R: Re: [Forumlucca] NOT IN MY NAME (non a mio nome)

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Szerző: massimiliano.piacentini@tin.it
Dátum:  
Címzett: grazia.fabio, forumlucca
Tárgy: R: Re: [Forumlucca] NOT IN MY NAME (non a mio nome)
Sottoscrivo.
"Senza se e senza ma", deve valere sempre.

m.

----
Messaggio originale----
Da: grazia.fabio@???
Data: 8-lug-2006 10.34
AM
A: <massimiliano.piacentini@???>, <forumlucca@???>
Ogg:
Re: [Forumlucca] NOT IN MY NAME (non a mio nome)

Ho inviato volentieri
il messaggio a Raffaella Mariani e Milziade Caprili
ma vorrei sperare
che il non voto del rifinanziamento della missione in
Afghanistan
almeno da parte delle forze politiche della sinistra vada ben oltre le
dichiarazioni fin
qui emerse........
L'opposizione alla logica della
guerra infinita non può essere trattabile e
negoziabile
a seconda
delle diverse situazioni politiche e parlamentari!!!

Fabio Lucchesi



----- Original Message -----
From: <massimiliano.piacentini@???>
To: <forumlucca@???>
Sent: Friday, July 07, 2006 10:41 PM
Subject: [Forumlucca] NOT IN MY NAME (non a mio nome)


Forse è il caso
di ricominciare a farci sentire.
E' necessario far
sapere ai nostri
parlamentari, in particolare a quelli eletti nella
provincia di Lucca,
che siamo contrari a tutte le guerre, compresa
quella in Afghanistan, e
per questo chiediamo loro di votare contro il
rifinanziamento della
missione.

Raffaella Mariani: MARIANI_R@camera.
it -
info@???

Milziade Caprili: caprili_m@posta.
senato.it
- milziade.caprili@???

saluti, massimiliano

IL
GIOCO
DELLE TRE CARTE

GINO STRADA spiega cosa ci stiamo a fare in
Afghanistan e perché dobbiamo andarcene

Tra le anime belle della
politica nostrana, c’è chi si infastidisce se gli si fa notare che
stanno per decidere di continuare “la guerra” in Afghanistan.
Preferiscono, per il pubblico, chiamarla in altri modi, mascherarla.
Mimetizzarla con gli “impegni internazionali” e “le alleanze”, perche’
i cittadini non capiscano che di guerra e non altro si tratta.
Qui
qualcuno non dice la verita’. Che siano proprio i nostri
politici?

Enduring Freedom, missione di guerra. La
risposta e’ nel sito del
Ministero della Difesa (www.difesa.it). Nel
capitolo sulle “operazioni
militari in atto” (al 25 giugno 2006) si
spiega che l’Italia partecipa
alla Operazione Enduring Freedom. “Il
Comando dell'operazione è
affidato al Comando Centrale americano
(USCENTCOM) situato a Tampa
(Florida, USA)... L'operazione militare è
parte della guerra globale
che impegna la grande coalizione nella lotta
contro il terrorismo,
denominata Global War Against Terrorism (GWAT)”.
Questo e’ parlare
chiaro. Una guerra locale come parte di una guerra
globale. E noi in
mezzo, agli ordini.
“E in atto – cosi’ il Ministero
della Difesa spiega
la situazione attuale in Afghanistan e i compiti
delle nostre forze -
la terza fase, che prevede l'impiego di unità di
terra... Circa le
attività volte a neutralizzare le sacche di
terrorismo ancora presenti,
le possibili basi logistiche ed i centri di
reclutamento, la fase, dopo
un periodo iniziale di intensi
combattimenti, sta evolvendo in
operazioni di interdizione di area per
la completa bonifica del
territorio. Sono operazioni condotte mediante
pattugliamenti, posti di
blocco ed eliminazione delle residue presenze
di Al Qaida, sulla base
dell'attività di "intelligence".
In altre
parole, i comandi USA,
basandosi sui racconti delle loro spie, indicano
di volta in volta chi
ammazzare, mandando truppe, o qualche aereo a
bombardare. E fare a
pezzi esseri umani si chiama ora – nel sito
ufficiale del Ministero
della Difesa italiano – “bonifica del
territorio”. Nessun commento.
All'operazione, come ci informa lo stesso
sito, “contribuiscono 70
Paesi dei quali 27, tra cui l'Italia, hanno
offerto "pacchetti di
forze" da impiegare, per la condotta
dell'operazione militare vera e
propria”.
Inequivocabile.
E allora
come mai i politici dell’attuale
maggioranza continuano a intorbidire
le acque? Hanno forse paura di
essere considerati “guerrafondai”?
Scelgono la guerra ma conviene loro
farsi credere pacifisti (i guerra
fondai dichiarati stanno, questa
volta, perlopiu’ all’opposizione).
“Ritirarci dall’Afghanistan
significherebbe uscire dalla UE e dalla
Nato”
si proclama con toni
solenni, come se fosse l’orlo del baratro.
E’ in effetti l’ultima delle
scuse. E’ possibile che il “ripudiare la
guerra” (quella in
Afghanistan, ad esempio) comporti problemi con quei
Governi europei e d’
oltreoceano che producono una guerra dopo l’altra.
E anche con le loro
alleanze militari. E allora?
La nostra Costituzione
e il suo Articolo
11 vengono prima o dopo le “alleanze internazionali”
o “gli impegni
NATO”?
Si puo’ fare una guerra perche’ e’ “un impegno
preso”?
Il mondo
della politica – apparentemente compatto – risponde
“si’”.
Si puo’ fare
la guerra (se si riesce poi a farla passare come un’
opera di carita’,
e’ ancora meglio!) se si e’ con la Nato, o con gli
USA, o con l’ONU, se
la guerra e’ legittima, se e’ per la democrazia,
se e’ umanitaria. “La
guerra per far finire tutte le guerre” come
sentenzio’ il Presidente
Wilson cercando (con risultati mediocri) di
convincere gli americani ad
entrare nella Prima Guerra mondiale.
Le
“ragioni” per una guerra, per
qualsiasi guerra, non sono mai mancate.
Vere o fittizie, dichiarate o
meno, se c’e’ una guerra ce ne sara’ pure
una ragione. E poi ci sono le
varie forme di propaganda di guerra.
Sono
convinto che in questi anni
moltissimi cittadini, italiani e non solo,
abbiano compiuto un grande
percorso di riflessione sui temi della
guerra e della pace, dei diritti
umani, della violenza. Alcune idee si
sono fatte largo e sono finite
dentro la coscienza di molti, nella loro
etica, nel modo di concepire i
rapporti tra esseri umani. Una di queste
idee e’ che non esista piu’
giustificazione alcuna per la guerra. Ne’
etica, ne’ storica, ne’
politica.
Per quel movimento di coscienze,
nessuna guerra sara’ “mai
piu’” accettabile ne’ negoziabile. Perche’
sarebbe un’altra perdita di
pezzi di umanita’, sacrificata alle misere
alchimie della politica.
Se
la scelta “contro la guerra” dovesse
davvero obbligare l’Italia a
uscire dalla NATO, perche’ la NATO intende
continuare la guerra in
Afghanistan, non mi sembrerebbe una grande
tragedia.
Lo sarebbe di
certo per buona parte dei politici, ma non per
i cittadini italiani.
Anzi. Scommetto che, dovesse l’Italia uscire
dalla NATO, ci sarebbe in
Italia una festa di popolo di milioni di
persone, a prescindere dalle
direttive e dagli anatemi dei politici.

ISAF: l'altra faccia di
Enduring Freedom. Se su Enduring Freedom non
viene detta la verità,
tantomeno ciò accade per la missione "di pace"
ISAF.
Quando, verso la
fine del 2001, l’ONU autorizza per 6 mesi una
forza di sicurezza
internazionale (ISAF) in Afghanistan, al governo
italiano non par vero:
finalmente si puo’ essere in Afghanistan sotto
l’ “ombrello” dell’ONU,
senza dovere rendere conto a nessuno. O quasi.
Perche’ in realta’ la
missione ISAF e’ solo una manovra, un “gioco
delle tre carte”.
Alla
riunione che il 20 dicembre 2001 approva la
Risoluzione 1386, i membri
del Consiglio di Sicurezza si trovano sul
tavolo una lettera in cui gli
inglesi si propongono di assumere il
comando dell’ ISAF. Ma a comandare
e’ sempre il Padrone, e’ chiaro.
Perfino esplicito. Nella stessa
lettera, resa nota dal Dipartimento di
Stato USA, viene precisato che:
“Per cio’ che riguarda i rapporti tra
le forze dell’ ISAF e altre forze
operanti in Afghanistan in Enduring
Freedom… per ragioni di efficienza,
il Comando Centrale degli Stati
Uniti avra’ autorita’ sulle forze
ISAF”. Tu sei il comandante, ma io ti
comando.
Un trucco sopraffino: l’
ONU mette in piedi, su richiesta USA,
una forza ONU per l’Afghanistan;
gli inglesi, che partecipano a
qualsiasi guerra made in USA e che sono
pertanto in Enduring Freedom,
si offrono di guidarla (e come rifiutare
tanta generosita’?); le truppe
dell’ISAF (quelle dell’ONU) guidate da
un inglese, prendono poi ordini
dai militari USA, mandati li’ non dall’
ONU, bensi’ dal Pentagono.
Aderiamo, secondo i desideri del Padrone,
anche alla missione ISAF.
Figurarsi, manna dal cielo! Avevamo gia’
deciso di entrare, in modo
ancora piu’ illegale, con Enduring Freedom.
Adesso arriva l’ombrello
dell’ONU a giustificarci.
Nell’agosto del
2003, la missione ISAF entra
nella terza fase (anche lei, come Endruing
Freedom: ma guarda un po’
che coincidenza) e passa sotto il comando
della NATO. Con i compiti che
ben sappiamo, ce li hanno gia’ assegnati:
combattere gli insurgents,
quelli che si ribellano in qualsiasi modo e
a qualsiasi titolo alla pax
americana, e portare avanti la “guerra al
terrorismo”, il lavoro di
Enduring Freedom.
Poco importa, siamo
comunque felici dello “scudo”
rappresentato dalla NATO: per sentirci
piu’ tranquilli, in regola,
quando si dovra’ sparare parecchio.
Il
momento sembra arrivato. Il
“lavoro” che attende le truppe NATO, e che
ci attende, non sembra
facile neppure agli USA, se il Washington Post
scrive: “Ne deriverà una
battaglia per il controllo del sud, cruciale
per l’Afghanistan e per la
Nato”.
Con l’avvicinarsi della battaglia
cruciale - un’altra “madre di
tutte le battaglie” ? – non e’ casuale
che le truppe NATO, ex ISAF, ex
Enduring Freedom si ritrovino, cinque
anni dopo, un comandante di nuovo
inglese, che sara’ poi sostituito,
verso la fine dell’anno, da un
comandante USA. Eh si’, quando il gioco
si fa duro...
Cosi’ anche ai
“nostri ragazzi”, sotto il comando dei
militaristi piu’ convinti,
spettera’ il compito di estendere “il
controllo del governo Karzai” e
di “rimpiazzare” gli USA nelle
operazioni di contro- insurrezione.
“Restate, chiedete rinforzi” ci sta
domandando ora il Padrone, e ci
assicura che stavolta saremo anche noi
“in prima linea“ perche’ le sue
truppe intendono passarci il testimone.
Anche noi adesso abbiamo l’
occasione per sederci al tavolo dei grandi,
“chi non spara non e’ di
serie A” come dice Luttwack.
Enduring Freedom,
ISAF, NATO: perde,
sbaglia, la carta bianca vince! Proprio come nel
mezzanino del metro’.
Poi i politici possono sguazzare tra articoli e
codicilli alla caccia
di qualcosa che giustifichi scelte gia’ decise, e
i cittadini capiscono
sempre meno.

Fuori l’Italia dalla guerra, senza
‘se’ e senza ‘ma’
Dira’ si’ o no a “finire il lavoro” lasciato
incompiuto (per la verita’
un fallimento totale anche sul piano
militare) dall’ Alleato-Padrone?
Siamo alla vigilia di “grandi
offensive”, dicono i comandi USA, e non
si puo’ dubitarne.
Il Governo
sta per decidere – con il
rifinanziamento della missione militare in
Afghanistan - se mandare
militari italiani a combattere, per conto
degli USA e sotto il loro
comando, i “nemici” che le forze USA, di
volta in volta, additeranno
come soggetti da eliminare. E se mandarli a
combattere per proteggere
“gli amici”. Criminali quanto i nemici ma
servili quanto noi, e quindi
dalla parte “giusta”.
Non e’ strano che il
Governo sia in difficolta’.
Molti tra loro vorrebbero, col senno di
poi, non essersi mai infilati
anche nel “pantano” Afghanistan. Ma
cinque anni fa la maggior parte di
loro ha votato di tuffarcisi dentro
entusiasticamente, approvando una
Risoluzione (7 novembre 2001) che
restera’ nella storia della
Repubblica come esempio di stravolgimento,
in una sola pagina, della
Costituzione Italiana, dello Statuto dell’ONU
e delle risoluzioni del
suo Consiglio di Sicurezza.
Della situazione
difficile in cui ci
troviamo in Afghanistan, e da cui non e’ facile
uscire, molti politici
dell’attuale maggioranza sono corresponsabili.
Da qui nasce la prima
difficolta’.
L’altra difficoltà, per i governanti
di oggi, e’ tutta
interna. Tra pochi giorni devono andare in Parlamento
e votare un
documento importante.
Non tanto per il suo contenuto. Per
molti
parlamentari dell’attuale maggioranza, quello che si decidera’ e’
in un
certo senso secondario. La cosa piu’ importante, quando non la
sola
importante, e’ che il documento del Governo, quale che sia, venga
approvato.
Non si puo’ rischiare di “andare sotto e far cadere il
Governo” e’ voce di popolo. Non si puo’ rischiare.
Quindi bisogna
incominciare a fare rinunce, cercare compromessi, delineare una exit-
strategy, o un modo per toglierci dai guai, per essere piu’ chiari.
Sembra un vicolo cieco. Perche’ il vero problema su cui la politica sta
annaspando e’ la necessita’ di inventare un trucco. Una formula per
poter tenere i militari a fare il lavoro per il Padrone, dando allo
stesso tempo un carota a quella parte della maggioranza che sa –
dovesse votare per il rifinanziamento – di trovarsi in linea di
collisione con i propri elettori.
Ma se “la Patria vuole sacrifici”,
che cosa non si farebbe per fare stare in piedi un Governo, specie
quando la sua “stabilita’” e’ considerata l’obbiettivo primario da
raggiungere?
Cosi’ in quell’area politica normalmente associata (o
forse non piu’, potremo capirlo meglio dopo il voto) al “pacifismo”
tira aria pesante di suicidio.
Non e’ principalmente un problema di
uomini di partito, ma di cittadini, di elettori, di coscienze.
Se i
partiti di quell’area votassero per la guerra, ne pagherebbero un
prezzo politico e di consenso devastante. Un prezzo ancora maggiore
finirebbero col pagare se cercassero di truccare le carte, di fare
passare inosservata o cammuffata la scelta della guerra.
“No alla
guerra, senza se e senza ma” e’ espressione certamente efficace. Oggi
si puo’ darle concretezza.
Essere contro la guerra – prima ancora che
un obbligo costituzionale - mi pare il discrimine tra civilta’ e
incivilta’, tra le cose umane, per brutte che siano, e quelle dis-
umane. Rifiutarsi di avere qualsiasi ruolo nel produrre violenza e
omicidi di massa, pulizie etniche e genocidi, stupri e torture, mi
sembra insieme un valore primario di specie e una garanzia di
sopravvivenza, da custodire entrambi gelosamente.
Non si tratta di un
valore di “destra” ne’ di “sinistra”.
Ma possono la coscienza e l’
intelligenza rifiutare l’orrore della guerra a giorni alterni? Una
guerra si e una no, questa guerra e’ diversa, in quest’altra il nostro
ruolo e’ diverso, qui siamo forze ONU e la’ forze NATO, gli impegni
internazionali, le alleanze, questa guerra e’ giusta...
Basta alle
nostre coscienze sapere che i soldati italiani hanno il bollino ONU,
per rendere “accettabile” la partecipazione alla guerra in
Afghanistan?
Negli ultimi anni e’ maturato un importante movimento di
persone che
non vuole piu’ saperne della guerra ne’ della “logica della
guerra”,
della logica del togliere agli altri quello che hanno, o
quello che
potrebbero avere, fino a togliere loro anche la vita. Questo
movimento
rifiuta di aggredire economicamente, militarmente e
moralmente, di
sfruttare altri esseri umani.
In questo movimento sono
state rifiutate
tutte le “ragioni per la guerra”, le sue
giustificazioni. Per questo
credo che un voto per la guerra sarebbe un
macigno per quella area
politica che ha piu’ volte dichiarato sintonie
col movimento per la
pace.
Rifiutate la guerra “umanitaria” del
centrosinistra e quella “per
la civilta’” del centrodestra, rifiutata
la guerra bipartisan “al
terrorismo”, puo’ il movimento accettarla oggi
“perche’ non cada il
governo italiano”?
Nel nuovo modo di pensare di
milioni di persone, la
“questione guerra” e’ stata “risolta”, da tempo
e per sempre. Perche’
cio’ che ogni guerra produce e’ talmente
ripugnante che nessun fine,
neppure il piu’ nobile, potra’ mai
“giustificarla”. Ci potranno essere
guerre legali o perfino legittime –
le leggi cambiano - ma non ci
saranno mai guerre giuste. Per questo,
nessuna guerra e’ negoziabile.
Dopo cinque anni di evidente fallimento
del nostro intervento in
Afghanistan – con il risultato paradossale che
i supposti militari “in
missione di pace” sono visti con sempre maggior
insofferenza - il mondo
della politica dovrebbe – se non altro per buon
senso - provare un
approccio diverso..
Vuole il Governo, per qualsiasi
ragione, scegliere
di stare ancora li’, a fare servilmente la guerra
per conto terzi?
Vogliono vedere “altro sangue italiano in Afghanistan”
(e forse non
solo) come poi titolerebbero le prime pagine dei nostri
quotidiani, per
“estendere il controllo del governo Karzai”?
Sta a loro
decidere. Penso
solo sia mio dovere, come cittadino che fa parte del
popolo di
Emergency e del movimento per la pace, riaffermare che chi
scegliera’
la guerra lo fara’ not in my name, non a nome mio.








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