Auteur: ugo Date: À: Aderenti retecontrog8, forum sociale di genova Sujet: [NuovoLab] LA GUERRA E LA POLITICA
Un articolo di LIDIA MENAPACE da "Carta N°26"
la Palestina, presa in una morsa orrenda. Almeno si potrebbe partire dal
ristabilimento delle parole: un militare catturato in uno scontro, anche
con una eventuale guerriglia, non è «rapito», ma fatto prigioniero e per
lui si tratta [trattavano i Nazi con noi «banditi» lo scambio dei prigionieri];
quasi si occulta che la domanda iniziale di Hamas era di liberare in cambio
donne e bambini prigionieri nelle carceri israeliane, la cosa è documentata
e terribile, ma non c'è risposta.
Il movimento sembra avere perso la sua autonomia. Intanto i movimenti di
destra si sono riorganizzati e infuriano a Milano, a Catania, ecc. Noi sembriamo
sdraiati sulle manifestazioni di tre anni fa, ma non ci rendiamo conto che
intanto la destra si è riorganizzata culturalmente e ha ripreso un buon radicamento,
non maggioritario - come si è visto dal referendum - però non più marginale
e residuale come appariva alcuni anni fa. Su questo la faccenda delle Frecce
tricolori, che era sempre stata risibile, è diventata una cartina di tornasole
delle nuove forme della destra nazionalistica che hanno molta eco nella popolazione.
Sono convinta che qui è un terreno decisivo e che bisogna stabilire una presa
molto forte, decisa, estrema, radicale. Per poter ricostruire una lettura
di sinistra aggiornata sul reale. Le persone non si accontentano di slogan,
si è visto dal referendum che l'elettorato è sofisticato, sottile e lungimirante:
ogni volta che esco per una qualsia-si iniziativa, chi partecipa domanda
sempre di non rallentare o arrestare o far cadere il governo e giudica molto
le decisioni in ordine a questa priorità.
Ma le decisioni e scadenze politiche istituzionali sono molto complesse e
difficili, dato che sappiamo di essere in una situazione di minoranza fla
sinistra nell'Unione] e abbiamo fatto la scelta di portareavanti l'esperimento
del governo di centrosinistra. Sono ancora e sempre più convinta che il rischio
di regime non sia sfumato ancora, cheun cambio di alleanze potrebbe verificarsi
e che i cosiddetti poteri forti non dormono. Avverto una insufficienza di
progetto: resta vero che si può governare col 50 per cento del parlamento
se si ha il 60 per cento del paese: dal referendum si direbbe che quel 60
per cento è possi-bile, ma non è consolidato, e manca proprio il collegamento
politico tra quel possibile 60 per cento e le decisioni del governo, sicché
non vi è connessione né continuità né razionalità politica, bensì effetti
occasionali su cui non si può contare a lungo.
Se non ristabiliamo al più presto relazioni tra elaborazione culturale innovativa
e radicale della cultura di movimento e un'altra più lenta, e graduale, ma
non divaricata, costretta nelle compatibilita delle istituzioni, a mio parere
non ne veniamo fuori ed è un'amara soddisfazione quella di rivolgerci reciprocamente
accuse di tradimento o di strumentalità.
Appena avremo davanti tutte le carte, il decreto del governo, l'ordine del
giorno dei parlamentari pacifisti, le prove della tenuta della maggioranza
nelle due camere, sarà possibile prendere le decisioni finali: l'avere scavalcato
queste procedure col rischio di far saltare sia il metodo del consenso sia
il mantenimento della coalizione è - a mio parere - grave, anche perché non
sfugge al sospetto di nascere per l'appunto dai difetti, dalle mancanze e
dalle approssimazioni. E' vero che finora i tempi sono stati insieme sprecati
e convulsi, e che organizzare il lavoro politico in modo più razionale non
è l'ultimo dei problemi: se i presidenti delle camere [almeno Bertinotti,
a quanto si dice] a ciò stanno pure dedicandosi, che facciano più presto
che possono, perché le condizioni del lavoro politico, pure in mezzo alla
dovizia di mezzi, non sono affatto buone.