[NuovoLab] Rifondazione: i piccoli stati etnici devono cresc…

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Autore: Edoardo Magnone
Data:  
To: forumgenova
Oggetto: [NuovoLab] Rifondazione: i piccoli stati etnici devono crescere...

... per inseguire un po’ di consenso(?)


Su "Il Manifesto" del 29 Agosto 2007 a pag. 8 è uscito l'articolo allegato che
riguarda la proposta celodurista di Rifondazione Comunista per introduce il
dialetto in scuole, strade e negli enti pubblici in Friuli.

Recentemente anche l'assessore regionale alla cultura e istruzione, Roberto
Antonaz del Prc, intervenuto a San Daniele del Friuli al convegno sulla lingua
e cultura friulane nel contesto scolastico, ha avuto modo di sottolineare che
dobbiamo difendere la nostra "identità che è fatta di lingua, cultura,
tradizioni".

Non riesco davvero a capire questa Rifondazione che continua ad insegue i temi
cari alla più becera, beghina e "democristiana" Lega...

Forse stanno perdendo di vista il semplice principio politico che se vogliono
davvero riempire un’altra volta la cassa del partito non devono
obbligatoriamente saltellare con una camicia verde gridando "Roma ladrona",
raccogliere ampolle d’acqua, parlare in dialetto negli uffici, mettere i
cartelli stradali bilingue, etc.

Sono tutte cose già proposte da altri e, forse, all’elettorato che fu di
rifondazione farebbe semplicemente piacere un pochino di originalità in piu’...

Comunque sia, per approfondimenti "culturali", consiglio di consultare
direttamente il sito:

http://www.leganord.org/

Invece, per quanto riguarda altre proposte "politiche" di questo genere, si puo'
sempre leggere (con i dovuti distinguo, ovviamente!) i seguenti riferimenti
bibliografici:

http://www.padaniaoffice.org/pdf/mozioni/mozione_cartelli.pdf

http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_15/showXhtml.Asp?idAtto=10437&stile=6&highLight=1&paroleContenute=


Cordialmente,
Edoardo Magnone

PS. Un consiglio spassionato... se state pensando a nuovi slogan per la difesa
della cultura e delle tradizioni del "Volk" vi posso dire che anche "Sangue e
Suolo" è già stato usato! Quindi...fate un po' voi.


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«Obbligatorio l'uso del friulano» Fa discutere la proposta del Prc La Regione
Friuli si appresta a votare una legge che introduce il dialetto in scuole,
strade e negli enti pubblici. Molte proteste: non siamo uno stato etnico.

Francesca Longo
Trieste

Basterebbe un comunicato stampa della presidenza del Consiglio regionale del
Friuli Venezia Giulia per capire come la proposta di applicazione della legge
482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche avanzata
dall'assessore alla cultura Roberto Antonaz, Prc, e appoggiata dal presidente
Riccardo Illy, sia anacronistica.
Certo di fare cosa gradita ai parroci di 500 pievi regionali, il presidente del
consiglio regionale, Alessandro Tesini (Pd), ha inviato tre libri in lingua
friulana («Nuovo testamento», «Storie sacre» e «Passione») accompagnati da una
lettera in «marilenghe» (friulano). Peccato che, almeno nel comunicato, non
comparisse uno dei tanti accenti – circonflessi in primis, indi gravi e acuti -
che caratterizzano la koinè di questa lingua ladina, parlata - soprattutto in
ambito familiare - da 600.000 persone. Sarebbe questione di lana caprina, non
fosse che la prossima settimana la Regione s'appresta a varare una legge che
prevede l'obbligatorietà del friulano nelle scuole, l'uso negli enti pubblici,
nella toponomastica ecc. Sei milioni di euro pubblici verrebbero versati da una
Regione che non ha ancora nemmeno una tastiera di computer idonea alla bisogna e
che al limite può basarsi sulla buona volontà dell'impiegato ad utilizzare la
«mappa caratteri» di Windows col copia e incolla. Figuriamoci cosa potrebbe
succedere quando, mappati tutti i comuni che partecipano, saranno
istituzionalizzati i confini della nuova «nazione».
Un passo indietro: trent'anni fa la componente autonomista del Pci friulano
propose l'obbligatorietà del friulano nelle scuole. Enrico Berlinguer si
rifiutò di tenere il comizio elettorale a Udine, Tullio De Mauro tentò
l'impossibile per riportare la federazione su binari scientificamente
accettabili. Nessuna preclusione per le lingue minoritarie, anzi tutela e
valorizzazione, ma in prospettiva futura. In Friuli il clero, supportato da
autonomisti laici, si batteva per la conservazione, tanto più che un terremoto
(e soprattutto i soldi a pioggia che ne sono derivati) aveva stravolto il
tranquillo assetto di una terra che tranquilla non è mai stata. La lingua
diventò bandiera. Oggi la Lega nord ritiene che dovrebbe essere il veicolo
d'insegnamento di ogni disciplina. La destra difende l'italiano con gli stessi
mezzi usati nel ventennio (quando parlare friulano era vietato - eppure il
friulano è sopravvissuto benissimo anche senza le scuole!). Il
centro(blob)sinistra è spaccato. E lì la polemica è più che accesa. A farsene
portavoce è Alessandro Maran, deputato dei Ds (Pd). «Si sbaglia in
partenza prendendo in considerazione solo i diritti del proprio "popolo",
"nazione", a scapito di quelli individuali. C'è una deriva illiberale nel
momento stesso in cui, come istituzioni, definiamo nei fatti i confini di una
piccola patria", sostiene Maran, che ha proposto almeno un referendum prima che
la legge (che ha atteso otto anni per venir adottata e che la precedente giunta
di centrodestra ben s'è guardata dal prendere in considerazione) venga varata.
«Non vogliono il referendum perché rifiutano la pluralità delle identità in
questa regione di meticci. Sì, siamo meticci e per noi vivere al plurale
dovrebbe essere la nostra ricchezza, la nostra forza. Non si può parlare in
friulano perché te l'impongono. Questo è uno stato di diritto, non etnico». Lo
spettro jugoslavo aleggia sul nordest, troppo consapevole della disgregazione
del vicino per dimenticare. E il buon senso della gente sta intasando di
lettere i giornali locali: il friulano obbligatorio non piace, a scuola vanno
meglio due delle tre «i» di Berlusconi, inglese e informatica, a cui aggiungere
la terza. L'italiano.