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Lucca, sarebbero stati riconosciuti dal giovane vittima dell'agguato: potrebbe essere contestata l'accusa di tentato omicidio
LUCCA. Due nomi. Sono quelli degli aggressori che Emanuele Pardini, il giovane di sinistra di 27 anni massacrato di botte e accoltellato venerdì notte da una decina di estremisti di destra, avrebbe indicato a carabinieri e Digos che indagano sull'aggressione criminale. La vittima, che dovrà essere operata anche al piede destro, è sempre in ospedale e sta decidento se presentare denuncia, ma avrebbe riconosciuto almeno due aggressori. Il referto è di 30 giorni (ha riportato tra l'altro anche la frattura del malleolo) ma è solo la prima, prudenziale indicazione dei medici.
Denuncia o meno, l'inchiesta va comunque avanti d'ufficio e - viste le modalità dell'assalto - gli inquirenti non escludono di inserire nel rapporto che oggi consegneranno al magistrato anche l'ipotesi del tentato omicidio.Se i colpevoli saranno identificati e condannati, insomma, rischiano grosso.
Anche perché pesa la premeditazione che sembrerebbe indicata dal fatto che abbiano seguito in auto la vittima, facendola alla fine finire contro dei mezzi in sosta lungo la carreggiata, in modo da costringere l'obbiettivo a fermarsi e poterlo così pestare e accoltellare.
Oltre alle indicazioni dell'aggredito, carabinieri e Digos hanno in mano anche una cintura perduta da uno squadrista e l'impronta di una scarpa lasciata sul parabrezza della macchina di Pardini da un altro aggressore che era salito sul cofano per sfondare il vetro.
Ma ci sono anche altri indizi (come il particolare tipo di maglione, chiamato DiaboliK, che lascia scoperti soltanto gli occhi e consente a chi li indossa di non farsi riconoscere) e le testimonianze di due persone che, sebbene le auto del commando siano ripartite a fari spenti, sembrerebbero averne riconosciuto i modelli e forse anche qualche numero della targa.
L'agguato criminale ha scosso una città che da tempo è teatro di pestaggi, atti di intimidazione, prevaricazioni, minacce nei confronti di giovani e giovanissimi che frequenanto le scuole, il centro e alcuni locali.
Un clima non più tollerabile per forze politiche e isitituzioni, che sul tema della lotta alla violenza sembrano finalmente tutte d'accordo. Certo, preoccupano anche la microcriminalità e gli atti di teppismo come quelli di un gruppo di nomadi contro i frequentatori del tiro a segno, ma la vera emergenza è la rinascita dello squadrismo.
Oggi sono in programma due incontri in prefettura: uno operativo in materia di ordine pubblico; l'altro esplorativo tra il prefetto e i rappresentanti delle centinaia di genitori e professori che nelle settimane scorse hanno firmato un appello al ministro degli Interni, Amato, perché solecitasse iniziative in grado di prevenire lo teppismo e di ripristinare la cultura della legalità.
Sulla stessa linea si sono mossi l'on. Raffaella Mariani (Ulivo) e il vicepresidente del Senato Milziade Caprili, che hanno fatto proprio l'appello di genitori e insegnanti e sollecitano un'azione decisa perché l'aggressione a Pardini sia punita e, soprattutto, sia l'ultima.
«Sarebbe imperdonabile - dice Mariani - se qualcuno nelle istituzioni ancora minimizzasse.
«I cittadini devono essere liberi di vivere ogni luogo della città senza alcun tipo di rischio e di timore. Se centinaia di genitori e docenti si sono mobilitati, significa che il fenomeno delle violenze ha superato il limite di guardia».