[Hackmeeting] da [neurogreen] SCIOPERO!!!

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Szerző: Dame`
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Címzett: hackmeeting
Tárgy: [Hackmeeting] da [neurogreen] SCIOPERO!!!

SCIOPERO!!!

Il centrosinistra è impazzito, festeggiamo così l'anniversario delle
primarie
del 16 ottobre
Il sito http://www.lofficina.org a seguito dell'assurda decisione del
centrosinistra di cui appresso, indice uno sciopero nazionale, senza
scadenza, in segno di protesta contro l'art. 32 del decreto legge n. 262 del
2006, inventato dal centrosinistra.
Per tal motivo tutti gli articoli, link e citazioni riferiti a politici,
sindacati o mondo comunque collegato direttamente alla politica , vengono
oscurati.
Tutti i siti di qualsiasi tipo e livello, che condividano le opinioni di cui
appresso, sono invitati ad inviare l'appello, di cui di seguito a tutti gli
indirizzi conosciuti, cosi' come si invitano i lettori ad inviarlo alle
proprie mailing list.
Dallo scorso 3 ottobre, infatti, in internet non si può più riportare il
testo di un qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur
citando la fonte.
LA SOCIETA' CIVILE E' CHIAMATA A CONTRIBUIRE ALLA DIFESA DEL DIRITTO DI
INFORMAZIONE E DI ESPRESSIONE CONTRO LA SOCIETA' DEI PARTITI SOTTOSCRIVENDO
L'APPELLO di PeaceLink
http://www.peacelink.it/rassegnestampa
No ad una nuova "tassa sul macinato" per le rassegne stampa*.
Riceviamo e volentieri DIFFONDIAMO
GIU' LE MANI DAL COPYLEFT

Dallo scorso 3 ottobre in internet non si può più riportare il testo di un
qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur citando la
fonte.
Lo dice l'art. 32 del decreto legge n. 262.
Per poterlo fare occorre pagare un compenso all'editore. E se non lo si fa
le
sanzioni sono salatissime.
Fino al giorno prima del decreto il copyleft era ammesso sul web con la sola
restrizione di citare rigorosamente la fonte editoriale e l'autore del
pezzo.
Così vengono imbavagliati migliaia di siti, di blog e di forum.
La libertà non si può fermare. L'informazione su internet deve rimanere
libera.
Chiediamo al Governo che ritiri questo decreto legge. Chiediamo al
Parlamento
che lo cancelli.
Il diritto all'informazione non si tocca!
Aderisci alla campagna

*No ad una nuova "tassa sul macinato" per le rassegne stampa*.

*****

Peacelink - 9 ottobre 2006
Un gruppo missionario che raccoglie sul web articoli sulla guerra in Darfur.
Un comitato di quartiere che vuole documentare uno scempio ambientale
archiviando articoli della stampa locale. Un'associazione di persone colpite
da una malattia rara che vuole mettere a disposizione di tutti una rassegna
stampa sui progressi scientifici del settore. Un'associazione pacifista che
vuole denunciare, con prove giornalistiche alla mano, crimini di guerra e
violazioni dei diritti umani.
A partire da domani tutti questi soggetti potrebbero essere costretti a
pagare una "tassa sul macinato" alle associazioni degli editori per
continuare a svolgere le loro attivita'. La sorpresa arriva proprio dalla
finanziaria dipinta come uno strumento di tutela dei "soggetti deboli", e
che
in realta' e' servita anche a tutelare le lobby dell'editoria modificando
per
l'ennesima volta le norme diritto d'autore in senso peggiorativo, limitando
il diritto dei cittadini alla realizzazione di rassegne stampa, e
penalizzando le forme di uso libero e gratuito dell'informazione
giornalistica a fini culturali.
Il centrosinistra sembra avere particolarmente a cuore questa normativa, dal
momento che gia' nel 2000 la legge 248 ha ritoccato il diritto d'autore e
stabilito la galera per chi copia software ottenendo un generico "profitto",
quindi anche per chi fa una copia personale risparmiando per il mancato
acquisto. Fino ad allora le manette scattavano solamente per un conclamato
fine di lucro, se la copia era fatta per guadagnare soldi a danno degli
aventi diritto.
Non e' facile trovare la disposizione che introduce il pizzo degli editori
sulle rassegne stampa: per scovarla non basta leggere l'intero testo della
finanziaria, ma va esaminato l'articolo 32 del capo IX del decreto legge 262
del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato gia' in vigore il
3
ottobre scorso. Chi riesce ad arrivare alla fine di questo labirinto
giuridico scopre che il decreto modifica la legge sul diritto d'autore
all'articolo 65, stabilendo che "i soggetti che realizzano, con qualsiasi
mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali,
devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti
articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di
riscossione
sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo
precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla
cooresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche".
In sintesi: se vuoi fare una rassegna stampa online o cartacea, devi pagare.
Anche se la tua attivita' e' senza fini di lucro, umanitaria o
caratterizzata
da una valenza culturale o sociale, devi versare comunque dei soldi. Soldi
che per giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai
giornalisti che hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la
cessione dei loro diritti d'autore alle testate per cui lavorano.
Per capire la violenza di questo giro di vite in tutta la sua portata basta
leggere la precedente formulazione dell'articolo 65, che condizionava le
rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità
di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei
giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli
altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti
o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi,
se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata,
purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome
dell'autore, se riportato".
Questa vecchia formulazione secondo alcuni dava troppa liberta' ai cittadini
senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino
sulle attivita' non-profit. Ma i tre grandi colossi editoriali italiani che
applaudono alla nuova legge (Rcs, Mondadori/Fininvest e il gruppo
Caracciolo/L'Espresso) ignorano che la citazione di un articolo su un blog o
un sito web e' in realta' una pubblicita' gratuita per chi lo ha stampato, e
che i cittadini sostengono gia' di tasca propria le imprese editoriali con i
finanziamenti a pioggia della legge sull'editoria che premiano gli editori e
gli stampatori di riviste associati a improbabili partiti e movimenti creati
ad arte per scucire quattrini, come ha documentato un'ottima inchiesta di
"Report" .
Da piu' di dieci anni l'attività del sito www.peacelink.it ruota attorno
alla
possibilità di pubblicare articoli (oggi quasi 18mila), alcuni originali,
altri tradotti da volontari, molti ripresi da varie fonti autorevoli, sempre
e comunque menzionate e riportate per esteso. Testi che, sul nostro sito,
hanno acquistato un valore aggiunto proprio perche' organizzati,
tematizzati,
catalogati e collegati tra loro grazie al lavoro di un gruppo costituito
totalmente da volontari, dal presidente in giu'. Molto di questo materiale
e'
scomparso dai siti web delle testate che lo hanno pubblicato, e questo
aggiunge al nostro lavoro di bibliotecari anche un importante ruolo di
memoria storica delle lotte italiane e internazionali per la pace e il
rispetto dei diritti umani.
Che cosa accadra' al nostro lavoro gratuito e volontario moltiplicando le
nostre migliaia di articoli per il pizzo che gli editori si apprestano a
riscuotere senza alcun beneficio per i giornalisti? Quali saranno i costi da
sostenere per un sito come il nostro? Quale sara' in futuro il clima e il
tenore democratico di un paese in cui le realta' di informazione alternativa
saranno costrette a convivere con la spada di damocle di una possibile
denuncia se vorranno esercitare il diritto di citare, analizzare, catalogare
o contestare articoli di fonti esterne senza dover pagare una tassa
ingiusta?
Quale sara' il destino di tutte le iniziative che cercano di affrontare la
complessita' e la ridondanza dell'informazione attraverso un paziente lavoro
di tematizzazione, catalogazione e raccolta del meglio che l'informazione
tradizionale e' in grado di produrre? In che modo una tassa sull'esposizione
di materiale pubblico incidera' sul diritto a "cercare, ricevere e
diffondere
informazioni, attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere" stabilito
a
chiare lettere dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo?
Le risposte a tutte queste domande dovranno arrivare da un governo che si
dichiara pubblicamente "amico dei deboli" e di nascosto produce cavilli
giuridici a favore degli editori, il governo amico del volontariato che
vuole
estorcere soldi perfino alle associazioni non-profit, il governo amico della
cultura che mette freni alla libera circolazione dei saperi, il governo
vicino ai cittadini che in realta' vuol premiare aziende gia' ben foraggiate
e avvinghiate a due mani alle generose mammelle dello stato.
Di fronte a tutto questo, al di la' di ogni schieramento politico e
ideologico, diciamo che il buon senso, la civilta' e l'amore per la cultura
e
la diffusione dei saperi che dovrebbero muovere ogni essere umano, a
cominciare dai politici, ci impediscono di tacere e ci obbligano ad una
netta
presa di posizione.
Per questa ragione un gruppo di volontari dell'associazione PeaceLink ha
realizzato un appello (pubblicato all'indirizzo:
http://www.peacelink.it/rassegnestampa ) per dare alle persone di buona
volonta' la possibilita' di conoscere quanto sta accadendo e prendere
posizione in merito decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto
o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.
In questo appello si chiede al governo di fare un passo indietro rispetto a
questo frettoloso decreto legge. Ripristinare il diritto alla rassegna
stampa
tax-free, e' solo il primo, doveroso passaggio per ridiscutere in seguito
tutte le questioni che attengono la revisione della legge sul copyright, e
le
tematiche connesse, durante il prossimo Forum sulla Internet Governance .
La cultura e' una cosa seria, non lasciamola in mano ai contabili dei gruppi
editoriali.