava di tensioni con i francesi per lo schieramento nel Sud e con i
tedeschi per il blocco navale.
'Con il comando francese le cose sono andate benissimo e gli accordi
con Parigi sono buoni. La stessa cosa con i tedeschi.
La questione piu' generale e' quella di trovare un modo per far pesare
di piu' gli europei nell'Alleanza atlantica.
Considerando anche la Turchia, 24 paesi Nato su 26 sono europei, ma
ancora oggi l'impostazione prevalente e' quella Usa. L'Alleanza ha le
strutture militari per gestire le operazioni che l'Unione europea non
possiede, si tratta solo di renderle piu' europee'.
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