lavoro repubblica
G8, l´odissea del passante
Tornava dal lavoro: picchiato, arrestato e incarcerato
Al momento del rilascio l´ultima sorpresa: scomparso il kit da mare
MASSIMO CALANDRI
IL GEOMETRA Alessandro C., 35 anni, genovese, fu il primo a varcare la soglia del «centro di temporanea detenzione» di Bolzaneto. Lo fermarono alle 16 del 20 luglio 2001. Carlo Giuliani sarebbe stato ucciso un´ora e mezza più tardi in piazza Alimonda. Carabinieri e polizia avevano già cominciato a caricare i contestatori che marciavano da corso Europa. Ma al geometra Alessandro C. non importava molto delle manifestazioni di protesta. Tantomeno del G8. Quel venerdì era andato a lavorare come tanti altri giorni. Durante la pausa pranzo aveva preso il sole in uno stabilimento balneare di corso Italia. Per quale motivo alle quattro del pomeriggio il geometra fu arrestato e condotto in caserma? «Avevo lasciato l´ufficio e stavo tornando a casa. Ho preso corso Torino, come sempre. Non sapevo niente dei disordini, sulle spalle avevo il mio zainetto. Con il telo da mare, l´olio abbronzante, le ciabattine e gli occhiali da sole. Ad un certo punto un carabiniere mi ferma: "E tu, dove c.. stai andando?". E´ cominciata così, giuro». In giacca e cravatta, toni pacati e quasi un filo d´imbarazzo nel ricordare una storia assurda - ma poi nemmeno troppo, vista la schizofrenia di molti appartenenti alle forze dell´ordine durante il G8 - , Alessandro C. testimonia nel processo per i soprusi e le violenze nella caserma di Bolzaneto. Nel loro atto d´accusa, i pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati scrivono: «Immatricolato alle ore 2.50 della notte successiva, tradotto all´istituto penitenziario alle ore 6.20 circa. Arrivato a Bolzaneto, un poliziotto lo afferra mettendogli una mano sui genitali e una sulla testa. Viene quindi condotto nella cella numero 4 subendo percosse al passaggio nel corridoio, lungo il quale viene costretto a tenere la testa bassa, senza poter quindi vedere nessuno in volto.(...)Viene fatto uscire una terza volta dalla cella per essere condotto in infermeria e nell´attesa dell´ingresso viene costretto a cantare "Viva il Duce", sempre a faccia contro il muro. Passa prima nell´ufficio trattazione atti sulla destra del corridoio dove gli viene letto il verbale di arresto: alle sue rimostrante su alcuni passaggi del verbale gli viene intimato con minaccia da poliziotto di firmare.(...)». Ieri il geometra ha confermato: «Ah, ho fatto tutto quello che mi dicevano: ho tenuto la testa bassa, le mani alzate, ho urlato "Viva il Duce". Tutto quello che volevano loro. E infatti non mi hanno picchiato più di tanto. Però si sono tenuti il telo da mare, gli occhiali, le ciabattine. E pure l´olio abbronzante».
Nel corso dell´udienza ci sono state altre testimonianze significative di no-global trascinati nella caserma di Bolzaneto. Quella di Andrea B., 28 anni, di Cuneo, che ha ricordato: «Appena sceso dal cellulare, un agente donna mi ha piantato le unghie nel collo, lamentandosi di non averle abbastanza lunghe per farmi male. Mentre ero in cella con altri ragazzi, un agente ci obbligò a gridare "Viva il Duce". Nessuno di noi ha avuto il coraggio di rifiutare». E Matteo B., romano, 26 anni, figlio di un ispettore della Dia, finito tra le grinfie dei colleghi del padre: «In cella entrò un uomo rasato, non altissimo, con accento emiliano: forse un comandante, perché gli altri agenti lo trattavano con molto rispetto. Cominciò a picchiarci tutti a pugni e calci. Commentava: "Zecche di m..., è finita la pacchia"».
Stamani e giovedì sono in programma le udienze di un altro processo del G8, quello per il sanguinario assalto della polizia alla scuola Diaz.
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