pinke wrote:
>allora, come diceva giustamente non mi ricordo chi,
>sarebbe da definire una policy: e' l'unica sezione rimasta ancora
>tristemente vuota.
>
>
>
bah chi vuoi che sia stato... sempre il noioso barboso tutelativo pinna :PP
>ci sono delle cose di cui abbiamo discusso un po' e poi sono cadute nel
>vuoto, altre che invece penso di poter dire siano ormai condivise da tutti.
>
>
>
Naturalmente sposto tutto sul wiki e pian piano così si può integrare
con i commenti che immagino fioccheranno qui in lista.
>-dare una definizione di cosa intendiamo per autoproduzioni, in modo
>sintetico e definitivo (nei limiti). non metterei cose poetiche e
>generiche, non qui almeno. metterei cose molto concrete che facciamo
>subito intuire i confini della cosa. "questo e' diy questo no"
>
>
>
Uhm "questo è diy per noi", aggiungerei, magari in altri punti del globo
lo si vede in maniera diversa.
Per questo continuerei da questo testo, che compare sia su
autoproduzioni.org che sul wiki:
* DIY significa /Do It Yourself/ ("Fallo da te"). In italiano di
solito si parla di *autoproduzioni*. Per noi e' qualcosa di
strettamente legato all'esperienza dell'autogestione, alla
sperimentazione di modi diversi di affrontare la realta', alla
costruzione in prima persona delle cose e al controllo diretto
degli strumenti con cui le si fanno.
* Il DIY e' un modo di stare al mondo. Significa porre l'accento sul
piacere di autogestire le proprie attivita', al di' la' dei soldi,
della fama, al di' la' di tutto quel sistema di valori che trova
piena realizzazione soltanto in un supermercato. Riscoprire il
significato di creare per il piacere di farlo, o prendere qualcosa
di già fatto e modellarlo, adattarlo, ricostruirlo o distruggerlo
per poi ricrearlo con nuova linfa, ritrovare il contatto manuale
con le cose appena fatte per conoscerne anche l'anima.
* Il DIY non giudica in base ai criteri di vincenti o perdenti, di
tanti o pochi soldi, ma da' peso alle relazioni tra le persone,
allo sbattimento che c'e' dietro anche alle autoproduzioni piu'
modeste, all'attitudine che le anima e che le rende carne e sangue
in un mondo di illusioni e plastica. Il DIY è un approccio diverso
rispetto al paradigma /produci-consuma-crepa/..., un prendere le
distanze dai target pubblicitari, dalle mille lucette e lustrini
che ci sventolano in faccia.
* DIY e P2P: autoproduzioni che nascono libere, e produzioni
commerciali che vengono liberate. I due argomenti per troppo tempo
sono restati confinati in due mondi separati, l'uno legato spesso
a una élite musicale, l'altro a una élite tecnofila. Chi frequenta
assiduamente i circuiti del file-sharing spesso non conosce il
mondo sotterraneo delle autoproduzioni, cosi' come chi passa la
vita a autoprodurre dischi magari ignora tutte le discussioni che
ruotano intorno al P2P (dall'inadeguatezza delle attuali leggi
repressive sul copyright, alla diffusione di modelli alternativi
come le licenze libere, alle rivendicazioni del no-copyright).
Abbiamo cominciato a discuterne e abbiamo concluso che sarebbe
bello che questi due mondi si incontrassero di piu', che
trovassero modi per contaminarsi o anche solo per "unire le forze".
*
DIY non è sinonimo di bassa qualità. Un gruppo non sceglie di far
un cd autoprodotto solo perchè è sfigato e nessuno lo considera,
ma per precisa scelta politica. E' ATTITUDINE, nel far le cose al
meglio delle proprie possibilità. Ed è per questo che spesso si
passa alla coproduzione. Dove non si riesce ad arrivare da soli
c'è il sostegno degli altri, interessati al progetto.
>- licenze e copyright: io sono per mettere delle restrizioni per cui non
>ospitiamo gente che pubblica sotto copyright classico o sotto licenze
>che impediscano la condivisione di cio' che si fa.
>(troviamo un modo per dirlo in italiano?)
>
>
>
Uhm più paletti che restrizioni. Una restrizione ti permette di arrivare
fino ad un certo punto e nn andare oltre.
Un paletto ti permette di fare quello che vuoi a parte quello che scegli.
AHHAHAHAH OGGI SON TENDENTE AL SOFISMO!!!! Magari mi butto in
politica... ecco mi è diventata la lingua nera...
Penso che per poter far questo basta inserire le licenze con cui i
"prodotti" vengono distribuiti:
Copyleft
Creative Commons
Licenza Popolare
No copyright
Scriverei che altre licenze si possono proporre, prima di inserirle
verrebbero messe in discussione naturalmente, secono di principi della
libera diffusione.
>- siae: io sono per non far aprire lo spazio su di noi a chi si fa
>orgogliosamente "tutelare" dalla siae. con orgogliosamente intendo che
>se uno mi dice "ero piccolo, mi ero distratto, ora vorrei smettere" se
>ne puo' parlare. se mi dice "mi serve, per fare musica devi essere
>iscritto alla siae.." per me puo' andare in culo.
>
>
EEEEEHHH esagerata :PPP
Approvo in pieno, aggiungerei anche due spiegazioni sul fatto che per
far musica NON serve essere iscritti alla siae.
>-commerciale: chiaramente dove ci sono distro o etichette girano soldi.
>pochi, pochissimi, ma inevitabilmente girano.
>ora questo e' un argomento spinoso, non foss'altro perche' siamo ospiti
>di autistici che non accetta progetti commerciali.
>secondo me il giro di soldi non equivale necessariamente ad essere
>commercianti. secondo me tutto deve rientrare pero'
>nell'autofinanziamento o nel sostentamento del proprio progetto. se
>iniziamo a parlare di autoreddito si litiga, perche' io ve lo devo di',
>son sempre stata parecchio contraria all'autoreddito.
>
>
Idem, per come la vedo io è giusto guadagnar soldi da una distro, ma
solo se il fine è produrre qualcos'altro.
>chiaramente mi prenderei la briga (ferme restanti le cose che si
>decideranno) di decidere poi caso per caso se ci sono delle situazioni
>controverse.
>via, con calma e gesso veniamo a capo di questi punti
>
>
Quello sempre, altrimenti ci si blocca.
Ah sposto sul wiki domani :p
Uno