Repubblica Genova
La soddisfazione di Presenti: "Eravamo in 1.200, ma nessuno se n´è accorto. E gli allarmisti sono serviti"
Il questore: invisibili e vincenti
"La manifestazione pacifica è un successo di tutti"
"Peccato per quelli che hanno lasciato la città o hanno chiuso i negozi"
MASSIMO CALANDRI
MARCO PREVE
«GIOCO di prestigio», lo chiama. Ovvero: come rendere invisibili milleduecento tra poliziotti e militari, annullando provocazioni e pretesti. A tarda serata Salvatore Presenti chiude in attivo il bilancio d´una giornata a rischio. «Ma io non ho mai condiviso certi allarmismi, tantomeno slogan come Genova blindata». Il questore scuote la testa. «Blindata, che brutta parola. Questa è una città aperta, libera, dove è possibile manifestare pacificamente. Lo abbiamo dimostrato oggi. Tutti insieme».
Cominciamo dalle cifre. In quante persone hanno partecipato al corteo? Gli organizzatori dicono centomila. Il ministero dell´Interno parla di trentamila.
«Noi non abbiamo fatto calcoli. E comunque, scusate: più è alto il numero, e migliore figura facciamo. Quindi - sorride - mi stanno benissimo le cifre fornite dagli organizzatori».
Quanti erano i carabinieri, gli agenti e i finanzieri?
«Un migliaio in divisa. Altri duecento in borghese. Pronti ad intervenire, ma ligi ad una parola d´ordine: discrezione. Non si sono fatti vedere. Mai. È andata bene. Anzi, benissimo. Un piccolo gioco di prestigio».
Ancora una volta si è dimostrato che la "militarizzazione" non paga. Erano in quindicimila e passa, al G8: tutti in divisa, a battere coi manganelli sugli scudi. Sappiamo bene come è andata.
«Ma no, il paragone è ingeneroso. Le condizioni erano molto diverse. Questa volta non c´erano obiettivi precisi da difendere. Niente Zone Rosse o Gialle. Per fortuna».
In strada, a coordinare le truppe, Pasquale Zazzaro, questore vicario che ha vissuto l´esperienza del luglio 2001.
«Mi ha detto che non c´è stato un solo, piccolo problema. Tantomeno nei giorni precedenti. Nessun segnale che potesse far presagire qualche pericolo».
Nei giorni scorsi avevate preso contatto con organizzatori e protagonisti della protesta?
«Ho parlato con Franco Giordano, segretario di Rifondazione. E con Luca Casarini, leader dei Disobbedienti. E ancora con gli organizzatori locali, a partire da Simone Leoncini, di Rifondazione. Mi avevano assicurato che non ci sarebbero stati problemi. E così è stato».
L´arrivo di pullman, la concentrazione davanti alla Stazione Marittima. I treni speciali. Il concerto in piazza De Ferrari. Il deflusso, la partenza. Quale è stato il momento più delicato?
«Nessuno. Abbiamo mantenuto la concentrazione in ogni momento. Pronti a intervenire, ma lontano dagli occhi di tutti. I manifestanti si sono comportati bene, non avevamo dubbi in proposito. Forse qualche apprensione c´è stata solo in tarda serata, con le ultime partenze. Ma era fisiologico, dopo la stanchezza accumulata in tante ore».
"Rispettiamo solo i pompieri", gridava la folla. Dicono che per molti il rapporto di fiducia con la Polizia di Stato sia irrecuperabile.
«Non ci credo. Quelle del G8 sono ferite ancora aperte, ma credo che il rapporto di fiducia non sia mai venuto meno. E giornate come queste non possono che contribuire a rasserenare gli animi».
Genova è davvero tornata libera, come scandivano in coro?
«È sempre stata libera. E non ha mai avuto paura. Mi spiace per quei genovesi che si sono fatti condizionare, non c´era motivo di lasciare la città o chiudere i negozi. Genova siamo tutti noi».
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Susy De Martini in piazza
IL CASO
La signora G8 diventa no global
Dall´organizzazione del G8 all´abbraccio con Don Gallo. Militante no global ma contemporaneamente coordinatrice regionale dei liberaldemocratici di Lamberto Dini, Isabella De Martini, per tutti Susy, non finisce di stupire. Ieri, quando la sua chioma bionda è sbucata a fianco del prete di strada impegnato ad abbracciare Roy Paci. molti hanno pensato a una visione. Una nuova corista degli Aretuska? Una benemerita volontaria della Comunità di San Benedetto? No, proprio lei, l´ex collaboratrice di Achille Vinci Giacchi, pronta a marciare nel gelo per reclamare un´altra verità, quella rappresentata da sprechi di denaro pubblico e dagli appalti non proprio limpidi che, secondo lei, avrebbero caratterizzato la vigilia del vertice. Certo, quella distinta signora, con i dreadlocks e le felpe dei ragazzotti dei centri sociali c´entra ben poco. Sicuramente c´entra ben di più nelle foto. C´entra sempre, con un impegno al limite del martirio. Per fotografarlo da solo, bisogna aspettare che don Gallo salga sul camion. Lì, la biondissima, non sale. L´hip hop da battaglia non fa per lei.
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Un passo avanti per cancellare i fantasmi del G8
Scegliendo un profilo arretrato di presenza, concordando i percorsi, non schierando divise, scudi, mezzi blindati in faccia al corteo, le Forze dell´Ordine hanno probabilmente collaudato un nuovo stile di controllo dell´ordine pubblico, esattamente contrario a quello dei giorni del G8 con le macellerie messicane e i tamburi di guerra suonati sugli scudi anti sommossa.
Inutile nasconderlo, questa manifestazione era una miccia accesa che i fatti terribili di una settimana fa avevano reso ancor più pericolosa, mescolando, anche impropriamente, la protesta dei no global con quella degli ultras del calcio, in un terrificante melting pot del disagio sociale giovanile e no. Si poteva riaccendere un incendio nel quale sarebbe bruciata anche l´immagine della città, legata tragicamente allo scontro, ai disordini ineluttabili in una tragica catena: là dove, a partire dal 2001, si doveva costruire una pace globale, si innescava uno scontro globale, capace di perpetuarsi senza soluzione di continuità, scavalcando i processi della giustizia ordinaria, le stanchezze e le evasività di una politica lontana. Il G8 grande occasione di rilancio e ricostruzione dell´immagine della città trasformato, alla fine, in un reiterato epitaffio.
Certo: ieri sera a dimostrazione conclusa nel frigorifero di De Ferrari scaldato solo dal concerto post corteo e nel resto di una città stranita da una sorta di nuova zona rossa imposta nel suo cuore in un clima tanto diverso per un giorno intero, questo passo avanti era difficile da calcolare. Così come è difficile capire la portata del successo "politico" della dimostrazione. Essa era stata organizzata per chiedere quella famosa commissione d´inchiesta parlamentare, che dovrebbe chiarire i misteri del G8, quello che ancora lo rendono una delle grandi verità nascoste dell´Italia nel Dopoguerra dopo Piazza Fontana, le stragi nere e molti altri capitoli degli anni di piombo.
E´ più o meno vicina questa commissione, dopo la spallata dei 50 mila a Genova? Per ora non c´è da sperare che nella giustizia ordinaria, che continua i suoi processi sotto la spada di Damocle di una prescrizione che gonfiava di rabbia i manifestanti di ieri, sei anni e quattro mesi dopo quei giorni incancellabili. E in una città che incomincia a cancellare i suoi fantasmi. Sei anni e quattro mesi dopo la zona rossa di allora è finalmente "violata" dal popolo dei no global che scendono dalla collina di Carignano, scorrono di fianco a quell´ideale confine di allora, tirato su con una barriera di acciaio e cemento, nel cuore di Piazza Dante, dove il sindaco del tempo G8, Beppe Pericu, con il megafono in mano li aveva supplicati di non sfondare . Di là stavano gli Otto Grandi della terra, nel palazzo Ducale blindato e inavvicinabile. Ieri sera i ragazzi e gli adulti del corteo passano quel vecchio confine, invadono la piazza e la riempiranno fino a notte fonda davanti al palco di un concerto. Una riconciliazione con la città che piano piano si scongela? Forse non ancora, ma certamente la caduta del muro della zona rossa, oltre alla quale si può incominciare a parlare di pace globale con un linguaggio che a Genova ha molti suoni e tanti significati.
franco manzitti
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Cinquantamila in piazza dalla Stazione Marittima al centro, politici e amministratori accanto ai no global di tutta Italia
G8, sfila la voglia di giustizia
L´arringa di Don Gallo: "Questa è la vera democrazia"
L´appello del prete "Vogliono provocare"
Il segretario di Rifondazione Giordano "Le proprie ragioni si fanno valere in pace"
L´assessore Morettini, ex leader del Social Forum, in corteo con il figlio di quindici mesi
WANDA VALLI
"La storia siamo noi", è la sfida, l´invito, dell´enorme striscione rosso retto dalle mani di tanti giovani, alla testa del lungo corteo del sabato di protesta di Genova. Contro le richieste della procura per i 25 accusati di essere tra i black bloc che hanno devastato la città sei anni fa. E per ottenere la Commissione d´inchiesta finora negata. Genova non è più blindata come nel 2001, i timori alla vigilia sono tanti, ma la scelta è di aprire la città, di affidare ai manifestanti il compito di dimostrare che chi vuol fare la storia, sa essere responsabile, anche nella protesta. Alla fine si dimostrerà la scelta vincente. Perché non ci sono incidenti, solo due candelotti fumogeni, perché il corteo diventa un fiume enorme di persone, 50-60 mila, che sfila nel freddo gelido, dalle due e mezzo del pomeriggio fino a sera. Dalla Stazione Marittima a piazza De Ferrari passando per l´Expò e Carignano. E la polizia è una polizia invisibile, c´è ma non si fa vedere, a parte le camionette che fanno da apri pista al corteo. Si temono gli ultras dopo la morte di "Gabbo", il ragazzo laziale vicino a Arezzo, invece nel corteo ci sono solo le sciarpe del "Genoa" e della Samp che spuntano sotto i giacconi di molti. E´ il segno che la violenza è stata fermata, bloccata. Restano solo le brutte, bruttissime, scritte contro la polizia di domenica sera "10-100-1000 Raciti" "Nassirya polizia assassina" su un muro vicino all´ Expò, e poi ci saranno gli insulti e gli slogan di anarchici e alcuni centri sociali, imbrigliati al centro del corteo. Alle due e mezzo del pomeriggio, alla Stazione Marittima, si organizza la partenza. Franco Giordano, segretario nazionale di Rifondazione è arrivato con il capogruppo dei deputati, Gennaro Migliore. Oltre a Vittorio Agnoletto, europarlamentare, che ha scelto di stare con i movimenti. Si guarda intorno, Giordano, commenta: «sono felice, non mi aspettavo così tanta gente, è la conferma che, in modo assolutamente pacifico, si possono far valere le proprie ragioni». Si affianca all´assessore Enrico Vesco, la senatrice del Pdci, Manuela Palermi, in piazza per la Commissione d´inchiesta: «quel no è stato un fatto grave, non possiamo accettarlo», ma non contro la magistratura, perché «l´autonomia dei giudici va rispettata sempre». E sono molti anche i politici locali. Vanno in coppia, potenza del Pd, Massimiliano Morettini- Gianfranco Tiezzi, assessori a Tursi, uno ex portavoce del Genoa Social Forum, l´altro Margherita, che i cortei ha cominciato a farli a 17 anni, come giovane socialista. Morettini inizia la marcia con il figlio, 15 mesi, il più giovane tra i partecipanti, poi deviato in una calda casa di amici. Tursi schiera anche Bruno Pastorino, Prc, Titti Zerega (Verdi), la provincia risponde con Renata Briano (Sinistra Unita) e poi c´è Marco Nesci, consigliere regionale, Michela Tassistro (Pd). Antonio Bruno(Prc) scherza «vi presento un ultras, mio figlio», un adolescente che arrossisce e quasi si nasconde, Stefano Quaranta (ex Ds) regge con altri uno striscione gigante. Davanti a tutti il camion della Comunità di San Benedetto, con don Gallo che urla al megafono: «non lasciatevi provocare, dimostriamo per la democrazia», dietro i gruppi degli altri, la musica di Rino Gaetano "il cielo è sempre più blu", gli striscioni per Carlo Giuliani, i cori "Carlo è vivo, e lotta insieme a noi", i cartelli. E ci sono i vigili a far da collegamento con palazzo Tursi, c´è il vice comandante Giacomo Tinelli che fa da cronista dell´evento, via radio. In corso Aurelio Saffi, arriva il tramonto rosso, sul mare, insieme con un candelotto fumogeno, dello stesso colore e la canzone degli Inti Illimani "El pueblo unito". Gianfranco Tiezzi, assessore in Comune, con la moglie, fotografa l´immagine più bella. Alla fine Morettini parla di un corteo «molto tranquillo, forse non allegro». E Tiezzi aggiunge: « aspettiamo la verità da sei anni, non può essere una manifestazione allegra». Don Gallo, prima del concerto di Roy Paci, ringrazia tutti così: «ragazzi, siamo una squadra fantastica».
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L PERSONAGGIO
In piazza anche Duccio Bonechi, uno dei 25 accusati di devastazione e saccheggio
E l´imputato ritorna a Genova "Il movimento non si arresta"
"La commissione d´inchiesta? Questo parlamento non può fare luce su nulla"
Uno degli obiettivi principali del corteo, era quello di contestare le pesanti richieste di condanna della procura di Genova nei confronti dei 25 imputati di devastazione e saccheggio per i disordini del luglio 2001. E ieri a Genova è tornato anche uno "dei 25".
Si tratta di Duccio Bonechi, 34 anni originario di Firenze, ma da anni residente a Padova dove è un attivista dei centri sociali. Radio Onda d´Urto ieri mattina lo ha intervistato mentre in treno, assieme ad altri 800 manifestanti era diretto a Genova.
«Prima di tutto mi sento di dire che, come si dimostra con il processo e la richiesta della procura nei confronti miei e degli altri imputati, la storia non si può riscrivere nei tribunali e neanche con le varie commissioni d´inchiesta che restano comunque all´interno delle istituzioni. La storia e la memoria sono le nostre, quelle di chi è all´interno dei movimenti, e questo è il motivo principale del ritorno a Genova oggi».
I pm Anna Canepa e Andrea Canciani hanno chiesto per Bonechi una condanna a sei anni. I suoi legali avevano chiesto il trasferimento del processo in base alla legge Cirami del governo Berlusconi.
«Nonostante la repressione e i processi - ha aggiunto Bonecchi ai microfoni dell´emittente antagonista - i movimenti non si fermano e non si arrestano. Basti pensare alla Val di Susa e al movimento No Tav, oppure al "No Dalmolin" di Vicenza, per avere la dimostrazione che le persone continuano a lottare per i loro diritti».
«Quanto alla commissione d´inchiesta - ha aggiunto - io personalmente non credo alla possibilità che questo parlamento possa fare luce. Anche perché abbiamo davanti le stesse persone che hanno gestito l´ordine pubblico a Genova. Ricordiamo che l´idea del G8 in Liguria fu del governo di centro sinistra. E poi basta vedere oggi gli atti di questo governo nei confronti degli extracomunitari per capire quale sia il loro pensiero sui diritti. Infine non dimentichiamo che i pm che hanno chiesto i 225 anni di carcere appartengono alla corrente di Magistratura Democratica. Insomma tutto questo la dice lunga su quale potrebbe essere il risultato di una commissione che mette sullo tesso piano le violenze manifestanti e della polizia».
Ieri, durante il corteo, il tema delle condanne che incombono sui 25 imputati di devastazione e saccheggio è stato ripetutamente affrontato sia con interventi ai megafoni che con volantini. Uno dei manifestanti ha poi annunciato che il 7 dicembre, alla vigilia della sentenza, alcuni degli imputati leggeranno una dichiarazione all´esterno del palazzo di giustizia.
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LE REAZIONI
Il sindaco: smentiti i profeti di sventura
Sollievo Vincenzi "Ora la commissione d´inchiesta"
DONATELLA ALFONSO
«E´ UN punto di svolta per la città. La paura è finita, nonostante i tanti profeti di sventura, soprattutto quelli che ho letto e sentito nelle ultime due settimane, ogni volta che facevo zapping su qualche tv locale... E soltanto ora dico che considero sbagliate e pesanti le parole di chi ha tacciato le istituzioni di irresponsabilità». Marta Vincenzi, come aveva annunciato, per tutto il pomeriggio è rimasta nello studio al sesto piano di palazzo Albini, la tv accesa e lo staff tutto intorno, in contatto con il questore e il centro operativo della polizia municipale presidiato dal vicesindaco Pissarello e dall´assessore alla Sicurezza Scidone, con quelli in corteo - Tiezzi, Morettini, Senesi, Zerega - che le mandavano messaggini per dire come stavano andando le cose, e Paolo Striano, non a caso assessore allo Sport, a fare la spola tra Tursi e la piazza. «A me è costato molto stress e qualche capello bianco, ma intanto non si vedono», sorride la sindaco ora che i primi treni stanno già ripartendo, che i sessanta addetti dell´Amiu in coda al corteo hanno già cominciato a ripulire le strade da vetri e carte e a cancellare le scritte minacciose tracciate su qualche muro. Circa duecentomila euro di costo per la città, fa due conti Mariangela Danzì, segretario generale, anche lei blindata a Tursi: di cui 30 mila per la polizia, altrettanti per gli straordinari, dei 100 vigili in primo luogo. Soldi ben spesi, si fa capire, per una città in ordine e per un risultato politico serio. «Sicuramente tutto questo ha un costo per l´amministrazione comunale - ha commentato Vincenzi - ma la democrazia ha un prezzo e considerato come sono andate le cose credo sia giusto pagarlo».
«Mi sento di aver contribuito, come città, a ridare onore alle istituzioni e ai manifestanti, per rielaborare una situazione che in questi anni ci ha lasciato perplessità e paura - dice Vincenzi - E´ finita la para di manifestare; e ora chiedo alla politica di non trasformare il G8 in uno dei misteri irrisolti d´Italia. Credo che la Commissione di inchiesta sia lo strumento giusto per fare chiarezza e per questo continuo a chiederne l´istituzione, come sindaco che interpreta il sentire collettivo della città». Non certo come esponente di parte, ha ribadito, tanto che ha scelto di non partecipare, non condividendo alcune motivazioni. «Ma la paura che la manifestazione di trasformasse in saccheggio e violenza o rivelasse l´incapacità di gestire il corteo, si è rivelata infondata» Grazie a chi ha creduto alla spinta positiva di questa giornata, dice ancora Vincenzi, in primo luogo gli organizzatori e i partecipanti; ma un rammarico ce l´ha. «Mi dispiace che gran parte dei negozi siano rimasti chiusi. Spero che questa sia l´ultima volta e che la giornata di oggi contribuisca a ricreare un clima di fiducia da parte degli operatori economici». Caduti nel vuoto, quindi, gli appelli di sindaco e prefetto. «L´avevamo lanciato perché avevamo una ragionevole certezza sul corretto svolgimento della manifestazione - ha aggiunto Vincenzi - ma evidentemente le ferite erano ancora aperte e c´era ancora troppa paura che la manifestazione si potesse trasformare in un saccheggio». E´ buio, la sindaco lascia Tursi e va al Matitone: un ringraziamento a chi ha lavorato lì, al centro operativo, e ancora controlla che la sera non nasconda cattive sorprese.
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E tra le mille sigle spuntano i No Vat
I GRUPPI
La fantasia al potere. Sei anni fa il colore venne azzerato dai lacrimogeni e dalla violenza. Oggi si prende la rivincita. E così il gruppo "Pink" può esibirsi senza alcun intoppo, la banda di fiati dare vita al suo spettacolo itinerante e militante. E gli altri dare sfoggio anche di ironia nel look e negli slogan. A cominciare dalla felpa rosso fuoco, identica nella foggia a quella creata da Lapo Elkann. Ma la scritta applicata non è quella della Fiat bensì Fiom, il sindacato "nemico" dei metalmeccanici. E, accanto alle molte bandiere "No Tav" ecco anche un curioso anagramma su sfondo quasi identico: "No Vat". La linea porta a papa Ratzinger.
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Venti Settembre e dintorni "a macchia di leopardo", vicoli illuminati e brulicanti di gente
Centro vuoto, ma non blindato
Affari d´oro per bar e negozi aperti nelle vie del corteo
Complice lo sciopero del commercio, molti titolari non hanno alzato le saracinesche
GIUSEPPE FILETTO
Sembrava un sabato di quelli in cui si gioca una partita dei Mondiali: diverse strade deserte in centro e negozi chiusi, ma altrettante vie brulicanti di gente e bar presi d´assalto dai manifestanti. «Non ho visto un solo cliente per tutto il pomeriggio - confessa un commerciante di via San Vincenzo - adesso abbasso la saracinesca, vado a casa, mi piazzo davanti al televisore e guardo la partita Scozia-Italia».
Ore 18. Ieri. Le due facce di Genova: da una parte Sottoripa, Caricamento, i vicoli con tutti i negozi luminosi che hanno risposto all´invito del sindaco Marta Vincenzi di tenere aperto; dall´altra, via San Vincenzo, Brignole, piazza Colombo, ma soprattutto il Quadrilatero a luci spente. Una paura recondita. «Mi sento un´eroina ad essere rimasta in negozio - dice la titolare della libreria di via Fiasella - ma la gente non riesce a dimenticare il ricordo di allora, del G8 del 2001; i negozianti, purtroppo, non sono riusciti a pensare a una manifestazione pacifica e democratica. È passato il messaggio di farsi prendere dal panico». Negozi, bar, grandi magazzini aperti nella mattinata, poi improvvisamente chiusi nel pomeriggio. Complice lo sciopero nazionale del commercio. Diversi dipendenti hanno dichiarato l´astensione ed i titolari ne hanno approfittato per non aprire.
Via XX Settembre, via XXV Aprile, via Roma, piazza Matteotti, piazza Corvetto si sono presentate a macchia di leopardo: c´è chi ha tenuto aperto, chi invece ha temuto il peggio. Se non fosse stato per la gelida tramontana che tagliava il volto, a ricordare, comunque, che siamo sotto Natale, il clima di ieri era da serrata estiva, di quelle giornate d´agosto in cui Genova si svuota dalla gente che si riversa sulle Riviere. Affari a gonfie vele per i negozi aperti lungo il tragitto del corteo: da Caricamento a piazza De Ferrari. Alle 19 non un solo panino, una sola brioche sono rimasti dietro le vetrine dei bar di piazza Dante. Così anche alle stazioni Brignole e Principe, dove i gruppetti di manifestanti arrivati da fuori, si sono diretti appena il corteo ha toccato De Ferrari.
Nessun incidente. Nemmeno un piccolo disordine. È rimasta vuota la tenda gialla dell´Unità di Decontaminazione Nbcr (Nucleare, Batteriologico, Chimico e Radiologico), montata dagli uomini del "118" nel piazzale dell´ospedale San Martino per soccorrere le persone eventualmente colpite da gas lacrimogeni durante la manifestazione. «Il problema vero sarà far ripartire la gente senza ingolfare le stazioni - ha detto un funzionario della Digos poco dopo le 18 - poi riempire i treni charter». Anche se dal palco di De Ferrari, dove il concerto è andato avanti fino a tarda sera, per evitare intasamenti i dimostranti sono stati avvisati sugli orari di partenza per Firenze, Torino, Napoli, Milano e le altre città. L´unico lato oscuro della manifestazione è stata appunto la gestione dei convogli da parte di Trenitalia.
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Odone: "Cancellare i ricordi è difficile, ma torna la fiducia"
I commercianti sereni "Una ferita che si chiude"
Patrizia De Luise, leader Confesercenti "Pochi affari, ma saremo ripagati"
«E´ stata una giornata importante: ci siamo riappropriati della nostra città e se i commercianti hanno pagato lo scotto perché in giro non c´era nessuno, penso che saremo ripagati domani. E´ la ferita del G8 che comincia a chiudersi». Parole di Patrizia De Luise, leader della Confesercenti. Per una volta, anche se con una sfumatura di entusiasmo in meno, sembra d´accordo anche il presidente di Ascom, Paolo Odone che commenta così i negozi chiusi, quelli rimasti vuoti e le saracinesche abbassate anzitempo anche da parte di quei commercianti che avevano deciso di rimanere aperti nel giorno del corteo. «Ci vuol tempo per cancellare i ricordi del G8 e perché ci sia di nuovo fiducia nei cittadini, che ieri hanno deciso di non uscire. Diciamo che se anche la notte conferma l´assenza di disordini, un po´ di fiducia si ricrea».
Commercialmente parlando il bilancio della giornata di ieri è stato disastroso: «si spera di recuperare tra qualche giorno, quando la gente prenderà gli stipendi e comincerà forse a pensare agi acquisti di Natale. Certo, la gente non è uscita e anche quei negozi che avevano deciso di rimanere aperti hanno chiuso in anticipo perché non c´era nessuno. E´ successo anche con qualche banco del mercato. Ho fatto un giro a metà pomeriggio e per strada non c´era nessuno», dice Odone. Sia l´Ascom che la Confesercenti avevano lanciato l´appello ai loro iscritti perché ieri tenessero i negozi aperti. Pentiti? Odone: «No, per niente; noi abbiamo dato un messaggio che fosse il più positivo possibile, poi ognuno ha agito secondo coscienza. Purtroppo la gente non è uscita: sono rimasti choccati da quanto era accaduto nei giorni del G8 e poi si è sovrapposto, anche se sono due cose totalmente scollegate, l´episodio del calcio dei giorni scorsi. La gente teme per la sua sicurezza».
Patrizia De Luise ieri ha sentito al telefono molti commercianti preoccupati per il "flop" commerciale di questo sabato di metà novembre: «ma forse è la partenza dopo lo choc del G8. Mi pare che la città abbia dimostrato che tutti possono convivere e forse la prossima volta ci sarà chi manifesta e chi comunque girerà per le strade. Anche noi avevamo fatto l´appello ai commercianti perché rimanessero aperti: volevamo che fosse affermato il nostro diritto a lavorare, accanto al diritto di chi vuole manifestare. Certo, la ferita del 2001 era ancora molto cocente».
Rimpianti perché forse ieri potevano cominciare gli incassi di Natale? «Sicuramente il sabato per il commercio è una giornata importante, ma magari fossero già iniziate le vendite di Natale».
(a.zun.)
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In coda al corteo niente polizia ma l´Amiu che pulisce e cancella
LA CURIOSITÀ
DIETRO il corteo nessun cordone di polizia e carabinieri, ma i mezzi dell´Amiu già a pulire le strade e a cancellare le scritte dai muri, dalla Marittima a Carignano. Venti mezzi navetta dell´Amt hanno fatto da spola tra le zone limitrofe a De Ferrari e le stazioni centrali e la Fiera del Mare, dove sono stati parcheggiati ottanta pullman. Il metrò è rimasto in funzione fino a mezzanotte.
--
Carlo
Forum per la Sinistra Europea Genova
http://versose.altervista.org/
Coordinamento Genovese contro l'Alta VelocitÃ
http://notavgenova.altervista.org/
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