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il manifesto
14 Novembre 2006
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A Sestri Levante gli infortuni vengono registrati come «malattie», così si
risparmia sull'Inail. E intanto cresce la protesta di sindacati e sindaci
contro la privatizzazione
Sara Farolfi
Infortuni trasformati in malattia nello stabilimento Fincantieri di Sestri
Levante. L'ultimo episodio, che ha portato alla mobilitazione ieri in Liguria,
risale a venerdì scorso, quando un lavoratore, precedentemente infortunato, si
è visto recapitare una lettera a firma Inail. Nessun infortunio, secondo
l'Istituto assicurativo, ma malattia, di competenza pertanto dell'Inps. «Dopo
decine di casi simili, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso -
afferma Bruno Manganaro, segreteria Fiom di Genova - E che ha portato venerdì a
una protesta immediata nei reparti di salderia e prefabbricazione, dove
l'episodio si era verificato, e oggi allo sciopero di tutto lo stabilimento».
Il canovaccio dell'operazione, spiegano dal sindacato, è piuttosto semplice. Per
l'azienda è sufficiente spedire una lettera all'Inail in cui si dichiara che
l'infortunio non sussiste. E guadagnare così una consistente riduzione del
premio assicurativo da versare all'Istituto assicurativo. Poi è l'Inail stessa
a informare l'interessato, scaricandone in questo modo i costi all'Inps. Il
lavoratore invece rischia la decurtazione del 50% dello stipendio (dopo alcune
settimane di malattia), oltre a un eventuale licenziamento (per troppe assenze
legate alla malattia), e all'impossibilità di chiedere, nel caso l'infortunio
si riveli pesante, ulteriori visite di controllo, fino al riconoscimento di
invalidità. Quanto basta dunque per fare scatenare una sonora protesta, con
tanto di blocco stradale, all'interno dello stabilimento. Protesta conclusasi
in tarda serata, quando si è saputo della convocazione, per lunedì, da parte
del Prefetto di Genova, dell'azienda e dell'Inail provinciale, oltre che dei
sindacati.
Nello stabilimento Fincantieri di Sestri, denunciano i sindacati, soltanto nel
2005 si sono verificati 150 casi di infortunio. «Un numero consistente -
dichiara ancora Manganaro - se si considera che gli operai sono circa 500». Una
cifra che, per di più, non tiene conto di quanti, negli stessi cantieri,
lavorano con le ditte di appalto. Circa 2 mila persone, a Sestri, molte delle
quali immigrate (e perciò ricattabilissime), contrattualizzate, quando va bene,
con la cosiddetta «paga globale» (il meccanismo per cui, al costo di 8 euro
l'ora, tutti i diritti sono monetizzati, dall'infortunio ai permessi
sindacali). «Insomma - conclude il sindacalista - tante belle navi, ma poi la
qualità del lavoro è questa».
La questione degli appalti, d'altra parte, è ormai un vecchio tarlo della
cantieristica nostrana: basti pensare che per Fincantieri lavorano oltre 9200
occupati diretti, a cui si aggiungono, come addetti delle ditte di appalto,
almeno altri 15 mila lavoratori. Ma l'azienda ora pare avere altro per la
testa. C'è il progetto di privatizzazione e quotazione in Borsa, nelle
intenzioni dell'ad Giuseppe Bono. Un progetto che, secondo i sindacati, rischia
di compromettere seriamente la missione industriale di Fincantieri, «perché la
Borsa - spiega Sandro Bianchi (Fiom) - chiede rendimenti in progressione e a
due cifre, in un settore, come quello della cantieristica, strutturalmente ad
alto rischio e bassa redditività». Un progetto sul quale, oggi, è atteso un
primo pronunciamento del governo (che, attraverso Fintecna, detiene il 99%
delle azioni) di fronte alla Commissione trasporti della Camera. E contro il
quale è partita anche la mobilitazione dei sindaci delle città cantiere, che si
riuniranno in un'assemblea aperta, promossa dal sindaco di Castellammare di
Stabia, venerdì prossimo. I sindacati invece saranno ricevuti dal Presidente
della Camera il prossimo 22 novembre: chiedono che sul progetto di
privatizzazione ci sia una discussione in Aula.