[Incontrotempo] per l'unità delle lotte, contro il razzismo …

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Aihe: [Incontrotempo] per l'unità delle lotte, contro il razzismo democratico
Per l’unità delle lotte, contro il razzismo
democratico e la logica securitaria.

In Italia, da settimane dilaga la xenofobia,
alimentata in particolare a partire dai fatti di Tor
di Quinto: un rom di nazionalità rumena, residente nel
campo nomadi della zona, si è reso responsabile di un
efferato delitto nei confronti di una donna italiana.
Ma più che l'estrema gravità dell'episodio, è stata la
condizione di “straniero” dell’accusato a permetterne
la strumentalizzazione da parte del governo e dei
mezzi di comunicazione. In modo vergognoso, sui
giornali si è parlato della violenza contro le donne
come se fosse una specialità rumena e non un fenomeno
diffuso soprattutto all'interno delle famiglie. Sul
piano normativo, la conseguenza immediata della
vicenda in questione è stata la promulgazione di un
Decreto legge, che intensifica l’unità di azione di
sindaci e forze dell’ordine e assegna ai prefetti il
potere di allontanamento di immigrati comunitari dal
territorio nazionale per motivi di pubblica sicurezza.
Ad essere assolutamente discutibile è l'affermazione
per cui un cittadino comunitario non può risiedere in
Italia per più di tre mesi se non dimostra di essere
in possesso dei cosiddetti “mezzi legali di
sostentamento”. Provvedimenti legislativi di questo
tipo ignorano deliberatamente la realtà dei fatti,
poiché ci si dimentica del gran numero di immigrati
che lavorano in nero, per di più sottopagati e privi
di qualunque forma di tutela, e che pagano affitti
senza alcuna formalizzazione contrattuale. Questa
fetta di popolazione immigrata, arrivata in Italia
alla ricerca di condizioni di vita migliori,
rischierebbe così l’espulsione e il rimpatrio. Si
affronta in termini “securitari” un problema che, in
realtà, è connaturato al ruolo subalterno, nell’Unione
Europea, della Romania, autentico serbatoio di
forza-lavoro sottopagata e senza garanzie. Una
forza-lavoro che da un lato giunge in Italia per
essere sottoposta a condizioni di lavoro insostenibili
nella nostra edilizia, dall'altro è soggetta allo
sfruttamento selvaggio da parte di aziende italiane
delocalizzate nella stessa Romania. Ad essere odiosa,
inoltre, è proprio la logica secondo la quale sono
previsti provvedimenti repressivi per chi ricorre
all’accattonaggio e al furto e mette a rischio la
“sicurezza urbana”. Rifiutiamo in maniera categorica
tale approccio, perché questi presunti crimini sociali
sono spesso determinati da precise condizioni sociali.
Nella maggior parte dei casi le ragioni che spingono
ad uscire dalla legalità costituita risiedono
esclusivamente nella miseria e nel degrado che le
classi subalterne vivono costantemente sulla loro
pelle. La menzogna della logica securitaria non fa
altro che giustificare agli occhi di un’opinione
pubblica impaurita dai media le azioni repressive e
auto-legittimanti delle istituzioni. Contestare questo
approccio e ragionare in termini di classe significa
smascherare l’obiettivo ultimo delle politiche
istituzionali, le quali, facendo leva sul terrorismo
psicologico, mirano a dirottare verso lo straniero il
malessere sociale determinato dalle condizioni di
precarietà vigenti, fomentando così paure e
atteggiamenti xenofobi. Ma se queste campagne sono
indette dall'alto, ciò non ha costituito un problema
nei rapporti di Rifondazione Comunista col governo. Il
partito guidato da Giordano, rispetto al Decreto
espulsioni, ha giocato su un doppio livello: da un
lato, ha fatto critiche in senso liberale al
provvedimento, promuovendo emendamenti che non ne
hanno modificato la natura; dall’altro, attraverso
alcuni suoi dirigenti, ha fatto intravedere un
atteggiamento diverso, più affine a quella del Partito
Democratico, inquietante anticipazione della linea
della futura "Cosa rossa". Si pensi, in tal senso, ad
alcune interviste rilasciate da Milziade Caprili e
Nichi Vendola, segnate dal verbo razzista dominante.
In questo clima di xenofobia "istituzionale", pochi
giorni dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani, nel
quartiere di Tor Bella Monaca, alcune persone munite
di passamontagna e bastoni hanno aggredito e picchiato
dei rumeni. L’azione è stata impunemente esaltata da
Gianluca Iannone (Casa Pound). Questo episodio è solo
l’ultimo di una serie di aggressioni squadristiche,
solo apparentemente autonome nella loro logica infame.
In realtà, i razzisti ed i fascisti, solo formalmente
condannati dalla classe politica, colpiscono gli
obiettivi indicati dai media. In questo modo, le
loro azioni passano per essere una discutibile
espressione dell'esasperazione della "gente comune",
tale da rendere ancora più urgente l'introduzione di
misure securitarie. C'è chi invoca una pattuglia in
più sotto casa davanti alle telecamere di un
telegiornale, chi fa scritte sui muri esprimendo
ostilità verso gli stranieri e chi li accoltella.
L’equivalente “legale” del razzismo diffuso sobillato
dai media e delle azioni squadristiche è proprio la
politica securitaria del governo. Una politica che, in
ambito romano, è stata anticipata dal veltronismo,
modello di governabilità che inevitabilmente si è
esteso a tutto il territorio nazionale, visto che il
Sindaco di Roma è pure leader del PD. Il “patto per la
Roma sicura” siglato a luglio da Veltroni e dal
prefetto Serra prevede lo sgombero (tra l’altro già in
fase di attuazione) di numerosi campi rom e la
deportazione di intere comunità oltre il Grande
Raccordo Anulare, in veri e propri ghetti controllati
a vista dalle forze dell’ordine, dall’eufemistico nome
di “villaggi della solidarietà”. Non si vuole guardare
in faccia ai problemi e in una metropoli come Roma,
segnata da profonde contraddizioni, si preferisce il
ricorso alle pattuglie piuttosto che la garanzia dei
servizi sociali e culturali, di cui interi quartieri
periferici sono privi. Non dimentichiamo che proprio
da una situazione di analogo degrado, in Francia, è
scaturita la rivolta delle banlieues.
Alla luce di quanto detto sinora, non si può che
ribadire la necessità di una lotta autorganizzata
fondata sui valori antifascisti e internazionalisti.
Una lotta che non può prescindere da un’unità di
classe fra i lavoratori italiani - che debbono
imparare ad individuare i loro veri nemici - e quelli
immigrati. In tal senso, un forte segnale è stato
lanciato il 28 ottobre a Roma, con una manifestazione
che, oltre a rivendicare con forza un permesso di
soggiorno sganciato dal contratto di lavoro, ha
ribadito la necessità d'un collegamento col
proletariato italiano. E' in questa ottica che gli
immigrati hanno scelto di sostenere lo sciopero
generale del 9 novembre, un momento significativo
all’interno del percorso di lotta contro le politiche
della precarietà del governo Prodi. Ora, è proprio a
partire da questo esempio che bisogna muoversi per
costruire una mobilitazione costante contro ogni forma
di razzismo, di fascismo e di politica padronale e
antiproletaria.



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