Autore: Giovanna Caviglione Data: To: forumgenova@inventati.org Oggetto: [NuovoLab] Da megachip
Gaza: una popolazione punita collettivamente
4-10-07
di Luisa Morgantini
A seguito delle dichiarazioni di Israele che ha definito l'intera Striscia
di Gaza "entità nemica" e ha annunciato un piano di sanzioni economiche per
il milione e mezzo di persone che vi abitano, la vicepresidente del
Parlamento europeo, Luisa Morgantini, ha diffuso il seguente comunicato.
Gaza è una Striscia di meno di 400 chilometri quadrati di territorio in cui
un milione e mezzo di persone vivono prigioniere a causa della chiusura e
del conseguente isolamento economico deciso unilateralmente e illegalmente
dalle Autorità israeliane.
Gaza è una gabbia dalla quale pochissimi riescono ad uscire o entrare:
centinaia di persone malate che devono curarsi all'estero sono costrette a
sospendere le cure, più di 600 studenti con scholarship all'estero in questi
ultimi giorni di chiusura totale sono rimasti intrappolati nella Striscia
perdendo la possibilità del loro futuro. La dichiarazione di Gaza come
"entità nemica" da parte del governo israeliano inventa una nuova formula
nell'ormai indefinito marasma della legalità internazionale. Bloccare
l'elettricità e il combustibile è invece un'ulteriore violazione del diritto
internazionale, una punizione collettiva.
Insieme ad una delegazione del Parlamento Europeo ed accompagnati
dall'Unrwa, l'Agenzia Onu per l'assistenza ai profughi palestinesi, siamo
riusciti ad entrare prima dello Yom Kippur, festa israeliana e prigione per
tutti i palestinesi visto che l'esercito israeliano ha decretato per tre
giorni la chiusura di tutti i territori.
Gaza è una città quasi fantasma, poca gente in giro, poche auto, tante case
distrutte dai raid, gli ospedali senza risorse, le infrastrutture condannate
alla dismissione per mancanza di fondi e di materie prime. Le fabbriche
situate nelle zona industriale di Karni, sono chiuse e nei magazzini vi sono
centinai di quintali di materiali, mobili già pronti da esportare in Israele
o in Giordania, vestiti da vendere per la stagione estiva ormai finita.
Perdite di milioni e milioni di dollari, la disperazione di famiglie che non
hanno neppure la possibilità di comprarsi il pane. E' Ramadan, ma i pochi
negozi aperti a Gaza non hanno esposto, così come si vede in Cisgiordania o
come si vedeva a Gaza, l'impasto per il Kataief, il dolce per il Ramadan.
L'embargo imposto dal governo israeliano deve cessare immediatamente. Questa
politica è filo spinato sulla via della pace.
E' quanto le è richiesto anche dall'Onu e dall'Unione Europea, voci che
Israele non può far finta di non ascoltare: troppe volte le sue violazioni
del diritto umanitario internazionale e dei diritti dell'uomo, in
Cisgiordania come a Gaza, sono rimaste impunite e tollerate, a cominciare
dalla mancata applicazione delle risoluzioni Onu, dalla costruzione del
Muro, dichiarato illegale dalla Corte dell'Aja ormai quattro anni fa, e dal
furto sistematico e "legalizzato" di terre dei palestinesi, che se a Gaza
sono prigionieri, lo sono però anche nella West Bank, dove quando non è il
muro che divide palestinesi da palestinesi, ci sono più di 600 check-point e
i soldati a farlo.
Ma le voci di preoccupazione devono diventare azioni concrete per impedire
non solo la perdita di vite umane, di dignità, di libertà della popolazione
palestinese, ma anche lo sterminio della legalità internazionale.
Come Parlamentari Europei abbiamo chiesto all'Unione Europea una posizione
chiara contro l'embargo praticato dalle Autorità israeliane a Gaza e che
Israele rimuova check point e le serrate affinché i palestinesi così come le
merci, abbiano libertà di movimento e la loro vita quotidiana non sia più un
inferno. Ciò deve avvenire adesso, non si può attendere l'incontro
organizzato dagli Usa a Novembre al quale devono partecipare le diverse
parti del conflitto nell'area, per portare ad una soluzione definitiva nel
rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite.